I Cavalieri dello Zodiaco, la recensione: il niente condito col nulla

Cronaca dell'anteprima nazionale del live action basato sul franchise di Masami Kurumada, proiettato durante il Cartoons on the Bay di Pescara e in arrivo nei cinema il 26, 27 e 28 giugno

Battaglia finale, tutto si distrugge: macerie volano a destra e sinistra in cataclismi di proporzioni “bibliche”, gli edifici crollano sotto ai colpi dei protagonisti. “Useremo così i soldi del PNRR,” mormora qualcuno politicamente molto attento. Sarà la recensione migliore alla fine dell’anteprima nazionale de I Cavalieri dello Zodiaco a Pescara, per il festival Cartoons on The Bay; prima dell’arrivo in sala il 26, 27 e 28 giugno grazie a Eagle Pictures.

La brutta notizia è che dalle ultime sequenze si intuisce che ci saranno altri film sui Cavalieri. Sicuramente una scelta coraggiosa, dato il risultato.

La sala – aperta al pubblico – era vuota per tre quarti, segno che le prime avvisaglie, tra trailer e affini, hanno messo in guardia parecchi. Certo, l’aspettativa era che il titolo colmasse questo vuoto gigantesco lasciato dalla scarsa pubblicità e dalla comunicazione delle distribuzioni che non ha sedotto né la Gen Z né i fan boomer della serie animata. Infine il caldo e il Cine Teatro Massimo – luogo dell’evento – che ha offerto una grande sala, ma abbastanza malmessa: l’acustica e le poltrone hanno reso la visione non ottimale.

Poi comincia la proiezione, e parte quindi anche la prova del regista Tomasz Bagiński: un nome discretamente celebre per chi bazzica il videogioco, ma certamente meno noto al grande pubblico. Bagiński ha infatti lavorato molto con personaggi dei videogiochi: principalmente The Witcher e Cyberpunk 2077. Per quest’ultimo ha diretto il teaser trailer che nel 2013 ha scatenato tutta l’ondata di hype per il videogioco di Cd Projekt Red, e che ad ora conta 27 milioni di visualizzazioni su Youtube.

Un background che si fa notare. Certamente non si può dire che il regista polacco non sappia gestire una scena d’azione. I combattimenti sono ben coreografati, e la macchina da presa si muove all’impazzata intorno agli attori in una regia ipercinetica e spettacolare che pare vivere di vita propria.

Sono inquadrature molto “videoludiche”, e la stessa struttura del film dà la sensazione di aver preso a piene mani dal linguaggio videogioco – privato della possibilità di interazione.

Seya (Mackenyu Arata) in una scena del film

I cavalieri dello zodiaco come non si sono mai visti, ma proprio mai

Il giovane Seya (Mackenyu Arata) ha perso sua sorella da giovanissimo e ora che è adulto – non viene spiegato il perché – si trova a fare incontri di boxe clandestina. Seya possiede, a sua insaputa, dei poteri, e li riscopre proprio durante uno di questi violenti scontri. Uno spettacolo che inevitabilmente attira l’attenzione non tanto del pubblico presente quanto di un gruppo di cavalieri – guidato da Vander (Famke Janssen) – che sta dando la caccia a chi custodisce il fantomatico potere del Cosmo.

Per fortuna il nostro giovane e caratterialmente inerte Seya incappa in un altrettanto intespressivo Alman Kiddo (Sean Bean), che gli offre rifugio e addestramento per diventare un Cavaliere di Pegasus. E di conseguenza protettore della futura dea Atena (Madison Iseman). Kiddo mostra al giovane uno “scopo”, un “proposito”. Ma il primo a non avere scopi e propositi sembra essere il film, basato sul franchise di Masami Kurumada: un classicissimo viaggio dell’eroe in veste molto scolastica – un compitino che con la serie originale non ha niente a che vedere.

Un esercizio di stile “pericoloso”, visto il fardello di nostalgia che pesa sul franchise dei Cavalieri. E il risultato è senz’anima. Anche se indirizzato a un pubblico molto giovane, non offre niente di nuovo né tematicamente identitario nel panorama dei blockbuster ormai dominato dal Marvel Cinematic Universe.

Tutti deprecabili

Quasi due ore che sembrano eterne. Sceneggiatura prevedibile, personaggi con motivazioni confuse, assenza di pathos. I “cattivi” vestono colori cupi dalla foggia militare, anche se alla fine della favola tutti i personaggi – anche quelli “buoni” – si scoprono ugualmente deprecabili. Nessuno con cui empatizzare.

Ai titoli di coda, cala il gelo in sala. Le luci accecano il poco pubblico presente. In omaggio al pubblico presente, un poster dei Cavalieri. Nemmeno quello ufficiale del film.