Guy Nattiv e la scelta di Helen Mirren per Golda: “Sentivo che era una persona della mia tribù”

Parla il regista israeliano che ha firmato la pellicola sulla leggendaria premier israeliana durante il conflitto di Yom Kippur: "Ho voluto fare un film di guerra senza nemmeno una goccia di sangue. Ed ho voluto rendere giustizia a Golda Meir, una pioniera". E sull'attuale governo Netanyahu il cineasta dice: "Sta portando il paese al caos"

Quando Guy Nattiv ha accettato di dirigere Goldafilm incentrato sulla figura della prima e unica donna primo ministro di Israele Golda Meir – sapeva di non voler fare un film di guerra, nonostante la pellicola fosse ambientata durante il conflitto dello Yom Kippur del 1973. “Avevamo già visto film di guerra”, ha sottolineato il regista. Mentre quello che il pubblico non aveva visto prima era proprio la storia di Meir.

Con Golda, Nattiv, che ha fatto parlare di sé con il cortometraggio e il successivo lungometraggio Skin, spera di far conoscere meglio la leadership di Meir durante il conflitto, che fu vista come un fallimento sia all’interno che all’esterno del paese e precedette le sue dimissioni. “Per buona parte del film, Meir e i generali ascoltano il rumore degli uomini che muoiono sul campo di battaglia mentre giocano al gatto e al topo con gli egiziani e i siriani. Niente sangue in vista, ma l’agonia e il dolore sono insiti nel panorama sonoro stesso” si legge nella recensione del film pubblicata da The Hollywood Reporter.

In vista dell’uscita del film, Nattiv ha parlato con THR della scelta di utilizzare nel film l’audio di un vero campo di battaglia, delle critiche rivolte alla scelta di Mirren, che non è ebrea, per il ruolo di Meir, e di cosa significhi rilasciare Golda nel momento in cui gli israeliani protestano contro i tentativi dell’attuale primo ministro di riformare il sistema giudiziario del paese.

Cosa voleva che il pubblico sapesse di Golda Meir che forse non conosceva in precedenza?

Golda, in Israele, era fondamentalmente un mito. Forse aveva una statua, ma nessuno dava il suo nome alle scuole o ai parchi. Era una specie di paria di Israele perché era legata al fallimento del conflitto dello Yom Kippur. Era facile incolpare una donna anziana cresciuta nel Milwaukee, che non sapeva molto sulla guerra, per ciò che era successo. I generali israeliani non si sono presi la responsabilità, non hanno detto: “È colpa nostra”. Lei ha detto: “È colpa mia. Mi dimetto”. Questa è la storia con cui siamo cresciuti: Golda è stata un fallimento e la guerra è stata orribile, ma nessuno voleva parlarne.

Era una specie di segreto celato fino a dieci anni fa, quando sono usciti documenti declassificati dallo Stato e la verità è venuta fuori sul fatto che era stata l’intelligence a fare un casino. Dunque, non era solo lei a rappresentare questo fallimento. Quando ho letto la sceneggiatura di Nicholas Morton, ho pensato che avremmo potuto rendere giustizia a questa donna all’avanguardia che non era perfetta e che era un personaggio controverso, ma non era l’unica persona a cui attribuire la colpa di questa guerra. La sceneggiatura trattava per l’80% di guerra e per il 20% di Golda. Ho proposto di fare il contrario, di concentrarci su Golda. Volevo fare un film di guerra senza nemmeno una goccia di sangue.

Nel film, al pubblico non viene mostrato molto della battaglia o del fronte, ma sentiamo l’audio del campo di battaglia mentre viene presentato a Golda. Come mai ha pensato di rappresentare la guerra in questo modo?

Sono cresciuto con La conversazione con Gene Hackman e Blow Out, il film di Brian De Palma in cui c’è la registrazione di un omicidio. Ho pensato anche a La vita degli altri, in cui il regista crea il racconto attraverso i suoni. Ho pensato a come Golda ha vissuto la guerra, solo attraverso il sonoro perché non poteva andare al fronte. Quindi perché non portare la guerra nella sala comando, invece di spendere tutti i nostri soldi per girare scene di guerra con i carri armati?

Così, mi sono rivolto al maggior generale Amnon Reshef, che era un comandante di battaglione. Possedeva tutte quelle registrazioni. Gli ho mostrato il film e gli ho chiesto se poteva concedercele. Sono rimasto sbalordito dal volume contenuto in quelle registrazioni, risalenti al 1973. Mi hanno fatto piangere e l’ho messe nel film. Quello che si sente, in gran parte, è il suono reale del fronte.

