Neve alle Azzorre, così la lotteria dei disperati della cocaina scala le classifiche Netflix

Il sogno di evasione da una vita di stenti, ma anche una scia di omicidi, overdose, violenze a catena che trasformano i buoni in cattivi: la serie "romantic punk" creata e scritta da Augusto Fraga (ma fondata su cronache vere) vola nelle top ten di oltre trenta paesi

Giugno 2001. Un veliero di 14 metri parte dal Venezuela e attraversa l’Oceano. Trasporta oltre 500 mila chili di cocaina pura all’80 percento. Valore stimato in euro: 40 milioni. A bordo un narcotrafficante italiano, con accento siciliano. Nel cuore di una tempesta violenta, a largo delle isole Azzorre, il timone si rompe e la nave rischia di affondare.

Quando la tempesta si placa, il veliero giunge a riva, nel piccolo porto di Rabo de Peixe: 7500 anime, una diga in cemento, una flottiglia di pescatori. Decine e decine di balle di droga vengono nascoste in una cala, prima di attraccare a terra.

Cocaina “involontaria” alle Azzorre

Ma il mare prende e il mare restituisce. E così, mentre il narcotrafficante è a riva e cerca di riparare lo yacht prima di ripartire, la droga dilaga. Ondeggia, galleggia, segue la corrente e invade la riva. In parte la recupera la polizia locale. In altra parte, la gran parte, gli abitanti del paese arrivano presto e fanno razzia. E il paesello depresso e sperduto in mezzo all’Atlantico diventa un luogo di anime in pena travolte dalla dipendenza e dal narcotraffico improvvisato della “cocaina involontaria”.

È tutta vera la storia di cronaca da cui parte Neve alle Azzorre, già al centro di inchieste giornalistiche su quotidiani come Publico, El Pais e The Guardian. La serie Netflix creata e scritta da Augusto Fraga, prodotta da UKBAR Filmes e diretta da Patricia Sequeira si rivela un successo sonante: vola in classifica in oltre trenta paesi, seconda stagione già in produzione. Uno streaming in formato snack: sette puntate da una cinquantina di minuti. Si beve facile. Niente di davvero imprevedibile accade.

Gli stereotipi non mancano: sui migranti, sulle donne e sull’Italia mafia e spaghetti. Una finta serie d’autore, ben contraffatta. Misteriosamente, alla fine, resta un buon sapore da merendina del supermercato.

Quattro ragazzi dalla vita segnata

La serie sceglie uno dei due punti di vista possibili della storia, integrando il secondo senza perdere il fuoco. Lascia sullo sfondo (senza perderla di vista) l’inchiesta sul traffico internazionale di cocaina sulla tratta Sudamerica-Europa e abbraccia il destino dei quattro ragazzi dalla vita segnata su cui cade una neve fatta di droga che stravolge il panorama.

Eduardo, un pescatore orfano di madre e con un padre malato, che sogna l’America e nasconde un amore. Silvia, tank girl dai capelli fucsia, che noleggia VHS e fuma erba, partecipando a concorsi di bellezza con un viaggio oltreoceano come premio. Rafael, stella del calcio locale, che vive di piccola delinquenza e grande cuore. L’amabile Carlinhos, animale semplice, ragazzone omosessuale che si divide tra il coro della chiesa e avventure clandestine con uomini senza nome, fino a scalare la relazione impossibile con il prete del paese.

Una Beverly Hills capovolta

In questa Beverly Hills capovolta, in un angolo di mondo destinato a non fare nessun rumore, la droga non richiesta diventa un problema vestito da soluzione. La lotteria della cocaina spalanca il sogno di evasione da una vita di stenti già scritta. Ma disegna una scia di omicidi, overdose, violenze a catena che trasformano i buoni in cattivi e precipitano, a ogni tornante del racconto, la situazione.

Nel guardia e ladri classico di ogni serie o film d’azione, non manca la piccola compagnia della polizia locale, dove si celebra la festa dell’inutile sequestro parziale della “roba” e dove arriva dalla lontana Lisbona una commissaria che prova a ricomporre i pezzi di un mosaico straccione, che nella scia grande del traffico intercontinentale insegue la rete di microtraffico degli ex bravi ragazzi che sognano, con lo spaccio, la loro grande occasione.

Sono lontani dalle creature magiche di Antonio Tabucchi in Donne di Porto Pim i giovani disperatamente sognanti di questa nuova serie tv easy cool. E però, va detto, si lasciano benvolere e perdonare. Per quella malinconia tragica che accarezza ogni provincia d’universo. Per quel condono morale che riserviamo, almeno in letteratura, a chiunque parta da un destino infame. Per quel susseguirsi di miracoli e incidenti in cui si impiglia e disincaglia continuamente la trama. Per quel sapore di fumetto romantic punk che mantiene la storia anche quando si imbizzarrisce e si inabissa nella banalità a tutti i costi da ostinato noir.

Strade a picco e processioni

E poi per l’isola di Sao Miguel, più di tutto e dappertutto. Vera protagonista, con la sua roccia nero vulcano, strade a picco tra il verde e il mare, le processioni, le madonnine, i pescherecci, le mucche, le balene. Con immagini dall’alto, droni in movimento, dettagli in primissimo piano che portano vento alla scena. Continuamente consolano da alcune delusioni del racconto e, nonostante una fotografia sparata che toglie meraviglia, risarciscono per intero il prezzo del biglietto.

E così, nonostante tutto, si ripete quell’incantesimo d’estate. Il sogno di spiaggiarci in mezzo al niente, tra gli scogli di un posto magnifico da cui tutti vogliono scappare. E capire come funziona uno spazio da cui non si può andare via. Quel bilancio sempre in perdita tra bellezza e povertà. Cosa vince e cosa perde chi si mette in testa di sfidare il mare. Cosa trova dall’altra parte della vita. Se la risposta o la fine.