Galatea Bellugi, l’attrice venuta da un’altra dimensione: “Gloria! è una folle opera pop che mi ha insegnato la sorellanza”

Italiana, danese e pure parigina, la protagonista del film-evento di Margherita Vicario (da oggi in sala) in passato ha recitato nei panni di una novizia che vede la Madonna, all'Università ha scritto una tesi sul femminismo in Iran e qui interpreta una domestica muta che si rivela un genio musicale: "In futuro mi piacerebbe anche una parte da cattiva: ci vuole un gran lavoro per interiorizzare le dinamiche di un killer". L'intervista di THR Roma

Galatea Bellugi pare uscita da un altro tempo o forse da un’altra dimensione. Ventisei anni, capelli castani chiari e occhi azzurro-verdi, è italiana, ma anche danese e pure parigina. Ha l’aria di una ragazzina, ma al tempo stesso sembra provenire da un’epoca lontana, appare timida eppur sembra dotata di un qualche superpotere. Da piccola ha suonato il sassofono, poi ha studiato a Copenhagen relazioni internazionali (con una tesi sul femminismo in Iran), ha passato sei mesi ad Osaka, ma in effetti è un’attrice. Che in barba alla sua giovane età ha già incassato due candidature ai César, gli Oscar francesi, ed ha lavorato con registi come Gabriele Salvatores e con colleghe come Juliette Binoche.

In Italia ora ne parlano tutti, perché è la protagonista di Gloria!, pellicola d’esordio di Margherita Vicario che ha avuto la sua festeggiatissima prima alla Berlinale e che da oggi approda nelle sale italiane con notevole furore. È la storia di un gruppo di giovani donne, quasi tutte orfane, che anno domini 1800 sono le musiciste in una piccola orchestra di un istituto religioso e che, capitanate proprio da una domestica apparentemente muta di nome Teresa (Bellugi, appunto), realizzano una piccola rivoluzione musicale che diventa anche un’epifania di liberazione. Un po’ favola, un po’ affresco pop, Gloria! è anche un colpo d’aria fresca per il cinema italiano. Il volto l’intensità di Galatea, un po’ Da Vinci, un po’ Vermeer, è uno dei suoi segni distintivi.

Galatea, questo film non solo parla di musica, è anche costruito come uno spartito. Osservandola sullo schermo vien da pensare che ha un’educazione da musicista alle spalle…

Beh, è vero che mio nonno era un direttore d’orchestra e che ho una nonna che si interessa molto di musica, ma per Gloria! ho dovuto faticare tanto, per esempio per imparare a suonare il pianoforte e pure a cantare. Margherita (Vicario, ndr), che nasce musicista e cantautrice, mi mandava dei video facendo vedere come si suonava, io imparavo anche un po’ a occhio… in effetti i miei genitori volevano che suonassi uno strumento, così da piccola ho fatto sassofono. Quel che mi fa sorridere è che in un certo senso questo film rappresenta il contrario di quello che è la mia educazione familiare, ossia che bisogna averla imparata bene, con tutti i crismi, la musica, prima di suonare. Pensi che mio nonno, quando in un ristorante c’era della musica, se non era classica la faceva spegnere.

Galatea Bellugi in una scena di Gloria! di Margherita Vicario, in concorso alla Berlinale 2024

Galatea Bellugi in una scena di Gloria! di Margherita Vicario

E Vicario come l’ha trovata?

È stato il mio agente in Italia a proporre questo provino. Credo che Margherita cercasse un’attrice che avesse un po’ di accento…

Come mai?

Spero di non spoilerare niente, ma il mio personaggio, per una buona parte del film, passa per essere muta. E allora nel momento in cui parla per la prima volta ha senso che la voce contenga questa piccola bizzarria. Ecco, anche se cantare non è esattamente la mia cosa, devo dire che mi sono divertita moltissimo a fare questo film. Vede, con le altre ragazze del cast (Carlotta Gamba, Veronica Lucchesi, Maria Vittoria Dallasta e Sara Mafodda, ndr) siamo diventato molto amiche, è stata una bellissima esperienza lavorare con loro.

Lei ha fatto molti film in Francia. In Italia, tra le sue prime esperienze ci sono state de Il ragazzo invisibile – Seconda generazione di Gabriele Salvatores, e Amanda di Carolina Cavalli. Se dovesse fare un confronto tra il lavoro in Gloria! e quei film che direbbe?

Salvatores è un grande regista, ha dietro una produzione gigante con effetti speciali e tutto, sa esattamente cosa sta facendo, è molto preciso nel lavoro: è stato per me un insegnamento bellissimo da ricevere e da vivere. L’esperienza con Carolina è diversa, nel senso che era un’opera prima… anzi, le dirò che in generale a me piace moltissimo fare opere prime di donne che hanno idee così diverse, e Carolina ha un suo universo molto, molto speciale. Gloria! invece è un altro tipo di sfida, perché è al tempo stesso un film d’epoca ed un film musicale, è una cosa pop, anche folle e bellissima, di grande ispirazione. Margherita, pur essendo un’esordiente, ci ha saputo dire con grande precisione perché e come voleva fare questo film: ed è bello, perché sai perché lo fai, perché è importante farlo.

Veronica Lucchesi, Carlotta Gamba, Sara Mafodda e Maria Vittoria Dallasta in una scena di Gloria! di Margherita Vicario

Veronica Lucchesi, Carlotta Gamba, Sara Mafodda e Maria Vittoria Dallasta in una scena di Gloria! di Margherita Vicario

Qui c’è anche la questione del posto che nella storia le donne hanno nell’universo musicale.