È stata una decisione difficile includere l’audio reale? So che suo padre ha combattuto in guerra. Una cosa è ritrarre la guerra, un’altra è ritrarre la guerra con un audio reale. Come mai ha deciso di inserire l’audio nel film?

Il cinema di oggi è molto eterogeneo, ci sono documentari e narrazione insieme, come J.F.K. di Oliver Stone, che ha usato filmati reali dell’assassinio. Ho pensato che avrebbe aumentato l’autenticità del film e ho chiesto ai veterani cosa ne pensassero. Mi hanno risposto che è un omaggio alle persone che hanno veramente dato la vita per la guerra. Quando abbiamo proiettato il film davanti a 6.000 persone a Gerusalemme in compagnia ex soldati in lacrime che hanno pensato  si trattasse di un bellissimo omaggio. Abbiamo anche dedicato il film alle persone che hanno perso la vita in guerra.

Il ruolo di Golda è stato criticato perché Mirren non è ebrea. Cosa vuole che i critici capiscano della sua scelta di casting?

Quando sono arrivato al progetto, Helen era già stata scritturata per il ruolo di Golda. Gideon Meir, nipote di Golda, disse ai produttori: “Guardo Helen e vedo mia nonna. Ecco chi voglio che la interpreti”. Quando sono arrivato, mi hanno detto: “Hai ottenuto il lavoro, perché non incontri Helen?”. Venne a casa mia nel bel mezzo della pandemia e ci sedemmo a parlare per tre ore. Mi raccontò che a 29 anni aveva fatto un tour in Israele, era andata in un kibbutz, aveva fatto volontariato e si era innamorata di un israeliano. Hanno girato il paese, hanno fatto l’autostop e sono rimasti lì per tre mesi e mezzo. Lei era più di una semplice turista.

Quando ho parlato con lei a casa mia, mi è sembrato di parlare con mia madre. Sentivo che era una persona della mia tribù. Sentivo che conosceva i dettagli di ciò che significa essere ebreo. Quindi ho pensato che sarebbe stata un’opzione straordinaria per interpretare Golda, oltre al fatto che è una delle migliori attrici del nostro tempo. Con rispetto parlando.

Penso che Coda – I segni del cuore trent’anni fa sarebbe stato probabilmente interpretato in modo diverso. E quando vedo Coda con persone con problemi di udito, lo rende molto più autentico. E penso che oggi Rain Man – L’uomo della pioggia non avrebbe Dustin Hoffman o Dallas Buyers Club non avrebbe Jared Leto. Sono d’accordo, ma personalmente ho pensato che Helen fosse perfetta per interpretare Golda, soprattutto dopo che abbiamo avuto la benedizione della famiglia.

Cosa voleva che il pubblico capisse del fatto che Golda è una donna che ricopre quella posizione di potere?

La mancanza di rispetto e l’approccio misogino di quei comandanti e del suo staff nel 1973 era spregevole. Lo si vede quando si prende la colpa perché nessuno ha abbastanza coraggio e rispetto per dire: “È colpa mia”. L’ha fatto perché era una donna, era più anziana e non proveniva dall’ambiente dei Sabra. Penso che se non fosse stata una donna, non sarebbe andata così. D’altra parte, è una pioniera, ha aperto la strada ad Angela Merkel, Margaret Thatcher, Hillary Clinton e molte altre. Credo che la sua caduta e il fatto che fosse la persona sbagliata, nel momento sbagliato e nel posto sbagliato abbiano influenzato il modo in cui le donne vengono trattate in politica in Israele.

Come mai l’uscita del film avviene proprio mentre gli israeliani protestano contro il tentativo dell’attuale primo ministro di riformare il sistema giudiziario?

Il governo di Benjamin Netanyahu – un governo estremista, direi – sta portando il paese verso il caos. Ci sta portando alla catastrofe. È praticamente quello che è successo nel 1973. Quando sono andato a manifestare con mio padre, i miei amici e la mia famiglia, ho incontrato alcuni reduci della guerra dello Yom Kippur che indossavano una maglietta che diceva: “Ho combattuto la guerra dello Yom Kippur e ora combatto per la democrazia, di nuovo”. Ma questa volta non abbiamo i nemici intorno a noi che cercano di ucciderci. Siamo noi stessi ad ucciderci dall’interno.

La cosa positiva è che i giovani si sono svegliati. In Israele la gioventù si è svegliata e, insieme alla vecchia generazione, si vedono centinaia, migliaia di persone che scendono in strada, ogni singolo Shabbat. Spero davvero che l’alta corte invalidi ciò che Benjamin Netanyahu sta cercando di fare, e spero che il suo governo obbedisca alla sentenza. Golda credeva nell’alta corte, credeva nel sistema.

Traduzione di Pietro Cecioni