Robert Guédiguian e Ariane Ascaride, i partigiani del cinema: “Festa significa resistenza. Vuol dire: fare la rivoluzione”

Il regista e l'attrice, collaboratori da anni (oltre che moglie e marito) presentano a Roma durante il festival Rendez-Vous la loro ultima pellicola E la festa continua!, in sala dall'11 aprile. "Anche chi narra una storia d'amore sta raccontando una storia di politica". L'intervista di THR Roma

Due palazzine sono cadute nel cuore di Marsiglia. La comunità è scossa, scioccata. Si deve fare qualcosa. Rosa (Ariane Ascaride), quando non lavora all’ospedale, pensa al suo impegno politico, anche se la fiducia nel cambiare le cose diventa sempre più scarsa. Sarà l’incontro con persone inaspettate che le permetterà di non perdere la fiducia negli altri, nel cambiamento, nella possibilità che c’è ancora qualcosa che si può fare per migliorare la vita, della comunità e la propria.

Robert Guédiguian (La casa sul mare, Gloria Mundi) torna in sala con E la festa continua! dall’11 aprile, opera presentata dal regista e sceneggiatore insieme alla protagonista – e moglie – Ariane Ascaride durante il festival francese di Rendez-Vous, dal 3 al 7 aprile.

Quattro personaggi principali, una rete umana su uno sfondo sociale e politico. Il film è più uno spiraglio umano o un’opera idealista?

Robert Guédiguian: Entrambe. Cerco di affrontare la condizione umana mostrando come le persone spesso pensano che l’egoismo le porterà alla felicità. L’esplorare un menefreghismo che ci impedisce di avanzare verso gli altri, quando invece è proprio aiutare ciò che più appaga. Col film volevo porre una domanda: la riuscita individuale esiste davvero? Si può vivere una vita contenta, di successo, se però si è da soli? Ed è qui la dimensione idealista. Decidere di legarsi agli altri, anche quando le situazioni sono avverse.

Non si ha però il timore che l’egoismo possa prevalere? Non si rischia di arrivare al punto in cui si è stanchi di tentare?

Ariane Ascaride: Ma è proprio questa la difficoltà che deve superare chi vuole raggiungere un risultato. Chi sa di poter avere una certa influenza sulla realtà che lo circonda e perciò non rinuncia anche quando sarebbe più facile farlo. Il mio stesso personaggio viene assalito da una solitudine che lo porta a pensare che sia meglio lasciare tutto, mettere un punto dicendo: basta. Però non ce la fa. Non è capace di pensare solo a se stessa, è il bene per gli altri che la muove, per la sua comunità. Rosa sa che fare delle cose belle e utili ha un impatto sulla società. E che si tratta, prima di tutto, di un atto politico.

Il titolo contiene la parola “festa”, non certo un termine posto a caso. Fare festa è un gesto politico?

A.A.: Festa è resistenza. La festa è rivoluzionaria. Nessuno può impedire a qualcuno di ridere e di fare festa. Essere leggeri fa parte della lotta tanto quanto qualsiasi altra azione. Il mondo di adesso, gli stessi fatti d’attualità, tendono ad opprimere la nostra possibilità di essere felici. Ma non bisogna mai lasciarsi schiacciare.

Un'immagine ufficiale del film E la festa continua!

Un’immagine ufficiale del film E la festa continua!

Per riuscire ad aprirsi gli altri, e quindi ad accogliere, è bene conoscere prima le proprie radici?

R.G.: Più conosciamo la nostra identità, più riusciamo a conoscere gli altri. E più conosciamo gli altri, più riusciamo ad andargli incontro. Chi conosce i suoi nonni, chi è venuto prima di loro, è disposto più di altri a capire chi ha davanti e da dove proviene. È quasi un obbligo: se mi conosco così bene non posso fermarmi alla superficie quando incontro l’altro. È un procedimento basilare.

A.A.: Anche perché siamo tutti unici nelle nostre differenze. È questo che ci accomuna. Ognuno ha il diritto di reclamare la propria individualità, non scadendo nell’omologazione e nell’appiattimento dei punti di vista.

Tonio, il personaggio di Gérard Meylan, si riconosce come fervente comunista. Fa quasi sorridere una figura così ancorata al passato. Davvero qualcuno, ad oggi, può definirsi ancora saldamente comunista?

R.G.: È così, il personaggio di Tonio fa sorridere. Ha un valore quasi macchiettistico, sicuramente ironico. Se si vuole fare un ritratto politico di un paese come la Francia, ma penso anche all’Italia, è impossibile non confrontarsi con i grandi partiti che hanno composto il nostro passato, da qui gli ovvi accenni al comunismo. Se vogliamo parlare della sinistra dei giorni nostri non possiamo dimenticare le lotte operaie, le conquiste, le sommosse fatte ieri, raccogliendo i resti di ciò che hanno lasciato indietro i grandi ideali.

Ne è rimasto qualcosa? Di quei grandi ideali?

R.G.: Il principio di una ricchezza che dovrebbe appartenere a tutti. Una terra che è in mano al popolo. L’idea fondamentale rimane, si è poi articolata in maniera diversa decennio dopo decennio, anche se non si è mai riusciti a metterla in atto per davvero. Ma si continua a provare.

Qualche settimana fa, in Italia, è uscito Un altro ferragosto. Anche lì il racconto era fortemente politico, ma in primo piano c’erano le relazioni tra personaggi. Credete che ogni storia di politica sia una storia d’amore?

A.A.: Assolutamente. Chi pensa di star raccontando solo una storia d’amore in verità sta raccontando una storia di politica. Spesso si pensa che un film politico debba essere lento, pesante, noiosissimo, ma è una convinzione sbagliata. Scegliere un costume, una location, un colore: sono tutte decisioni politiche, perché la vita stessa lo è. Poi, spesso, si pensa che i registi definiti impegnati non provino amore nella loro vita, ma non è così.

E voi? Provate amore?

R.G.: Sì, ma solo il martedì (ride, ndr.).