Glazer, Kaurismaki, Wenders, Triet o Ceylan? Ecco il toto-palme dei paradossi

Chi vincerà? Quella di Cannes 2023 è una giuria strana, che potrebbe fare scelte inattese: tra i bookmaker c'è chi punta sul glaciale Glazer, sarebbe bello trionfasse il finlandese, i rumors parlano di un'Italia a bocca asciutta. E intanto s'agitano le tifoserie...

È ora di pranzo sulla Croisette, e nessuno sa una mazza. In realtà, se potessimo intercettare le telefonate in uscita dal Palais di Cannes scopriremmo che in questo momento il direttore del festival Thierry Frémaux e i suoi scagnozzi stanno chiamando gente in mezzo mondo, implorandoli di tornare con il primo aereo. Già, i partecipanti al concorso sono (quasi) tutti tornati a casetta, perché nessuno rimane a Cannes dieci giorni, con i prezzi degli alberghi alle stelle. E ora che la giuria sta deliberando, man mano che i premi vengono decisi partono le telefonate ai premiati, che sono convocati senza dir loro cos’hanno vinto: può essere un premiuccio tecnico al miglior attrezzista, può essere la Palma d’oro. Funziona così. Del resto anche alla notte degli Oscar i “nominati” vanno lì, con i vestiti della festa, sapendo che hanno l’80% di probabilità di entrare Papi in conclave e uscire cardinali.

Una giuria strana

Quest’anno il pronostico è particolarmente difficile. Ricapitoliamo i nomi dei nove giurati (perché dipende tutto da loro, al netto di pressioni e “consigli”, che possono esserci ma possono anche essere rintuzzati): il presidente è lo svedese Ruben Ostlund, due Palme in cinque anni per The Square e Triangle of Sadness. Gli otto ai suoi ordini (che ordini poi non sono, perché si vota a maggioranza e il presidente può essere sconfitto) sono: l’attore Paul Dano (USA), la regista Julia Ducournau (Francia), l’attrice Brie Larson (USA), l’attore Denis Ménochet (Francia), la regista Rungano Nyoni (Zambia/Gran Bretagna), lo scrittore Atiq Rahimi (profugo dall’Afghanistan), il reghista Damian Szifron (Argentina) e la regista Maryam Touzani (Marocco).

È una giuria strana, senza divi, senza grandi nomi, francamente di livello – almeno mediatico – non eccelso. Sono tutti giovani, Rahimi (61 anni) è il più anziano. La Ducournau è quella che ha vinto la Palma due anni fa con Titane ed è stata sfottuta (per “gli accoppiamenti fra umani e automobili”) in un tweet da Nanni Moretti, che certo non avrà esultato vedendo il suo nome nella lista dei giurati.

Opzione Glazer

Potrebbero veramente far vincere chiunque. Anzi, dovessimo scommettere, scommetteremmo su una Palma “giovane” e controversa, a un film di quelli che stupiscono, che “lo fanno strano”, per citare Carlo Verdone. L’unica voce – del tutto infondata – che abbiamo raccolto in queste ore è che ai giurati POTREBBE essere piaciuto The Zone of Interest di Jonathan Glazer.

È il film tratto dal romanzo omonimo di Martin Amis, che è morto (non a Cannes) il giorno stesso della conferenza stampa: racconta la vita quotidiana di Rudolf Hoss e della sua famiglia, in una linda villetta appena fuori Auschwitz (Hoss era il nazista comandante del campo). Ha uno stile gelido e “pop” al tempo stesso, è di un regista della generazione di mezzo, affronta un “tema” forte, forse non scontenterebbe nessuno.

E gli italiani?

Voi chiederete: e gli italiani? Per i motivi suddetti, sospettiamo che il film più vicino ai gusti e all’età dei giurati sia La chimera di Alice Rohrwacher.

Ma dobbiamo dirvelo: noi, nel senso della persona che scrive questo pezzo, siamo strani. Ci culliamo in due convinzioni per certi versi opposte. La prima: non riusciamo a essere nazionalisti ai festival, ci piacerebbe vincessero i film belli, e quindi saremmo contenti – ad esempio – se vincesse finalmente Aki Kaurismaki. La seconda: siamo convinti che i tre film italiani in concorso – oltre a La chimera, Il sol dell’avvenire di Moretti e Rapito di Bellocchio – siano tutti e tre molto belli. Invece, frequentando la rete in questi giorni si scopre che il social/critico/cinefilo italiano è diventato mediamente un ultrà.

Dinamiche da tifosi

Ci spieghiamo, e possiamo farlo, perché essendo tifosi di calcio conosciamo bene certe dinamiche: durante Cannes noi interisti abbiamo conquistato una finale di Champions e una Coppa Italia, è stata un’edizione trionfale. Buona parte della soddisfazione deriva dalle robuste dosi di Maalox consumate nell’occasione dai tifosi juventini e milanisti, sconfitti su tutta la linea. Nel calcio funziona così: il tifo contro è divertente, a volte, più del tifo pro.

Beh, ormai è così anche per il cinema. A uno, per dire, piace Rapito? E allora si sentirà in dovere di scrivere che quello sì, è un film, mica quella cazzata di Il sol dell’avvenire? Oppure: all’ultimo giorno passa La chimera? E qualcuno scriverà che era ora, che arrivasse una regista di quarant’anni a spazzar via quei due vecchi rincoglioniti di Moretti e Bellocchio. Se mi piace un film, lo uso per spargere sterco sul film accanto. È il principio degli ultrà, come detto: chi non salta milanista (o juventino, o bellocchiano, o morettista) è.

Non guardate i social

I social sono il ricettacolo del livore. Frequentarli per necessità (di lavoro), oltre che qualche volta per divertimento, non assolve nessuno. Anzi, per certi versi è meglio saperle, certe cose. Se stasera vincerà uno dei tre film italiani (la Palma, o comunque un altro premio importante) le scorte di Maalox nelle farmacie si esauriranno definitivamente. A noi, che siamo dei vecchi rimbambiti, piacerebbe vincessero tutti e tre: perché son belli, non perché indossano la maglia azzurra. Ovviamente non succederà.

Anzi, le indiscrezioni di metà pomeriggio (rilanciate dalle agenzie) parlano di un’Italia a bocca asciutta, e annunciano in ritorno sulla Croisette Aki Kaurismaki, Wim Wenders, Justine Triet, Nuri Bilge Ceylan, Koreeda Hirokazu, Jonathan Glazer e il vietnamita Tran Anh Hung per il film francese La passion de Dodin Bouffant (molto probabile il premio alla protagonista, la sempre splendida Juliette Binoche). Se vincerà uno di loro, applaudiremo. E se vincerà un film che ci ha fatto schifo, passeremo ad altro. Si dice sempre che i grandi film restano, le Palme appassiscono. È un luogo comune, ma è la verità.