Mentre ci allontaniamo dalla notte degli Oscar, le discussioni su chi è stato derubato e su chi aveva il vestito più bello vanno man mano spegnendosi. Un argomento, tuttavia, continua a fare furore: le polemiche (e le polemiche sulle polemiche) per il discorso di accettazione tenuto da Jonathan Glazer insieme ai produttori James Wilson e Len Blavatnik quando La zona d’interesse ha vinto come miglior film internazionale.
THR ha appreso che, anche se Glazer ha affermato di parlare a nome di tutti e tre, non aveva sottoposto le sue parole a Blavatnik, secondo quanto dichiarato da un portavoce del miliardario. Glazer, sceneggiatore e regista, ha dichiarato che il suo film ambientato ad Auschwitz “mostra dove porta la disumanizzazione, nella sua forma peggiore”.
E ha continuato: “In questo momento, siamo qui come uomini che rifiutano la strumentalizzazione della loro ebraicità e dell’Olocausto da parte di un’occupazione, che ha portato al conflitto per così tante persone innocenti”, in riferimento al conflitto in Medio Oriente. Glazer, chiaramente emozionato, ha aggiunto: “Che si tratti delle vittime del 7 ottobre in Israele o dell’attacco in corso a Gaza”.
Le posizioni di Jonathan Glazer
Glazer, a detta di molti, stava puntando il dito contro coloro che, secondo lui, sfruttano la storia e il sentimento ebraico per una politica con cui non è d’accordo. E non stava dichiarando, come da molti riportato, che ciò che intendesse dire fosse: “Non sono più un ebreo!”. Le urla e gli strepiti che ne sono seguiti hanno lasciato in ombra un aspetto insolito di questa storia.
Insieme a Glazer sul palco degli Oscar, a rappresentare il “noi” delle sue osservazioni, c’erano il produttore Wilson e il produttore esecutivo Blavatnik. Wilson, mentre accettava un BAFTA all’inizio di quest’anno, aveva commentato che “dovremmo preoccuparci delle persone innocenti uccise a Gaza o nello Yemen nello stesso modo in cui pensiamo alle persone innocenti uccise a Mariupol o in Israele” – una dichiarazione molto in sintonia con quella di Glazer.
La situazione di Blavatnik è un po’ più insolita. Il miliardario 66enne, nato da una famiglia ebrea nell’Ucraina dell’epoca sovietica e ora cittadino britannico e statunitense, era salito l’ultima volta agli onori delle cronache a dicembre, quando aveva annunciato di aver rinunciato alle donazioni ad Harvard in seguito alla controversia che ha coinvolto l’allora presidente Claudine Gay e le accuse di indulgenza verso l’antisemitismo.
Le attività di Len Blavatnik
Blavatnik possiede anche una quota di controllo di un canale televisivo israeliano e, secondo eJewishPhilanthropy, è “un importante donatore per una serie di cause israeliane ed ebraiche, tra cui un banco alimentare gestito da Chabad nel sud di Israele, la Biblioteca Nazionale di Israele e Birthright Israel”.
Sebbene Blavatnik abbia mantenuto un’espressione impassibile durante il discorso di Glazer, non era stato consultato prima della dichiarazione. “No, non ha approvato il discorso”, dice Lisa Shields, portavoce di Blavatnik, “ma è incredibilmente orgoglioso del film e dei riconoscimenti che ha ricevuto e non vuole distrarre l’attenzione dai temi importanti del film”. I rappresentanti di Glazer non hanno risposto alla richiesta di chiarimenti di THR.
Blavatnik, che agli inizi ha fatto fortuna acquisendo impianti di fusione d’alluminio dopo il crollo dell’Unione Sovietica, negli ultimi anni ha diversificato pesantemente nel settore immobiliare, dei giochi e dell’intrattenimento. Ha finanziato diversi film della Warner Bros. negli anni 2010, oltre a The Butler – Un maggiordomo alla Casa Bianca di Lee Daniels, La battaglia di Hacksaw Ridge di Mel Gibson e Silence di Martin Scorsese.
Tra reazionari e cinema “woke”
Ha anche acquisito una grande percentuale della RatPac-Dune, che nel frattempo è stata assorbita dalla sua più ampia società. La sua società, Access Entertainment, possiede una quota sostanziale di Warner Music Group, dove Blavatnik è indicato come vicepresidente, e Access è un investitore e co-finanziatore di A24. In quanto tale, Blavatnik è accreditato come produttore esecutivo in molti dei film recenti e in uscita della società, come Beau ha paura, The Warrior – The Iron Claw, Love Lies Bleeding, Problemista e I Saw the TV Glow.
Questi ultimi due film si aggiungono alla disconnessione attuale. Lo sceneggiatore, regista e protagonista di Problemista, Julio Torres, ha recentemente partecipato al Late Night With Seth Meyers indossando una maglietta con scritto “Viva! Viva! Palestina!” e la sceneggiatrice e regista di I Saw the TV Glow, Jane Schoenbrun, ha fatto commenti sui social media che rendono evidente che non sono esattamente dei sostenitori dell’attuale strategia di difesa nazionale di Israele.
Per dirla con il linguaggio che potrebbe usare Ben Shapiro, come ha fatto quest’uomo – che ha dato un milione di dollari al fondo per l’inaugurazione di Trump, una parte del quale è stata destinata alla difesa legale di Trump, che ha dato contributi ai comitati di azione politica associati a Mitch McConnell, Lindsay Graham e Marco Rubio; e che ha anche donato al fondo per la difesa del sindaco di New York Eric Adams – a diventare un mecenate di tutti questi registi “woke”? Sembra il tipo di paradosso su cui un giorno qualcuno farà un film.
Questo articolo è stato aggiornato per includere il punto di vista di Len Blavatnik.
Traduzione Nadia Cazzaniga
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