Gloria in Excelsis. Ossia, tutte le verità di Vittoria Schisano: “Se fossi un regista mi chiamerei per interpretare una santa”

Parla la protagonista della nuova serie Netflix La vita che volevi, diretta da Ivan Cotroneo. "Gloria è una donna che, come tutte le altre, si permette di sbagliare, ha i suoi pregi e i suoi difetti. Il fatto di essere anche una donna che ha fatto un percorso di transizione è solo una delle sue infinite sfumature". L'intervista di THR Roma

“Oggi sto vivendo davvero la vita che volevo”: è quello che dice Vittoria Schisano, seduta elegantemente sul divano di casa. Schisano è il volto del nuovo e atteso lavoro di Ivan Cotroneo che ha per protagonista, per la prima volta, una donna AMAB (Assigned Male At Birth, acronimo utilizzato per uomini cisgender, donne transgender, persone non binarie assegnati maschi alla nascita, ndr). La vita che volevi è il titolo della serie tv in onda su Netflix e scritta dallo stesso Cotroneo con Monica Rametta e prodotta da Banijy Studios Italy.

Vittoria Schisano, attrice e autrice di libri è nata a Pomigliano d’Arco nel 1977 e rinata nel 2014 a Barcellona, in una clinica privata dove ha completato il suo percorso di transizione. Volto familiare al pubblico italiano per aver raccontato la sua storia in un libro e in più salotti televisivi, ha vestito in maniera del tutto naturale i panni di Gloria Priori, l’eroina della miniserie dal sapore melodrammatico che punta a diventare un apripista nel modo di raccontare le persone transgender.

Vittoria Schisano

Vittoria Schisano

Come è iniziata questa sua collaborazione con Ivan Cotroneo?
È cominciato tutto con una chiacchierata. Ivan mi ha cercata e detto che voleva parlarmi. Io lo raggiungo per un caffè, dove mi dice di aver pensato a me come protagonista per questa sceneggiatura. Dicendomi però che avrebbe fatto dei provini, perché Netflix avrebbe voluto vedere anche delle altre opzioni.

Cosa l’ha convinta ad accettare il ruolo della protagonista?
In un primo momento per me era soltanto un lavoro, un copione da leggere. Appena ho letto la sceneggiatura ho subito capito che era un’enorme occasione, non solo per me come attrice, ma proprio come persona AMAB. La narrazione di questa storia veniva fatta in un modo nuovo, per la prima volta nella cinematografia italiana un personaggio AMAB non solo era protagonista, ma veniva raccontato senza nessun tipo di pregiudizio.

Chi è quindi Gloria, la protagonista di questa serie?
È una donna risolta e risoluta. È una professionista, è laureata, ha la sua vita a differenza delle altre storie che avevo guardato in televisione e che sono state raccontate fino adesso. Storie dove la donna AMAB viene sempre raccontata ai margini della società, una donna ghettizzata, quasi come se non si volessero raccontare delle storie, uso una parola che non mi piace, capaci di normalizzarle.

Gloria invece è una donna, che come tutte le altre, si permette di sbagliare, ha i suoi pregi e ha i suoi difetti, commette i suoi errori. Il fatto che sia anche una donna che in passato ha fatto un percorso di transizione è soltanto una delle sue infinite sfumature. È quello che dovrebbe valere per tutti i personaggi, ma anche per tutte le persone, perché poi non siamo la nostra identità, siamo anche la nostra identità ma è una parte veramente piccolissima. Dovremmo essere giudicati e valutati per le azioni che commettiamo, per i pensieri che formuliamo e non sicuramente per l’identità che ci portiamo addosso. La storia di Gloria invece in questo senso è rivoluzionaria.

Cosa ha fatto per convincere Cotroneo che lei era perfetta per quel ruolo?
Del mio meglio. Mi sono fidata di lui e mi sono affidata a lui perché magari su alcuni punti potevo avere anche una visione diversa del racconto e anche del personaggio. Faccio parte di quelle attrici che pensano che il film sia del regista e quindi ho rispettato questa cosa sin dal primo momento e non me ne pento, perché sono uscita anche un po’ fuori dal mio seminato. A volte magari mi sono fidata più dei suoi occhi che dei miei e non per questo non ho portato verità al personaggio.

