Il regista iraniano Mohammad Rasoulof, in corsa per la Palma d’Oro a Cannes, ha dovuto attraversare le montagne a piedi per fuggire dal suo paese. Un viaggio “estenuante ed estremamente pericoloso” che gli ha permesso di trovare rifugio in Germania. Il regista ha raccontato la sua esperienza al giornale inglese The Guardian.
Grande voce del cinema iraniano, da anni nel mirino del regime degli ayatollah, il regista 51enne è stato recentemente condannato in appello a otto anni di carcere, cinque dei quali applicabili. Denunciando una sentenza “ingiusta”, è riuscito a lasciare clandestinamente l’Iran e a rifugiarsi in Germania all’inizio di maggio. Lo ha fatto al costo di un viaggio “di diverse ore, accompagnato da una guida”, che gli ha permesso di attraversare le montagne e di attraversare il confine.
La fuga di Mohammad Rasoulof
Ha avuto solo poche ore per decidere se restare in Iran o fuggire. Ma il regista voleva poter “trasmettere le storie di ciò che accade in Iran”, e “è una cosa che non posso fare in prigione”, ha sintetizzato.
Dopo aver disattivato tutti i suoi dispositivi elettronici, Mohammad Rasoulof si è nascosto in vari luoghi sconosciuti prima di ricevere i documenti dalle autorità tedesche. Il cineasta, in corsa per la Palma d’Oro con il suo The Seed of the Sacred Fig, spera di poter andare di persona a Cannes. Ora si trova in Germania e “le possibilità che possa essere presente a Cannes sono quindi maggiori”. Il film, che gli è valso questa pesante condanna, racconta la storia di un giudice istruttore che sprofonda nella paranoia, in un momento in cui scoppiano grandi manifestazioni nella capitale Teheran.
Le condanne e i suoi film
Il regista è già stato condannato e incarcerato due volte in Iran, dove la repressione ha continuato ad aumentare dopo il movimento di protesta che ha scosso il Paese nel 2022 dopo la morte di Mahsa Amini. Nonostante questa minaccia di incarcerazione, Mohammad Rasoulof, che ha ricevuto numerosi premi internazionali tra cui l’Orso d’oro a Berlino nel 2020, non esclude la possibilità di tornare nel suo Paese.
“Ho sempre pensato che se fossi rimasto in prigione per anni, non avrei avuto la forza o la capacità di fare questi film”, ha detto. “Quindi prima devo farli, e poi dopo, ci sarà sempre tempo per tornare a casa e andare in prigione”. Il regista è allarmato per la permanenza dei suoi collaboratori in Iran. È stato in grado di mantenere segrete “le identità del cast e della troupe, nonché i dettagli della trama”. Alcuni attori “sono riusciti a lasciare l’Iran” in tempo, ma altri sono ancora lì “e i servizi segreti esercitano pressioni su di loro. Hanno subito lunghi interrogatori. Le famiglie di alcuni di loro hanno inoltre subito minacce”, ha detto.
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