Shirley, il ritorno in scena di Regina King è anche una forte dichiarazione politica di Netflix

A tre anni dalla tragedia personale che l'aveva allontanata dal cinema, l'attrice interpreta Chisholm, la prima donna nera eletta al Congresso e candidata alle primarie presidenziali del 1972. Un monito in vista delle elezioni statunitensi imminenti

Nel 1972 negli Stati Uniti ci sono ragazzi considerati adulti abbastanza per combattere e morire in Vietnam ma che ancora non hanno mai avuto diritto al voto: l’anno elettorale in cui Shirley Chisholm si presenta alle primarie del partito democratico è anche il primo in cui milioni di studenti e studentesse partecipano alle presidenziali.

Non è casuale, quindi, l’uscita di Shirley – In corsa per la Casa Bianca su Netflix, lo scorso 22 marzo. Il biopic che la protagonista e produttrice Regina King desiderava realizzare da almeno un decennio, arriva adesso per almeno due motivi.

Il primo, personale, è dovuto al ritardo che ha allontanato King dalle scene per tre anni a causa della tragica morte del figlio, a cui il film è dedicato. Il secondo è proprio la vicinanza alle primarie del 2024 che porteranno, probabilmente, a un nuovo scontro presidenziale fra Joe Biden e Donald Trump. Come chiarito anche nel film di John Ridley, sono le generazioni più giovani, più disilluse e più arrabbiate a dover riscoprire il potere del loro unico voto. È a loro che Shirley si rivolge.

Per tutte le Barbara Lee del mondo

Shirley – In corsa per la Casa Bianca non è un biopic avvincente, è un biopic politico. Non vuole entusiasmare né fomentare le folle, soltanto raccontare perché una storia di cinquantadue anni fa dovrebbe riguardare il presente. E riguarda il presente.

Non ha scene madri, non ha momenti di particolare tensione, nemmeno quando racconta l’attentato alla vita di Chisholm o le tensioni con il primo marito, a disagio nel ruolo di “uomo-ombra” accanto a una donna così potente e influente.

Molti sono i temi lasciati al margine dell’inquadratura: visibili ed esistenti, ma volutamente messi sullo sfondo. Dal femminismo intersezionale al movimento del black power, dalla guerra in Vietnam alla tensione politica e violenta del periodo, di cui l’attentato a George Wallace, raccontato in parte nel film, è uno dei momenti più gravi.

Christina Jackson (Barbara Lee) e Regina King (Shirley Chisholm) in Shirley. Cr. Glen Wilson/Netflix © 2023.

Christina Jackson (Barbara Lee) e Regina King (Shirley Chisholm) in Shirley. Cr. Glen Wilson/Netflix © 2023.

Tutto è visto ed è narrato soltanto dal punto di vista di Shirley Chisholm, come sottolineato anche dal montaggio che spesso torna su scene già vista, flashback e ricordi che appartengono solo a lei. Non c’è l’intento di dare una spiegazione completa di ciò che è stato il 1972 negli Stati Uniti. È lei, la figura di Shirley Chisholm che il film vuole celebrare, insieme alla sua eredità.

Diventa chiaro, questo, non solo nei brevi intermezzi di filmati d’archivio che attraversano il film, ma soprattutto nel finale, in cui la voce della vera Barbara Lee, la ragazza rivoluzionaria che Shirley Chisholm incontra negli anni Settanta, si presenta agli occhi del pubblico nella sua attuale carica di membro della Camera dei rappresentanti. Una delle più alte cariche ricoperte oggi da una donna afroamericana.

È per lei, per tutte le donne come lei (e non solo) che il film nasce. Per ricordare come il primo passo di una, Shirley, sia stato determinante per molte altre.

Chi era Shirley Chisholm

Donna nera, di Brooklyn cresciuta alla Barbados, Shirley Chisholm non solo è stata la prima afroamericana eletta al Congresso ma anche la prima in corsa per la Casa Bianca. Nel 1972, come si afferma nel film, Chisholm incontrava lo spirito del tempo. Portò avanti una campagna elettorale ai minimi storici, di soli 300 mila dollari, puntando soprattutto sull’elettorato giovane, minoritario e operaio. Perfettamente descritta dal suo slogan elettorale, Unbought and unbossed (Né corrotta né sottomessa), non abbracciò nessuna causa in particolare, né quella del black power né quella femminista, ma le rappresentò entrambe con la sua carriera politica.

Nell’anno delle presidenziali riuscì persino a ottenere l’inaspettato endorsement del Black Panther Party direttamente da Huey P. Newton. Non vinse le primarie e quell’anno il candidato democratico George McGovern fu schiacciato dal trionfo del secondo mandato di Richard Nixon. Chisholm tuttavia rimase al Congresso fino al 1983 contribuendo a cambiare attivamente la politica statunitense all’interno delle sue istituzioni.

L’interpretazione di Regina King, intensa, drammatica ma misurata, capace di restituire anche l’ironia, oltre che la forza del personaggio, è la prima in assoluto in un film dedicato alla vita di Shirley Chisholm.