Vittoria Schisano e Ivan Cotroneo

Vittoria Schisano e Ivan Cotroneo

Quanta Vittoria c’è in Gloria?
Io non penso di aver recitato. Ho vissuto quelle esperienze, ho vissuto quelle emozioni attraverso Gloria e è proprio così che mi sono approcciata al personaggio. Certo non facevo altro che studiare perché io faccio questo mestiere perché lo amo. Ho preso lezioni di canto perché sicuramente il canto non è fra i miei skill meglio riusciti. Io volevo che Gloria avesse la mia voce e così è stato, perché poi io sono una tignosa.

Gloria che canta Gloria di Umberto Tozzi, Miranda Priestly de Il diavolo veste Prada direbbe: Avanguardia pura!
Beh, è un evergreen!

Magari farà anche parte dei suoi ascolti musicali?
No, ma ci sono tante altre canzoni all’interno della serie che fanno parte del mio immaginario. Luigi Tenco fra questi. Ivan mi ha accompagnato molto musicalmente. Ci sono delle scene non parlate, delle mie camminate, dei sottofondi in cui chiedevo a Ivan mentre giravamo se era possibile che mi sparasse invece a palla la musica che poi avrebbe montato sotto.  La musica nella vita mi fa sempre da colonna sonora. La mattina come prima cosa metto la musica. La musica mi trasporta in un mondo diverso, quindi a volte mi ha aiutato molto anche a entrare nelle motivazioni del personaggio.

Vittoria Schisano in una delle scene più sorprendenti de La vita che volevi, serie Netflix che la vede protagonista

Vittoria Schisano in una delle scene più sorprendenti de La vita che volevi, serie Netflix che la vede protagonista

Il suo personaggio ha scelto il nome Gloria, lei perché Vittoria?
Perché ho avuto la fortuna e il gusto di poter scegliere il mio nome e quando hai questa possibilità ti chiedi qual è il nome che più mi somiglia. Alla fine ce n’erano diversi che in qualche modo mi incuriosivano e tra questi non c’era Gloria. Un giorno stavo caricando la lavastoviglie mentre parlavo proprio dei possibili nomi che mi sarebbero piaciuti con una mia amica ad un certo punto mi propose proprio Vittoria. In quell’istante, quando mi sono sentita chiamare con quel nome, ho alzato la testa e ho detto: sono io Vittoria! Ovviamente me lo sono tatuato addosso perché è un nome che mi piace ma anche perché è un nome che significa tanto per me. Sono una persona che ha dovuto, con coraggio e fatica, confermare quello che è sempre stata e visto che si dice che il destino delle persone è nel nome che portano…

Quale è stata la sua più grande vittoria?
Sicuramente nell’essermi presa la vita che sognavo quando ero piccola.  Il vivere tutti i giorni senza una maschera, guardarmi nello specchio e riconoscermi. Il piacermi con tutti i miei difetti, con tutte le mie imperfezioni, non solo fisiche ma anche caratteriali. Prima di questa serie avevo un po’ più l’illusione di avvicinarmi alla perfezione, sia estetica che caratteriale mentre è giusto cambiare sempre. In fondo siamo tutti in continua transizione, in una continua evoluzione che speriamo ci migliori andando avanti, però poi secondo me migliori veramente quando impari a accettare anche i tuoi limiti. In questo percorso Gloria mi ha aiutato sicuramente.

Prima puntava molto sull’apparire iperfemminile, un cliché anche quello dell’immaginario collettivo?
In qualche modo sì. Per  quel che mi riguarda questa iperfemminilizzazione prima avveniva attraverso un trucco sempre super preciso, una piega super wow, perché la femminilità era un po’ nel mio immaginario adolescenziale. Quindi la cosa più facile per me era il tacco alto, i capelli lunghi e biondi, eccetera eccetera. Una femminilità forse un po’ più scontata o se volgiamo più banale.

E adesso che non è più adolescente?
Quando diventi adulta questa femminilità non appartiene solo al tuo corpo, ma arriva proprio nella tua anima. Quando sei adolescente ti esibisci, poi diventi adulta e ti capisci meglio e passi ad altro. Oggi lei mi vede con i capelli raccolti, con poco trucco, con una femminilità assolutamente non sottolineata, vestita con una semplice camicia over maschile perché adesso sono così consapevole, così adulta e così realizzata nel lavoro e nella vita privata che non devo dimostrare niente.

