Mostri in Laguna: la dittatura virtuale del QR code (anche sui titoli di coda)

Piccolo apologhetto lidense su una mattinata in fila prima di una proiezione di un film che parla di intelligenza artificiale e di emozioni umane azzerate, sull'onnipresenza degli smartphone e su un simbolo virtuale a fine pellicola

Piccolo apologhetto lidense.

Ore 8.00 di stamattina. Il vostro voyeur filmico di fiducia arriva fuori dal Palazzo del Cinema per la proiezione di La bête, il film di Bertrand Bonello, in concorso. L’inizio è per le 8.30, siamo in anticipo. Sul piazzale davanti all’ingresso ci sono 40-50 persone sparse, che aspettano di entrare.

Il vostro vouyer le osserva, altrimenti che voyeur sarebbe? Sono TUTTE da sole, nessun capannello, nessuna coppia che chiacchiera (d’altronde alle 8 di mattina, al Lido, chi ha la forza di parlare?). Un rapido giro di orizzonte per registrare un dato statistico: stanno TUTTE osservando uno smartphone. Ciascuna nel suo mondo di mail di lavoro, di whatsapp di famiglia, di social da compulsare.

Per qualche secondo, il vostro voyeur è l’unico che non guarda lo smartphone, assorto in pensose riflessioni su questa società perennemente connessa.

Poi tira fuori anche lui lo smartphone, e cerca di scoprire se è già nota la formazione dell’Inter per la partita di stasera contro la Fiorentina. Mica esiste solo il cinema, a questo mondo.

Verso le 8.15, mentre le porte si aprono, arriva anche un tizio che non guarda lo smartphone né estrae dallo zaino un computer. Si mette in fila, punto e stop. Il vostro voyeur lo guarda con ammirazione, poi si scopre a pensare: non consulti lo smartphone, non hai proprio un cazzo da fare, eh? Che sfigato. Poi si vergogna di se stesso e scaccia questo pensiero classista.

8.30: inizia la proiezione di La bête. Il film parla di intelligenza artificiale, di emozioni digitalmente azzerate negli esseri umani, di vite e universi paralleli. Il vostro voyeur, che è fondamentalmente un uomo del Novecento, non ci capisce un’acca. Il film tra l’altro dura un’eternità: 146 minuti. Quando finisce compare sullo schermo un QR Code: invece dei titoli di coda, i titoli di Code. Sopra il QR code c’è la scritta “Génériques”, che in francese indica cast & credits di un film, tutti quei nomi che normalmente scorrono sullo schermo nei titoli di coda e che nessuno legge. Sotto il QR c’è un’altra scritta, questa in inglese: “Scan me”, scannerizzami. Vi sembrerà incredibile, ma molti spettatori, prima di uscire dalla sala, obbediscono all’ordine virtuale, inquadrano il QR Code con lo Smartphone e si scaricano i “Génériques” di La bête.

Il vostro voyeur esce triste pensando a quei mentecatti che fanno le foto agli incidenti in autostrada. Poi pensa che forse, dopo averli scaricati, qualcuno se li leggerà, quei “Génériques”. La rivincita (digitale) degli attrezzisti.

E infine si chiede: come abbiamo fatto a diventare così? La risposta, diceva il poeta, soffia nel vento.