È importante raccontare le tante donne con grande talento che facevano musica ma che sono state volutamente dimenticate, messe da parte. Gloria! è anche la loro storia. È successo pure nel cinema: il primo autore di un film di finzione è stata una donna, Alice Guy. Faceva l’assistente e un giorno chiese, mi pare a Gaumont, “posso utilizzare le macchine da presa per fare un film?”. Le risposero “sì, sì, vai pure a giocare con le tue amiche” e lei realizza la prima storia sceneggiata della settima arte. Quando quelli hanno capito che potevano farci dei soldi, l’hanno subito messa da parte.

E quanto si è identificata in Teresa, il suo personaggio, la domestica muta che si rivela un genio musicale visionario?

C’è tanto di me in lei, ma abbiamo vite troppo diverse. Al tempo stesso, c’è il lato della timidezza del mio carattere che mi ha aiutato nella parte del suo mutismo, per così dire. Anche se in realtà, nella vita reale, io parlo tantissimo…

Ecco, moltissimi di quelli che hanno visto il film dicono di essere rimasti colpiti dalla prima scena, quella in cui sembra materializzarsi la musica strana, nuova, molto ritmata, che Teresa ha in testa.

Eh sì, è una scena strepitosa. È stato molto bello ma anche molto difficile girarla.

Paolo Rossi in una scena di Gloria! di Margherita Vicario, in concorso alla Berlinale 2024

Paolo Rossi in una scena di Gloria! di Margherita Vicario, in concorso alla Berlinale 2024

Lei avrebbe potuto fare la musicista, ma stando ai suoi studi pure la diplomatica, giusto?

Ho studiato per un anno cinema a Montreal, poi relazioni internazionali a Copenhagen, pensavo che magari avrei fatto l’ambasciatrice (ride, ndr). Ho scritto una tesi sul femminismo in Iran.

Ah, però. E quali sono i film che le hanno cambiato la vita?

Da piccola sono cresciuta con Johnny Stecchino di Roberto Benigni. In questo momento il film che mi è piaciuto di più è La chimera di Alice Rohrwacher. Per quanto riguarda il cinema mondiale, uno dei capolavori di riferimento è America Oggi di Robert Altman, con tutte quelle storie che si intrecciano, e pure i film di Cassavetes. E non posso non citare Mediterraneo, proprio di Salvatores. Oppure Il cacciatore di Michael Cimino: un film fantastico. Robert De Niro, Meryl Streep, tutti incredibili. Lei è pazzesca. Lei e De Niro: che scene!

Adesso è tornata a vivere a Parigi. Si considera parigina, giusto? Però faceva film in Francia anche quando stava a Copenhagen…

Eh sì, mi toccava fare avanti indietro. E mica lo dicevo sul set che ogni volta arrivavo dalla Danimarca.

E che differenza c’è, nella sua esperienza, tra il cinema francese e quello italiano?

È molto diverso. In Francia c’è più equilibro tra la troupe e gli attori, maggiore parità, diciamo. E anche l’organizzazione in Italia è molto diversa. Una volta durante un set c’era un’importante partita di calcio e tutta la crew era sparita (ride, ndr).

Galatea Bellugi, protagonista di Gloria!, di Margherita Vicario

Galatea Bellugi, protagonista di Gloria!, di Margherita Vicario – Foto di José Castellar

In Francia lei ha avuto già grandissime soddisfazioni. Addirittura due candidature ai César…

Sì, è stato pazzesco. La prima volta ero stata nominata nella sezione degli esordienti, la seconda volta nella categoria principale, per così dire. E le altre attrici erano tutte fantastiche, grandissime. Ha vinto Adèle Exarchopoulos, quella di La vita di Adèle. Eccezionale. Per me l’importante era esserci.

Nel film L’apparizione, di Xavier Giannoli, lei interpreta la parte di una ragazza – orfana e novizia – che afferma di vedere la Madonna. Complicato identificarsi in un fenomeno mistico?

Non era tanto il misticismo ad interessarmi, quanto il tentativo di capire se lei ci credeva o no, se mentiva o no: questa è la domanda che si poneva anche il protagonista della storia, interpretato da Vincent Lindon. Si sa, talvolta si finisce per credere ad una cosa anche se è una propria bugia, ma per un attore il problema è che se reciti una bugia rischi di recitare male. Detto questo, per prepararmi ho passato un periodo dalle suore per capire come vivono, come sentono. Sono state molto carine, molto aperte, con una gran voglia di spiegarmi la loro vita.

Galatea Bellugi in L'apparizione di Xavier Giannoli (2018)

Galatea Bellugi in L’apparizione di Xavier Giannoli (2018)

Le piacerebbe fare un noir scandinavo, un ruolo da cattiva?

Certo. In generale, più i ruoli che fai sono diversi, meglio è. Ci vuole un gran lavoro per capire e interiorizzare le dinamiche di un killer. Più i ruoli sono lontani da me, più sono interessanti. Così come sarebbe interessante lavorare in una serie, dove hai molto più tempo per sviluppare il percorso di un personaggio, che nel corso dei vari episodi può pure cambiare la sua morale. Finora tra le mie preferite ci sono Six Feet Under, White Lotus e The Bear

Torniamo a Gloria!. Lei ha detto che la sorellanza del film l’ha vissuta anche sul set.

Sì, esatto. È una cosa che c’era già dentro di me, ma che ho interiorizzato ancora di più: ho capito quanto preziosa e importante sia la sorellanza. Ho una sorella (Alba Gaia Bellugi, anche lei attrice, ndr) con la quale condivido tutto ma proprio tutto, siamo molto vicine, facciamo lo stesso mestiere. Ecco, mi sono identificato tanto con questo aspetto della storia di Gloria!, ed è un’esperienza che ho vissuto pienamente anche con le altre ragazze del cast, sul set e fuori dal set, in questa grande voglia di fare le cose insieme. Credo sia una cosa che si sente nel film, no?