Magari deve dimostrare ancora di essere anche una brava attrice?
Esatto vorrei che da oggi si parlasse della mia arte, della mia professionalità d’attrice, di una donna che porta con sé dei messaggi di cui si fa carico attraverso quello che dice in un’intervista o i ruoli che sceglie di interpretare.

Vittoria Schisano nei panni di Gloria nella serie tv di Netflix La vita che volevi

Vittoria Schisano nei panni di Gloria nella serie tv di Netflix La vita che volevi

Ci sono alcune scene di sesso nella serie, ha avuto imbarazzo nel mostrarsi nuda?
Come attrice sono una che usa la verità e quindi non mi spaventa una scena di nudo, così come non mi spaventa una scena di forza. Se fai l’amore o del sesso, cosa che faccio normalmente, lo faccio nuda, non lo faccio vestita. È ovvio che in quel caso deve essere bravo il regista a raccontare quella nudità, perché un nudo non deve servire soltanto per tenere incollato lo spettatore per quei secondi. Un nudo deve essere raccontato e giustificato. In questa serie il mio corpo l’ho mostrato così come ho mostrato anche tutto il resto. Ci sono delle scene in cui non mi trovo particolarmente bella, però mi piacciono anche quei momenti perché raccontano una verità del personaggio. In quel caso magari vedo Gloria non vedo Vittoria, nel senso che non mi somiglio.

I flashback del passato di Gloria prima della transizione sono interpretati da Francesco Pellegrino. Rivedendoli che cosa ha provato?
Mi sono piaciute molto quelle scene. Non mi sono riconosciuta, perché ovviamente non appartengono al mio passato. Io non ho vissuto quelle cose, non ho un’amica del cuore con cui ho fatto un figlio, con cui ho fatto sesso e quindi quella è una trasposizione cinematografica di un personaggio, di una scrittura che non è la mia storia. Mi è piaciuto che ad aver interpretato Gloria nella vita di prima fosse Francesco perché mi piace fisicamente e come attore. Esteticamente mi somiglia anche molto, Ivan ha voluto anche che ci vivessimo in qualche modo perché voleva che Francesco acquisisse il mio modo di essere, la mia femminilità, il mio modo di comportarmi o anche semplicemente di camminare. Diciamo che l’ha acquisito in parte, perché il lato femminile di Francesco è veramente molto poco spiccato, tanto è vero che riesce ad essere testosteronico e piacente per una donna, anche se vestito da donna.

Ha realmente accarezzato l’idea di diventare genitore?
Ho una relazione con Donato da quasi otto anni ed è ovvio che quando sei in una relazione sana immagini il matrimonio, immagini la genitorialità. Il matrimonio ancora non c’è perché il mio compagno è in fase di separazione anche se poi di fatto ci comportiamo già come marito e moglie, siamo già una famiglia.

La genitorialità l’ho pensata molto in passato, per il momento mi sto godendo il mio presente, la mia relazione, il mio mestiere, e anche l’equilibrio che ho trovato con me stessa, perché è un po’ come quando fai delle capriole mortali, poi ti siedi e riesci a goderti tutto questo. Forse arriverà, forse no, non lo so, sicuramente adoro le famiglie numerose, se dovessi adottare delle figlie sarebbero tutte femmine, povero Donato (rivolgendosi al compagno): “Sarai coccolato e massacrato da una famiglia tutta al femminile”.

Forse in Italia, in questo momento, non sarebbe facile. 
Io per la legge italiana sono una donna a tutti gli effetti e quindi io posso adottare ma se lo volessero fare due lesbiche o  due gay non potrebbero farlo. Un controsenso. Io siccome mi sono guadagnata il mio status di donna, secondo quello che dice la legge ovviamente, ho anche il diritto di poter adottare dei figli.

