Berlinguer ti voglio bene: per la prima volta in tv senza censure (e viene anche Benigni a parlarne)

Osteggiata da circa cinquant'anni, la versione integrale del film di Giuseppe Bertolucci va in onda in seconda serata su La7. A introdurla è il protagonista, nello speciale dedicato al segretario del Pci curato da Corrado Augias

“Cosa resta di Berlinguer?”, questo è il titolo scelto da Corrado Augias per la puntata speciale de La torre di Babele di lunedì 4 marzo. Un nuovo programma di approfondimento storico delle prima serata televisiva di La7 in cui il giornalista affronta grandi temi del passato legati alla contemporaneità.

Nel salotto di lunedì 4 marzo è invitato eccezionalmente a partecipare anche Roberto Benigni. Eccezionalmente perché ormai sono anni che il comico centellina le sue apparizioni (l’ultima è stata la lezione sulla Costituzione italiana a Sanremo 2023), ma soprattutto perché di Berlinguer ti voglio bene si è sempre parlato troppo poco.

Benigni e Bertolucci, il duo inaspettato

1977, Roberto Benigni ha 25 anni, Giuseppe Bertolucci pochi di più, 30. Debuttano insieme al cinema, in quello che resta uno dei più prolifici e sottovalutati connubi artistici del cinema italiano, anche se piuttosto breve: da Berlinguer ti voglio bene alle sceneggiature di Tu mi turbi (1983), Non ci resta che piangere (1984) e Il piccolo diavolo (1988).

Nel 1977 il Partito comunista italiano ha appena attraversato un anno fondamentale, il massimo storico alle elezioni del ’76. Tuttavia il Movimento del Settantasette, extraparlarmentare della sinistra radicale, che prende il nome proprio dall’anno, è alle porte. Una nuova rivoluzione di giovani e giovanissimi è pronta a scontrarsi con la politica istituzionale e, soprattutto, con la propria disillusione nei confronti del Pci.

In questo clima nasce l’opera di Bertolucci e Benigni. Il primo di Parma, ma cresciuto a Roma, il secondo toscano, della provincia di Arezzo. Si incontrano nella casa di Lucia Poli (sorella di Paolo), punto di riferimento per gli artisti, soprattutto toscani come lei, nella capitale. E nelle lunghe cene fra gli intellettuali degli anni Settanta, gli incontenibili racconti del giovane Benigni catturano l’attenzione di Bertolucci.

Decide, quest’ultimo, di trasformarli in qualcosa di più. Di strutturarli in un vero monologo teatrale. È così che nasce Cioni Mario di Gaspare fu Giulia. Uno spettacolo “underground”, andato in scena a Roma nel dicembre 1975 all’Alberichino, teatro del rione Borgo, adiacente al Vaticano. Luogo in totale contrasto con il linguaggio dissacrante e quasi violento di Benigni (futuro premio Oscar con La vita è bella) quello di un lessico contadino e sottoproletario, vulcanico e irrequieto. A fronte dell’immobilità del Cioni Mario di Benigni.

Roberto Benigni in Vita da Cioni

Roberto Benigni in Vita da Cioni. Courtesy of RaiPlay

Lo stesso monologo fu trasformato in brevi clip televisive, allora censurate oggi disponibili su RaiPlay (Vita da Cioni). Servì tuttavia soprattutto come soggetto per il successivo film, Berlinguer ti voglio bene, appunto.

Le ragioni di Berlinguer ti voglio bene

Berlinguer ti voglio bene è la storia di un ragazzo della provincia toscana, incastrato in quel nulla che non gli permette di diventare davvero adulto. “Sta tutto il giorno a ragiona’ co’ Berlinguer nel campo, ‘un ci cresce più nulla”, afferma disperata la madre, interpretata da una sempre immensa Alida Valli, mentre si sfoga con il prete.

Mario Cioni, anzi Cioni Mario per darsi un tono, in Berlinguer vede ancora la speranza di una rivoluzione possibile ma gentile. In teoria raggiungibile anche per un inetto come lui e in realtà confortante proprio perché ancora troppo lontana.

