Tutto insieme, tutto adesso: la fine dello sciopero di Hollywood tra set che ripartono e rischio domino

Deadpool 3 e il sequel de Il Gladiatore, Stranger Things e White Lotus: tra dicembre e gennaio ripartiranno le produzioni che erano state bloccate dalla mobilitazione americana. Ora comincia la partita a scacchi delle uscite in sala, per evitare il sovraffollamento post-pandemico. Liberi tutti ai festival, nella stagione di premi più affollata della storia

Fine dei picchetti, Hollywood torna a lavorare. Anche se mancano ancora un paio di passaggi all’ufficialità dell’accordo tra attori e studios – venerdì 10 novembre il consiglio nazionale della SAG-AFTRA voterà per la ratifica del testo, sottoposto in seguito all’approvazione dell’intera associazione – l’emergenza che ha paralizzato il cinema e la tv americana è di fatto cessata. A fare da (incoraggiante) precedente è il caso degli sceneggiatori: in sciopero dal 2 maggio, dopo aver raggiunto l’accordo a settembre, gli autori sono tornati al lavoro prima che la ratifica del contratto fosse completata.

Inverno 2023, il ritorno dei set di Hollywood

La prima conseguenza dell’accordo, se confermato, sarà la ripresa dei lavori sui set bloccati dallo sciopero. Non sarà un via libera immediato: considerando tra le tre e le sei settimane di preparazione e pre-produzione, e il periodo festivo del Ringraziamento (23 novembre), i set di Hollywood dovrebbero realisticamente ripartire tra fine novembre e i primi di dicembre, o addirittura a gennaio secondo le previsioni degli Studios.

Tra le prime pellicole finite in panchina, Deadpool 3 con Ryan Reynolds e Hugh Jackman, e il sequel de Il Gladiatore di Ridley Scott con Paul Mescal, Pedro Pascal e Denzel Washington, potrebbero essere anche le prime a riprendere la produzione. Pronti a (ri)partire anche Beetlejuice 2 di Tim Burton, a cui mancherebbero solo 2 giorni di riprese, Juror No.2 di Clint Eastwood e Venom 3 di Sony, oltre al film sulla Formula 1 di Apple con Brad Pitt, girato in gran parte in Europa. Per quanto riguarda il piccolo schermo, Abbott Elementary, The White Lotus e Yellowjackets sono le prime serie ad aver beneficiato del ritorno al tavolo di scrittura degli sceneggiatori, e dunque – con ogni probabilità – tra le prime pronte a tornare sul set per “chiudere” gli episodi. 

La fretta è grande anche per Stranger Things, letteralmente in lotta contro il tempo per evitare di ritrovarsi con personaggi adulti al posto di adolescenti: Millie Bobby Brown festeggerà 20 anni a febbraio, Finn Wolfhard ne farà 21 a dicembre mentre Joe Keery, di dieci anni più grande del suo personaggio, va ormai per i 31.

Joe Keery in una scena di Stranger Things

Joe Keery in una scena di Stranger Things

L’economia che gira: attenzione all’effetto domino

Far ripartire i set, naturalmente, significa anche rimettere in moto un pezzo importante dell’economia: quella della California, che secondo il governatore Gavin Newsom avrebbe perso più di 5 miliardi di dollari e 45.000 posti di lavoro in sei mesi di sciopero, e in misura minore anche quella dei paesi che ospitano le produzioni americane – come l’Italia, resa negli ultimi anni estremamente attrattiva per Hollywood grazie ai cospicui vantaggi fiscali.

Altro paio di maniche la distribuzione dei titoli che saranno ultimati in questi mesi. L’obiettivo, per gli Studios, sarà quello di evitare il cosiddetto “effetto domino” del dopo pandemia, che portò in sala un blockbuster dopo l’altro diminuendo l’emivita dei singoli film, schiacciati dopo poche settimane dal colosso successivo. L’estate cinematografica è salva, insomma, ma per vedere alcuni titoli (Dune 2Godzilla x Kong: The New EmpireKraven, Lord Of the Rings: The War Of The Rohirrim) bisognerà aspettare comunque l’anno prossimo.

Paul Atreides (Timothée Chalamet) in una scena di Dune - Parte Due

Paul Atreides (Timothée Chalamet) in una scena di Dune – Parte Due

Un’affollata stagione di premi

Gli attori torneranno a calcare i red carpet, a firmare contratti (il rischio, adesso, è quello dell’”overbooking”, come dichiarato dall’amministratore delegato del gruppo Endeavor Ari Emanuel, preoccupato di non riuscire a trovare uno spazio nell’agenda delle star), ad accompagnare la promozione dei film e quella di se stessi, nella stagione di premi più affollata della storia. Scivolati da settembre a gennaio per via dello sciopero, gli Emmy Awards si uniranno ai Grammy, agli Screen Actors Guild Awards e agli Oscar in 55 giorni di fuoco, tra il 15 gennaio e il 10 marzo, in cui tutti premieranno tutti in un diluvio di parole e flash.

Tirano infine un sospiro di sollievo i grandi eventi e i festival internazionali. Tre momenti passeranno alla storia: il San Diego Comic-Con disertato dalla Marvel lo scorso giugno, la première di Oppenheimer con il cast che rinuncia a parlare il giorno prima dello sciopero e la gran rinuncia della Mostra di Venezia 2023, che ha dovuto fare a meno del film di apertura The Challengers di Luca Guadagnino per l’assenza delle star (tra cui Zendaya).

Una scena di Challengers

Una scena di Challengers

Tutto bene, dunque? Non proprio. Altri scioperi infatti si delineano all’orizzonte, quello degli attori dei reality e quello dei performer coinvolti nel settore dei videogiochi – doppiatori, interpreti e stuntman che in questi mesi si sono uniti ai picchetti dei colleghi chiedendo paghe maggiori e protezione della propria immagine nell’uso delle intelligenze artificali. Nel 2024 gli Studios negozieranno anche con la loro associazione, l’International Alliance of Theatrical Stage Employees, di cui fanno parte anche gli effettisti visuali della Marvel.

Un picchetto tira l’altro: l’impressione è che dell’iceberg si sia vista, per ora, solo la punta.