Monica Guerritore, la notte di Roma e l’alba dell’Oscar: “Sì, farò il primo film della storia su Anna Magnani”

L'attrice sarà anche regista della pellicola, dal titolo Anna – Una voce umana, le cui riprese inizieranno a fine marzo. L'annuncio nel giorno di un premio al Lido insieme a Jane Campion, Ilaria Capua, la regista Kaouther Ben Hania e la presidente di Cinecittà Chiara Sbarigia

“Sono in treno! Ma proviamoci. Se cade la linea ci risentiamo!”. Intercettiamo Monica Guerritore sul treno diretto a Venezia. L’attrice riceverà il premio Women in Cinema Award, riconoscimento curato e prodotto da Claudia Conte, oggi pomeriggio all’Italian Pavillion dell’Hotel Excelsior del Lido. Insieme a lei il premio Oscar Jane Campion, la ricercatrice Ilaria Capua, la regista e sceneggiatrice Kaouther Ben Hania e la presidente di Cinecittà Chiara Sbarigia.

“Un premio al femminile”, sottolinea Guerritore. “Il contesto giusto dove rimettere al centro Anna Magnani”. Sì perché l’attrice e regista a Venezia 80 annuncerà anche la data dell’inizio delle riprese del film, Anna – Una voce umana, prevista per fine marzo 2024. Una pellicola – alla cui revisione della sceneggiatura ha contribuito Andrea Purgatori – dedicata all’icona del cinema italiano, di cui qui quest’anno ricorrono i cinquant’anni dalla scomparsa, per la quale verrà anche lanciata una raccolta fondi sulla piattaforma americana Kickstarter in Italia e nel nord America. “È il primo film al mondo su Anna Magnani, non è mai stato realizzato prima”.

Emozionata?

Più che emozionata, non vedo l’ora di cominciare! Ho affrontato un anno di difficoltà. Siamo arrivati all’inizio della preparazione, ma abbiamo bisogno di altre risorse per fare il grande film che si merita Anna Magnani. Al Lido lanciamo un’iniziativa, attraverso la piattaforma americana Kickstarter, che può essere anche da apripista per altre produzioni indipendenti, per autori e registi.

Che ruolo ha avuto Andrea Purgatori?

Ha revisionato la sceneggiatura. Ne avevo fatto delle letture pubbliche condividendo con il pubblico la nascita del film in teatri e piazze sempre piene. E adesso siamo finalmente pronti a prepararlo. In una di queste serate al Quirino di Roma, lo scorso febbraio, Andrea si è innamorato della sceneggiatura e si è offerto di collaborare alla sua seconda stesura dello script, che è stato approvato dal MIC per un contributo dal ministero della cultura. Quindi abbiamo il contributo ministeriale e adesso, per la prima volta, faccio questa campagna di raccolta fondi mondiale in Italia e prevalentemente nel Nord America, dove Magnani è adorata.

Secondo lei per quale motivo in tutti questi anni nessuno ha mai provato a fare un film su Anna Magnani nonostante sia amata in tutto il mondo?

Perché ci voleva e probabilmente con grande umiltà. Inoltre ci sono personalità – e qui riprendo il discorso di Pierfrancesco Favino – talmente impastati nelle radici della loro lingua che devono essere interpretati da italiani. Cioè da un’interprete, un regista o un autore che abbia la testa del personaggio nelle mani. Probabilmente è per questo motivo che la figura di Magnani non è mai stata affrontata prima. E questo nonostante le dichiarazioni pubbliche di attrici come Meryl Streep, di Helen Mirren, Susan Sarandon che hanno sottolineato come sia stata un faro per loro e le loro carriere.

Il film si concentrerà su un particolare periodo della sua vita e carriera?

Sì, il marzo del 1956. La notte in cui Anna Magnani aspetta di sapere se ha vinto l’Oscar per La rosa tatuata. Vincerà all’alba. Un’alba luminosa e brevissima, perché da lì comincia il suo inaspettato declino. La curva improvvisa del destino, il cinema che cambia e la emargina. Quindi è un film che diventa anche politico. Le difficoltà di una donna sola, senza un produttore accanto, con il suo volto difeso, con la forza e il coraggio della personalità e il talento che hanno dovuto scontrarsi contro un sistema che cambiava.

Oltre ad esserne protagonista e sceneggiatrice sarà anche regista?

Sì, come fanno i maschi (ride, ndr).

Ha avvertito una discriminazione nel corso della sua carriera?

Assolutamente sì. E questa è anche la prima battaglia che cerca di fare Anna Magnani. La fa cercando di difendere il proprio talento, scrivendo sceneggiature e lavorando sui personaggi. Ma a un certo punto diventa ingombrante, dà fastidio. Ho sentito, come tutte noi sentiamo, che è necessario recuperare moltissimi anni. Non dobbiamo avere paura di affermare il nostro talento, di pretendere le cose che pensiamo di poter pretendere, senza doverci in qualche modo scusare di questa forza. La forza ci serve per mettere i nostri progetti davanti al pubblico e realizzarli. Non siamo abituate a farlo, ma come diceva Oriana Fallaci: “Non ho mai chiesto scusa per il posto che occupavo”. Nella mia vita non ho mai voluto chiedere scusa. Ho fatto regie teatrali, ho scritto testi e non ho chiesto scusa nel farlo.

Per la preparazione del film e di quella notte del 1956 ha già iniziato a lavorare all’aspetto visivo?

Certo: abbiamo fatto i sopralluoghi. Anna Magnani aveva una natura notturna. Le sue notti, le sue camminate, i suoi gatti. E poi anche le sue cavolate a notte fonda che hanno dato spunto per le famose scene in di Federico Fellini in via Veneto. È lei che guidava questo piccolo plotone di nottambuli che disturbavano via Veneto (ride, ndr). In quella notte dove aspetta la cosa più bella che possa accadere a un’interprete, vincere l’Oscar, da questi angoli di Roma emergono improvvisi i ricordi di quello che l’hanno fatta e quello che è. C’è un passato che è radicato dentro la Roma arcaica, il Teatro Marcello, Campo de’ Fiori, il ghetto, i ponti e l’alba in una Piazza del Popolo meravigliosa, vuota, con le due chiese gemelle sul fondo.

È lì che lei saprà dal popolo di Roma che ha vinto l’Oscar. Non è a casa. Non aspetta vicino a quel telefono nero che è rimasto muto quando ha girato con Roberto Rossellini che la stava lasciando. Non aspetta lì, perché quel telefono nero è dolore. Si alza e se ne va. Questa è stata la mia intuizione, da lì è nato il film in tre colori: la lunga notte piena di ombre e chiaroscuri, l’alba luminosa e magica e questo giorno che diventa accettante e che la emargina. Nasce il cinema dove gli attori venivano presi dalla gente della strada. Il professionismo – l’attore e l’attrice – era diventato ingombrante. È lì che nasce la crisi del mestiere dell’attore.

C’è già qualche nome confermato che l’accompagnerà?

Ho già gli interpreti, ma stiamo definendo. Ho un grandissimo direttore della fotografia: Fabio Zamarion. La mia è l’intuizione, lui la renderà immagine.

Se dovessi descrivere con una parola il suo film quale sarebbe?

Magnani! Racchiude tutto.