La verità infatti sta soltanto in quella provincia così rude e graffiante, nel parallelismo continuo fra il comunismo, il desiderio sessuale e i genitali (“Il comunismo è la sega prima di farsi la prima sega. Si viene da sé spontaneo”, dice Cioni in una celebre battuta) e nel senso di abbandono provato da chi la vive tutti i giorni.

Emblematica è la sequenza di sproloqui di oltre due minuti in cui Benigni infatti, nel campo del Cioni, bestemmia contro il mondo, senza più nemmeno cercare una soluzione alla sua tristezza a alla sua rabbia. Sbaglia forse infatti chi vede Berlinguer ti voglio bene come un film comico. Strappa più di una risata, certo, ma lo fa con un’amarezza che ancora oggi è difficile sopportare e prendere in carico.

Le reazioni al film

Come prevedibile, Berlinguer ti voglio bene non fu accolto bene né dalla critica né dal pubblico. Anzi al pubblico faticò proprio ad arrivare. Fu distribuito in pochissime copie censurate soprattutto a Roma e al nord Italia. Non arrivò mai al sud. Nel 1988 ci fu la prima messa in onda televisiva, ma in quell’occasione vennero fatti significativi tagli ad alcune scene, in particolare alla celebre “sequenza delle bestemmie”. E fu quest’ultima versione quella messa in commercio con videocassette e copie digitali negli anni successivi. La versione integrale si trova in dvd in Italia solo dal 2006.

Alida Valli in Berlinguer ti voglio bene di Giuseppe Bertolucci

Alida Valli in Berlinguer ti voglio bene

Lo stesso Pci, nello specifico la sezione di Vergaio, paese natale di Benigni, si scagliò contro Berlinguer ti voglio bene ritenendo che fosse “una solenne presa per il culo dei lavoratori e di noi comunisti in particolare”. Benché fu apprezzato il titolo dedicato al segretario Berlinguer, la commissione culturale della sezione affermò che le logiche ironiche del film “indeboliscono l’ideologia e la lotta piuttosto che rafforzare in tutti noi la voglia di migliorarsi tutti insieme! Non s’è mai visto un tale coacervo di bestemmie e improperi che a noi, in quanto atei, ci importano poco, ma si pensa all’immagine dei comunisti che si dà fuori. Concludendo con “la speranza di bloccare la diffusione di questo filmino poco più che amatoriale del quale si faceva volentieri a meno”.

La scelta di La7

È una scelta che si fa notare, quindi, quella di La7 di mandare in onda la versione integrale del film. Intanto perché sono trascorsi quasi cinquant’anni dall’uscita nelle sale, forse anche troppi. E poi perché è una decisione che supporta la libertà linguistica ed espressiva dell’arte, anche quando questa arriva a sfidare i limiti del pubblico. Una decisione che arriva però con una certa consapevolezza, al punto da ritenere necessaria l’introduzione da parte di una figura culturale di spicco come Augias, accanto allo stesso Benigni e a un politico di primo piano (nonché cineasta) che negli anni si è occupato di Berlinguer, Walter Veltroni.

Non si tratta nemmeno di una scelta inusuale. La rete lo fece anche due anni fa, al momento dell’invasione russa in Ucraina, lasciando al compianto Andrea Purgatori il compito di spiegare la messa in onda della serie comica di Zelensky attraverso una puntata speciale di Atlantide. Adesso tuttavia c’è forse un senso diverso di responsabilizzazione. Il desiderio di ricordare una figura essenziale della sinistra italiana per riportarla al presente.

Per capire come relazionarsi a certe battute ormai passate alla storia non serve però nemmeno una mediazione. Quella rima, “l’è inutile far finta: c’ha trombato la miseria e siam rimasti incinta”, suona ancora così chiara e amara che è difficile non capire (ancora) il Berlinguer di Bertolucci e Benigni.