After The Long Rains, una favola africana per chi ancora si chiede “chi sarà da grande”

Al Riviera International Film Festival, dal 7 al 12 maggio a Sestri Levante, Damien Hauser (23 anni) presenta in concorso il suo terzo lungometraggio. Dal Kenya, un coming of age che sperimenta tra realismo e magia

Figure elementari, tracciate con dei pastelli colorati, disegni di bambini appesi in una scuola, sono i “cartelli “ che scandiscono l’avventura di Aisha. Damien Hauser, 23 anni, sceglie la formula del coming of age per il suo terzo lungometraggio, After the Long Rains, di cui cura anche fotografia, montaggio e sceneggiatura.

Attraverso la storia di una “bambina ribelle”, che insegue sogni e fantasie, trova anche il modo di riscoprire ed esplorare il suo Kenya, osservandone i personaggi con uno sguardo doppio. Lontano e vicino all’Occidente nello stesso momento.

Nel modo in cui Damien Hauser sperimenta con il ritmo e con il movimento di macchina, con le lenti utilizzate e con il montaggio infatti, After The Long Rains spazia dalla rarefazione dei ricordi alla vividezza dei documentari. E dal realismo al surrealismo, nello spazio e nel tempo di un’inquadratura.

“Chi sei? Chi sarai?”

Aisha ha dieci, forse undici anni, e non si è mai chiesta cosa farà da grande. Non ci ha mai pensato fino a quando non è diventato il suo compito per casa: immaginare un mestiere e parlarne con qualcuno che già lo fa. Aisha riflette e decide che vorrebbe diventare attrice, ma nel suo piccolo villaggio sulla costa non esiste nessuna che abbia tentato la stessa carriera. Bisogna andare in Europa per farlo. E per andare in Europa servono voti alti, serve essere intelligenti, le dice il maestro.

La bambina non coglie quel suo paternalismo e non si scoraggia. Se non ci sono attori, l’unica soluzione è cercare la persona più brillante del villaggio, perché – almeno secondo lei – qualcosa da insegnarle ce l’avrà.

Lo trova in Hassan (Bosco Baraka Karisa), un pescatore quarantenne e solitario, additato come il figlio del matto del villaggio. Con quel suo cappello di paglia calcato in testa, a fargli ombra su mezzo viso, sembra quasi un personaggio dei fumetti. Una figura misteriosa, che sfida il suo intelletto e da cui Aisha è immediatamente affascinata.

Eletricer Kache Hamisi in una scena di After the Long Rains di Damien Hauser, in concorso al Riviera International Film Festival

Eletricer Kache Hamisi in una scena di After the Long Rains di Damien Hauser, in concorso al Riviera International Film Festival

La bambina decide di imparare a pescare insieme a lui, perché pescando imparerà anche a guidare un barca e potrà navigare da sola verso l’Europa. La sua logica è fallace, da un punto di vista pragmatico, ma al tempo stesso è ben comprensibile: il pubblico è di fronte a una favola, con una sua morale e una sua magia.

Inseguendo sogni e mostri

Nei lunghi pomeriggi trascorsi in spiaggia e sulla barca con Hassan, Aisha impara soprattutto il valore della pazienza. Non si lascia convincere dal villaggio che la isola, perché sceglie “un lavoro da uomo” e “un lavoro da povero”.

Il suo sguardo e la sua determinazione sono rivolti ad altro. Ben presto, infatti, comprende anche che Hassan è ossessionato da qualcosa, da un leggendario pesce dorato che ha tormentato anche suo padre prima di lui. Nel modo in cui l’uomo insegue il mostro immaginario, riconosce lo stesso fuoco che la spinge a cercare qualcosa di più di quel che il villaggio le offre.

È allora che i due stringono la promessa di non rinunciare mai ciascuno al proprio sogno, nemmeno nei momenti più bui. Perché dopo le lunghe piogge, arriva sempre il sereno.