Operazioni come Marcello mio si odiano o si amano. E, nonostante sia facile capire cosa si possa odiare del film di Christophe Honoré – la rifondazione nostalgica del mito di Mastroianni – è molto più interessante capire perché un’opera del genere, invece, funziona.
Nell’anno in cui si celebra il centenario della nascita dell’attore italiano (26 settembre 1924), Marcello mio è un omaggio personale, informale e imperfetto che si distingue da qualsiasi altro atto istituzionale, perché coinvolge direttamente chi sente l’assenza di Mastroianni ogni giorno. Passato in concorso a Cannes 77, è in sala dal 23 maggio con Lucky Red.
Marcello mio, la trama
Chiara Mastroianni si prepara per un provino con Fabrice Luchini per la regista Nicole Garcia. Sembra andare tutto bene, fino a quando Garcia trova il coraggio di dire l’unica cosa che pensa, ma che non dovrebbe pronunciare ad alta voce: “Pensavo di trovare più Mastroianni che Deneuve in te”. A queste parole, l’attrice – che vuole soltanto essere Chiara – reagisce ricostruendo su di sé l’immagine del padre. È lui che vede nello specchio, quando sceglie di indossare completi da uomo, una parrucca e un paio di spessi occhiali neri.
Si ritrova a vagare per Parigi e poi a Roma reinterpretando celebri scene del divo Mastroianni, da Le notti bianche di Visconti al monologo di Guido in 8 ½ (“Tu saresti capace di piantare tutto e ricominciare la vita da capo? Di scegliere una cosa, una cosa sola, ed essere fedele a quella?”), fino alle due più grandi sequenze de La dolce vita, tra la Fontana di Trevi, gattino bianco compreso, e la sorniona alzata di spalle in riva al mare.
È imitazione? Tutt’altro. È una decisione, come sottolinea spesso Chiara Mastroianni, attrice e figlia, in un continuo gioco di riflessi tra realtà e finzione.
I padri allo specchio
Nel percorso ricostruito da Christophe Honoré ogni personaggio attraversa il confine invisibile tra il racconto e il ricordo. C’è Catherine Deneuve che, assecondando la figlia, torna con lei nell’appartamento condiviso insieme a Marcello. C’è Melvil Poupaud, che si commuove ripensando a una delle ultime conversazioni con il mentore (e per un breve periodo anche suocero). E c’è Fabrice Luchini, che condivide il sogno e l’illusione di rivedere Marcello Mastroianni di nuovo nel mondo.
Allo specchio, tuttavia, c’è prima di tutto Chiara Mastroianni, con quel suo volto che sembra strappato via al padre e, per questo, in costante lotta con la sua assenza.
Marcello mio non è che un modo di affrontare questo fantasma, anche con grande umorismo, abbracciandolo fino a farci pace. Fino a a quando i mille specchi del film torneranno a restituire solo l’immagine di Chiara, finalmente intera.
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