Vittoria Schisano

Vittoria Schisano

Pensa che film o serie come questa possano aiutare a far cambiare la mentalità?
Può far riflettere e porre delle domande, avvicinare le persone laddove c’è un certo tipo di cultura o di politica che crea dei vuoti e vuole invece allontanare. Un film può essere molto più educativo, più di un comizio politico o di una lezione di storia, perché è importante sicuramente sapere da dove veniamo, ma è anche importante sapere chi siamo, così come è importante sapere chi è il nostro compagno di banco, chi è il nostro vicino di casa e imparare a rispettare queste differenze, imparare a capire che siamo tutti diversi, tutti unici e che queste differenze creano sempre ricchezza, mai un deficit.

La serie racconta anche di violenze subite. Le è mai capitato qualcosa del genere?
Vorrei poterle dire che non mi è capitato e invece sì. La scena della violenza è stata sicuramente la scena più complicata per me, perché ovviamente è fare i conti con un qualcosa che non vuoi vedere. Un qualcosa che vuoi mettere da parte ma è faticoso, si alzano dei muri, perché quando ti capita una violenza pensi sempre che sia colpa tua. Non ne ho mai parlato e ne parlo adesso perché anche grazie a Gloria ho imparato a fare i conti con i miei mostri, con delle cose che non volevo ricordare.

Alla fine però capisci che un’attrice non è soltanto una bella faccia che sorride, capisci che se sei un personaggio pubblico se hai la possibilità di raccontarti dovresti farlo sempre con verità, nel rispetto innanzitutto di chi ti leggerà, di chi ti ascolterà, perché ci sono tante persone a cui capitano delle esperienze e queste persone hanno bisogno di riconoscersi in qualcuno, hanno bisogno di credere, di pensare che non sono sole. A me è capitato ed è stata una cosa orribile e sicuramente mi sento in colpa verso me stessa perché in quel momento non ho denunciato, non mi sono difesa e adesso sarebbe troppo tardi farlo.

Cosa si fa in questi casi?
Sicuramente ripetermi che la colpa non era mia, che non sei stato tu a provocare, che non si è molestati o violentati perché si indossa il vestito troppo corto. L’unico rimedio che c’è è raccontarlo e oggi sento il dovere di farlo, perché se parlo di verità questa verità va detta.

Vittoria Schisano è la donna AMAB Gloria ne La vita che volevi

Vittoria Schisano è la donna AMAB Gloria ne La vita che volevi

Gloria nella serie è anche molto religiosa e praticante. La Chiesa però nella vita reale, in casi come questi, non è accogliente e comprensiva. 
Sarà un caso ma nel libro La Vittoria che nessuno sa, c’è un capitolo dedicato al mio prete che è una persona illuminata. Mi rendo conto anche che era una mosca bianca e che quando ho fatto coming out  con mia madre, che era vittima di pregiudizio perché aveva paura di quello che potesse dire la portiera o la vicina di casa, in realtà è stato Don Aniello, il prete che mi ha fatto tutti i sacramenti, a dire a mia madre “ma tu ti sei dimenticato di chi è tua figlia?”. Quindi ci sono dei prete illuminati ma capisco che sono ancora delle rare eccezioni.

C’è una parte importante della Chiesa che crea distanza. La stessa che dice che se non fai sesso per procreare non sei pura, che se fai sesso prima del matrimonio non sei pura, che se sei divorziata non sei pura, che se si appartiene alla comunità LGBTQI+ sei Satana. Alla fine chiudiamo le chiese e non facciamo entrare più nessuno oppure solo i bambini fino all’età di dieci anni perché dagli 11 già abbiamo dei dubbi.

Io stessa sono credente a modo mio. A volte mi capita di parlare con qualcosa, poi lo vuoi chiamare Dio, Gesù o in qualunque altro modo non importa. Vado anche in chiesa ma non quando c’è la messa e quindi non mi confesso, non faccio più la comunione perché non voglio sedermi ad una tavola dove non sono stata invitata.

Non sogna un matrimonio in chiesa?
Tutti i miei documenti sono cambiati, anche sull’estratto di nascita c’è scritto Vittoria, l’unico certificato che non è cambiato è quello del battesimo e io non voglio sposarmi in chiesa dicendo una bugia, magari dicendo che sono atea e rifacendo da capo la trafila di battesimo, comunione e cresima. Io mi sposerò appena sarà possibile e ho sempre pensato di farlo magari sotto al cielo, perché è lì che mi sento più in contatto con Dio.

