The Equalizer 3, la recensione: oltre ai cliché italiani (non) c’è di più

Antoine Fuqua dirige per la terza volta Denzel Washington, spostando la star internazionale e la saga tratta dalla serie Un giustiziere a New York nel Bel Paese. Citando Gamorra e prevedendo, a suo modo, lo scudetto del Napoli

Ne sentirete tante sui cliché di The Equalizer 3. La barista (l’italiana Gaia Scodellaro) che porta coattamente un cappuccino al protagonista Robert McCall, interpretato dal due volte premio Oscar Denzel Washington, al posto del suo confortante e ritualistico thé. La “mafia unificata” che vuole insieme camorra, ‘ndrangheta e tutta la criminalità organizzata sotto lo stesso ombrello.

Anche la vita periferica – e campana – sembra uscita da un quadretto immacolato acquistato da qualche turista oltreoceano sulla costa di Amalfi, in cui si sono svolte buona parte delle riprese, tralasciando negozi che vanno in fiamme e guappi minacciosi in moto.

Forse l’errore più clamoroso di The Equalizer 3 è aver citato Gomorra quasi senza volerlo, come dice l’attore Andrea Dodaro, interprete del cattivo Marco Quaranta. C’è un certo sconcerto nel sentir pronunciare la frase “Sta senza pensieri” nel film ad alto budget statunitense, dando l’impressione che essere didascalici non è mai abbastanza.

Lasciando da parte Ciro Di Marzio e Gennaro Savastano, l’idea di mettere sotto una sola ala tutto il marcio di Cosa Nostra è la cartina tornasole che offusca certamente la ragione dello spettatore italiano, già prevenuto nel vedersi rappresentato come il solito “pizza, pasta e mandolino”, e facendogli trascurare la vera anima del terzo capitolo della saga. O, almeno, quella che sarebbe potuta essere.

The Equalizer 3, un film buono o uno cattivo?

Se il primo The Equalizer, tratto dalla serie anni ottanta Un giustiziere a New York, era l’espressione del classico action, mentre il secondo tentava ulteriormente di spettacolarizzare il racconto con un’insofferente tempesta finale in stile disaster movie, con la terza opera Antoine Fuqua ha virato verso il cinema di genere. Il thriller più oscuro, il noir dall’anima sporca.

Denzel Washington in The Equilizer 3

Denzel Washington in The Equilizer 3

Poco convenzionale, vista l’ibridazione col blockbuster, ma con l’intenzione di prendere da quei film brutti e cattivi in cui il confine tra giusto e sbagliato dà il tormento al protagonista. Lo stesso che alla domanda “Sei un uomo buono o uno cattivo?” del medico Enzo, impersonato dal nostro Remo Gironi, fa rispondere “Non lo so” al Robert McCall di Washington.

La sequenza iniziale faceva promettere bene per The Equalizer 3: non staccando mai la camera da presa dalle atrocità causate dal protagonista, l’obiettivo inquadra crani spaccati, ossa spezzate e sangue che si mescola al vino di una tenuta siciliana, cuore dell’operazione criminale al centro della narrazione.

Il carnefice di quello che sembra essere diventato un mattatoio è proprio McCall. Gole tagliate, intestini tirati fuori, arti maciullati. Una scena al limite del gore a cui seguono diverse dissolvenze in nero e sporadici momenti di lucidità, che segnano l’arrivo del protagonista nella cittadina di Altomonte e il suo periodo di guarigione, rimasto ferito da un proiettile imprevisto che l’ha colpito in terra sicula.

Insensatezze adrenaliniche e scudetti preannunciati

Per la sua prima parte The Equalizer 3 sembrava potersi smarcare dal solo racconto d’azione, costruire un alone di mistero attorno a un personaggio di cui il pubblico sa già tutto, ma è un estraneo agli abitanti del paese in cui si nasconde.

Presto però la pellicola si ricorda il suo posto nell’immaginario cinematografico, e si rende conto che non può continuare a scappare per sempre, riprendendo con insensatezze adrenaliniche, con eccessi nella trama, nonché con piani criminali che porteranno inevitabilmente il buono a sconfigge il cattivo. Ed era proprio qui che il film avrebbe potuto trovare la sua chiave, andare in profondità nel chiedersi: chi è davvero il buono? E chi il cattivo?

Quel “non lo so” di Robert McCall, la domanda più interessante della pellicola, non viene reiterata per il resto del film, mostrando poca coerenza nella sceneggiatura. Non importa quanto Denzel Washington gigioneggi, sentendosi ancora un po’ come nel Macbeth di Joel Coen: l’attore è tornato a fare un film per il largo pubblico che, però, non è detto che al grande pubblico piaccia.

Forse l’identità di Robert McCall doveva rimanere davvero celata in quel di Altomonte, come potrebbe fare adesso il protagonista se Fuqua deciderà di mettere un punto alla saga (il terzo capitolo dovrebbe essere quello “finale”, ma a Hollywood non si sa mai). È ciò che la conclusione lascia intendere e potrebbe essere un auspicio. In fondo, a suo modo, The Equalizer 3 aveva predetto anche la vittoria dello scudetto del Napoli. Vedere – se dovete – per credere.