La spada e lo scudo, le due anime della stessa rivoluzione: così MLK/X racconta Martin Luther King Jr e Malcolm X

Uomini, compagni, padri, mariti, persone con pregi e difetti, desideri e ambizioni, meschinità e debolezze. Leader solo in apparenza contrapposti, diventano protagonisti della nuova stagione della serie Genius, alla riscoperta degli uomini dietro le icone. A dare loro nuovi volti sono i giovanissimi Kelvin Harrison Jr e Aaron Pierre

“La spada e lo scudo”, l’aggressione e la difesa, la violenza e la pace: sono i due ruoli che la storia ha affibbiato rispettivamente a Malcolm X e Martin Luther King, definendo al posto loro una contrapposizione, ideale e morale, che oggi ha sempre meno senso. Radicali entrambi, pur nella loro diversità, rappresentano due anime della stessa lotta, quella per i diritti civili negli anni Cinquanta e Sessanta.

La spada e lo scudo, perciò, è anche il titolo di un episodio e del libro biografico da cui è tratta MLK/X, la quarta stagione della serie antologica Genius. Il progetto di National Geographic (in Italia su Disney+) che attraverso rappresentazioni accurate rimette in scena le vite di grandi personaggi della storia.

La storia si fa in due

Per la prima volta – dopo Einstein, Picasso e Aretha Franklin – Genius si sdoppia, proseguendo su due binari che si incrociano solo una volta, nel 1964, quando Malcolm X e Martin Luther King si incontrano a Washington, al Senato. A interpretare il primo è Aaron Pierre, che con i suoi occhi chiari e la spiccata altezza restituisce subito l’immagine imponente e lo sguardo austero del leader. È Kelvin Harrison Jr, invece, a interpretare Dr. King, non solo facendo suo il ritmo e la cadenza da predicatore del reverendo, ma modellando un personaggio fragile e complesso.

Kelvin Harrison Jr. nel ruolo di Martin Luther King Jr. in GENIUS: MLK/X. (National Geographic/Richard DuCree)

Kelvin Harrison Jr. nel ruolo di Martin Luther King Jr. in GENIUS: MLK/X. (National Geographic/Richard DuCree)

Lo scopo della serie di National Geographic è chiaramente divulgativo. Gli otto dettagliatissimi episodi, a tratti, sono appesantiti dalla precisione con cui vengono presentati nomi, personaggi ed episodi collaterali. Così densi da sembrare il doppio. Tuttavia hanno la capacità di rompere il muro intorno a due dei personaggi meno raccontati degli ultimi sessant’anni al cinema e in televisione, nonostante la loro ampia notorietà. I primi e fino a oggi unici biopic a loro dedicati sono Malcolm X di Spike Lee (1992) e Selma di Ava DuVernay (2014), se non si considerano un paio di documentari degni di nota a testa.

MLK/X cerca invece di ricostruire, immaginare o semplicemente rimettere in scena episodi della vita reale, privata oltre che pubblica, dei due uomini. Mostrandoli nella loro quotidianità, spiegandone l’infanzia, le origini e l’educazione ricevuta, la serie è anche in grado di dimostrare che sono molti di più i punti di contatto fra i due leader che i punti di contrasto.

Aaron Pierre nel ruolo di Malcolm X in GENIUS: MLK/X. (National Geographic/Richard DuCree)

Aaron Pierre nel ruolo di Malcolm X in GENIUS: MLK/X. (National Geographic/Richard DuCree)

Quasi per assecondare un pregiudizio del pubblico, la narrazione mostra prima le differenze fra uno e l’altro, prima di tracciare similitudini e parallelismi. Non è in primo piano il fatto che uno preghi Allah e uno Dio. O che uno predichi il ritorno di tutti i neri alla Madre Africa, contro il “diavolo bianco”, e l’altro rivendichi il diritto degli afroamericani alla cittadinanza nel paese in cui sono nati, non in quello dei loro antenati.

Sono uomini, compagni, padri, mariti. Persone con pregi e difetti, desideri e ambizioni, meschinità e debolezze. E infatti man mano che la narrazione prosegue, si fa sempre più sottile la linea che li separa. Lo scudo diventa spada (e viceversa), persino il segno grafico che oppone i loro nomi nel titolo, MLK/X,  alla fine sparisce.

L’altra metà del racconto: Coretta Scott King e Betty Shabazz

A unirli, in un certo senso anche dopo la morte, è il loro lascito, la forza con cui hanno instillato il bisogno di una rivoluzione, culturale prima di tutto, seppur con visioni diverse. Un’eredità custodita anche dalle rispettive mogli, Coretta Scott King e Betty Shabazz, che episodio dopo episodio si prendono sempre più spazio, ricordando al pubblico come anche loro furono attiviste in prima linea prima che consorti.

“Le donne sono la spina dorsale del movimento”, afferma Weruche Opia nei panni di Coretta Scott King e non a caso l’episodio “Matriarche”, tutto dedicato a lei e a Shabazz (Jayme Lawson), è al centro della storia, la sua chiave di volta.

Weruche Opia (Coretta Scott King) e Jayme Lawson (Betty Shabazz), in GENIUS: MLK/X. (National Geographic/Richard DuCree)

Weruche Opia (Coretta Scott King) e Jayme Lawson (Betty Shabazz), in GENIUS: MLK/X. (National Geographic/Richard DuCree)

Perché, ancora una volta, per capire gli uomini che sono stati Malcolm X e Martin Luther King è necessario andare oltre la “sacra icona” dei libri di storia, l’immagine inscalfibile che non può essere in alcun modo messa in discussione o interrogata. Bisogna almeno provare a immaginare quale riflesso vedevano nei loro specchi,  quali emozioni provavano. O persino come hanno amato e come sono stati amati.