Dopo Gloria cosa si aspetta possa succedere nella sua carriera?
Mi piacerebbe fare dei provini illuminati, leggere sceneggiature coraggiose. Se fossi un regista, se fossi un produttore, mi chiamerei  subito per interpretare una santa, perché è troppo facile essere la bella di turno e far innamorare il protagonista per poi scoprire a un certo punto che c’è una sorpresa. Serve un po’ di fantasia in più. Arrivano proposte, ma non ho la bulimia da lavoro, arrivano delle cose e qualcosa è stato già rifiutato perché ero stufa di un certo tipo di personaggi. Scrivo libri, l’ultimo Siamo stelle che brillano insieme ad Alessio Piccirillo. Una cosa è certa non mi vedrete al cinema o in televisione come mi avete visto in passato perché mi è capitato di fare cose e poi di vergognarmene, questo oggi non accadrà più.

Tipo? 
Il film Tutto tutto, niente niente di Antonio Albanese. Perché avevo un ruolo macchiettistico. Oggi non interpreterei mai più un personaggio che dice: “Io non sono una donna, sono un femminiello, mi chiamo Vittorio Anastasio“. Oggi sarebbe una cosa che non si può scrivere, non si può ascoltare, non si può interpretare. Io l’ho fatto perché era il mio primo film come Vittoria e avevo un mutuo da pagare. Certo, stiamo parlando di dieci anni fa, oggi c’è una consapevolezza diversa perché è cresciuta proprio la sensibilità del nostro paese e le parole hanno sempre un peso.

Un autore, giornalista, un titolista, o un personaggio pubblico ha la responsabilità di quello che dice e di quello che scrive. Non possiamo scrivere un personaggio o un titolo semplicemente per far ridere qualcuno, per creare prurigginosità o per acchiappare un like. Abbiamo la responsabilità di quello che diciamo e di quello che facciamo perché stiamo scrivendo la cultura del nostro paese.

Vittoria Schisano

Vittoria Schisano

Spera di diventare un esempio per la comunità LGBTQI+?
E’ una domanda troppo impegnativa, sicuramente oggi sono tante le ragazze e i genitori che mi scrivono dicendomi grazie perché sei un esempio nel quale io mi riconosco, esempi che io non avevo perché per me la narrazione che veniva fatta era sempre inquinata da un pregiudizio,  perché la donna AMAB è sempre raccontata come prostituta, malata, in ospedale, ai margine della società. Oggi il mondo sta andando avanti, dei passi avanti sono stati fatti, anche per questa rappresentazione, magari sarà anche per questa intervista che domani qualcuno leggerà e dirà ecco io sono come lei, io sto vivendo le stesse cose che ha vissuto lei.

Cosa le scrivono?
Mi ha chiamato un padre un po’ di tempo fa perché la figlia che oggi si chiama Vittoria, non a caso perché mi reputa un po’ la sua madrina, ringraziandomi perché attraverso me ha capito chi è sua figlia. Anche noi abbiamo bisogno di storie sane, di storie felici, di storie a lieto fine perché le persone hanno bisogno di crederci e bisogno anche di sperare, poi questo non vuol dire che io non abbia avuto i miei momenti no, non significa che io non abbia avuto le mie difficoltà nell’affermare me stessa, ma quale essere umano non ha difficoltà per affermare se stesso, ce l’abbiamo tutti.

Pensa che Vittoria abbia avuto più chance professionali dopo la transizione?
Sicuramente e per tanti motivi. Innanzitutto perché prima dovevo fare le capriole mortali per entrare in un mistero che non mi apparteneva e poi interpretare un personaggio. Oggi faccio metà del mio lavoro, perché interpreto dei ruoli che appartengono se non altro alla mia sensibilità, poi è ovvio che incontro i personaggi diversi da me. Per esempio se avessi la forza e il cinismo di Gloria vivrei molto meglio. Sicuramente oggi sono più vera, una donna libera e quindi un’attrice libera e questo si ripercuote su tutti gli aspetti della mia vita, compresa la mia professione.

Come titolerebbe questa intervista?
Mi fa una domanda a cui è veramente complicatissimo rispondere e che mi imbarazza anche. Magari “La vittoria di Gloria” oppure “La gloria di Vittoria oppure semplicemente “Oggi sono io”.