Desiderio, gemiti e sudore. Il grande slam di Challengers risuona nella colonna sonora di Trent Reznor e Atticus Ross

Sfacciata, erotica, provocante e velatamente giocosa: la score firmata dai due musicisti rende ancor più sfrontata la sensualità del film di Luca Guadagnino grazie a loop infiniti di elettronica e techno. Una spirale di percussioni, synth, sussurri, piano e cori alla quale abbandonarsi

“Nel tennis il vero avversario, la frontiera che include, è il giocatore stesso. C’è sempre e solo l’io là fuori, sul campo, da incontrare, combattere, costringere a venire a patti. Il ragazzo dall’altro lato della rete: lui non è il nemico; è più il partner nella danza. Lui è il pretesto o l’occasione per incontrare l’io. E tu sei la sua occasione. Le infinite radici della bellezza del tennis sono autocompetitive. Si compete con i propri limiti per trascendere l’io in immaginazione ed esecuzione. Scompari dentro al gioco: fai breccia nei tuoi limiti; trascendi; migliora; vinci. Si cerca di sconfiggere e trascendere quell’io limitato i cui limiti stessi rendono il gioco possibile. È tragico e triste e caotico e delizioso. E tutta la vita è così, come cittadini dello Stato umano: i limiti che ci animano sono dentro di noi, devono essere uccisi e compianti, all’infinito”.

Era il 1996 e David Foster Wallace in Infinite Jest definiva così il gioco del tennis. Lo stesso al centro di Challengers, il nuovo film di Luca Guadagnino (qui la nostra recensione).

Challengers, tra elettronica e techno

Ma nella pellicola, in sala dal 24 aprile con Warner Bros., il tennis e le sue dinamiche sono un pretesto per raccontare una danza emotiva e “sexxxxxy” come definita dal suo regista. Quella che vede protagonisti Tashi (interpretata da un’inedita Zendaya), ex prodigio del tennis diventata allenatrice dopo un brutto infortunio, Patrick (un sempre sorprendente Josh O’Connor), giocatore talentuoso quanto indolente, e Art (Mike Faist), campione che non riesce più a vincere e vorrebbe appendere la racchetta al chiodo.

Gli ultimi due si conoscono da quanto erano poco più che bambini, amici nella vita e amichevolmente rivali sul campo da gioco. A cambiare per sempre gli equilibri della loro relazione Tish, bellissima e sicura di sé, una promessa del tennis e una “sfasciafamiglie” che, come una pallina da tennis, si muoverà in direzione opposta nelle loro vite segnandone la traiettoria.

È un film di sudore e di sguardi Challengers, di desiderio e gemiti di fatica e piacere, di ferite e mani sul corpo. Un film di soggettive e rallenty in cui Guadagnino rende sensoriale la sceneggiatura di Justin Kuritzkes e ci regala un film seducente che gioca con le linee temporali e le regole del tennis per parlare di relazioni. Per rendere ancor più sfrontata quella sensualità il regista, dopo Bones and All, è tornato a collaborare con Trent Reznor e Atticus Ross che, tra brani di 50 Cent, Lily Allen e Patty Pravo, firma una colonna sonora sfacciata, erotica, provocante e velatamente giocosa. E ci riesce – qui sta tutta la loro genialità – scegliendo l’elettronica e la techno come generi di riferimento.

Loop incessanti, sussurri e synth

Ne sono un esempio I Know, brano ipnotico, martellante, pulsante, o L’oeuf che sfrutta la linea del piano e dei synth per creare un’atmosfera tra l’onirico e il sinistro. E ancora l’omonima Challengers, un loop techno incessante, Brutalizer che rievoca il dritto e rovescio di una pallina da tennis colpita a una velocità supersonica arricchita dai sussurri di Zendaya o il brano di chiusura, Compress/Repress – il cui testo è scritto da Luca Guadagnino in persona e intonato da Reznor – che tra percussioni, piano, synth e cori racchiude tutta l’anima della colonna sonora del film. Una spirale alla quale abbandonarsi e che trasuda desiderio senza fine. Di corpi e vittorie.

Perché tra due giocatori delimitati all’interno delle strisce bianche di un campo da gioco è come se si sviluppasse una relazione fatta di colpi dati e ricevuti, di palle perse, cadute rovinose, pause e difese reciproche. Tashi, Patrick e Art giocano a tennis, parlano di tennis, vivono di tennis. Ma dietro ogni parola, gesto o sguardo Challengers parla di amicizia, amore, sesso. E di (auto)controllo.

Quello necessario per battere l’avversario, in una partita come in una relazione. Come scriveva David Foster Wallace: “I limiti che ci animano sono dentro di noi, devono essere uccisi e compianti, all’infinito”. Una pallina alla volta. Per poter dire di aver giocato davvero a tennis per quei 15 secondi capaci di cambiare tutto. E di aver incontrato davvero noi stessi. E chi ci sta davanti. “C’mon”.