Ci sono film di inventori e film sulle corse. È così che la pensa Stefano Mordini, regista di Race for Glory – Audi vs. Lancia, scritto assieme a Filippo Bologna e Riccardo Scamarcio, anche protagonista e produttore della pellicola sul rally ambientata nel 1983 e incentrata sull’ex direttore sportivo Cesare Fiorio. Film di inventori e film sulle corse. Quale delle due strade segua l’opera di Mordini lo detta lui stesso. Film sulle corse.
Ma in questa distinzione, comprensibile eppure poco attinente se si pensa che opere anche recenti, da Le Mans ’66 di James Mangold a Ferrari di Michael Mann, pongono come centrali i conflitti dei propri protagonisti mentre sfilano a perdifiato sulle piste, la verità è che Race for Glory – Audi vs. Lancia non è, alla fine, nessuno dei due tipi. Semmai un pallido tentativo. Supportato da attente ricerche e da cure dei dettagli. Ma privo della materia di cui dovrebbe essere fatto il grande cinema su due, quattro, quante più ruote: l’adrenalina.
È come se la pellicola non carburasse mai. Ad appesantirla una fotografia ingiallita e una scrittura indefinita, che mentre segue i tormenti del suo protagonista Fiorio, che fece di tutto per far superare alla sua Lancia le prodezze tecniche e gli investimenti ingenti della tedesca Audi, perde da principio il metro della storia.
La tensione non esiste. L’idea di affidarsi ai topos narrativi classici, ma ben strutturati, neppure. Vediamo fin dall’inizio un uomo sfidare continuamente se stesso, intento a spingersi sempre oltre le proprie forze, con un contorno che, però, non sembra minimamente adeguato al suo costante sentirsi sul filo del rasoio.
Race for Glory - Lancia vs. Audi
Cast: Riccardo Scamarcio, Volker Bruch, Daniel Brühl
Regista: Stefano Mordini
Sceneggiatori: Stefano Mordini, Filippo Bologna, Riccardo Scamarcio
Durata: 108 min
Race for Glory – Lancia vs. Audi, dal dirigente Fiorio al pilota Walter Röhrl
Tutto il dramma, l’impegno, la fatica, la sconfitta che potrebbe sbucare da dietro l’angolo, sono percepiti da lui e lui soltanto. Lo spettatore siede intanto sulla sua poltrona domandandosi se forse il protagonista non debba ricalibrare la propria visione della vita. In fondo, uno dei picchi di crisi di Fiorio arriva quando Lancia perde la prima delle gare a cui ha partecipato, ma l’insuccesso grava inspiegabilmente come un macigno. Un carico inverosimile visto che, delle precedenti corse, una era stata vinta e l’altra saltata strategicamente.
Nessuno mette in dubbio la pressione a cui un dirigente sportivo debba sottoporsi, soprattutto se il proprio reparto è in pericolo, ma si tratta solo di uno degli esempi di quanto il film di Mordini non legittimi nemmeno una volta lo stato emotivo del personaggio, che non va mai riflettendosi sul coinvolgimento dello spettatore. Sarà per i troppi aforismi o per il ritornello sempre uguale e mai realmente ispirato su cosa significa vincere e perché non si debba avere il timore di perdere. Mantra che rende evidente che il film abbia un altro protagonista, ben più quadrato del Fiorio di Race for Glory.
È il pilota Walter Röhrl dell’attore Volker Bruch, il cui conflitto interiore e l’equilibrio messo a repentaglio dalle gare lo rende più sfaccettato di quanto lo sia tutta la squadra che ha attorno. È il suo non voler correre a tutti i costi – non voler vincere a tutti i costi – che lo descrive come un personaggio stimolante, soprattutto in relazione al protagonista. Il quale, però, non può certo portarsi sulle spalle il peso di un’impresa che già deve cercare di giungere a termine sullo schermo. Salvare l’intera operazione gli è francamente impossibile.
Mentre il cinema sta riscoprendo l’innato amore per i motori e cerca di correre veloce “come il vento” – per ricordare un’altra ottima opera italiana sul tema – c’è anche chi ha difficoltà ad arrivare al fotofinish, nonostante ci metta tutto il proprio impegno.
Race for Glory – Audi vs. Lancia non ce la fa. Speriamo che la sua stessa lezione sul non dover necessariamente vincere possa essergli d’aiuto.
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