Seydou Sarr e Moustapha Fall verso gli Oscar 2024: “Fieri di essere arrivati fino a qui, ma non sentiamo la pressione. Vincere è più un vostro desiderio”

I protagonisti del film di Matteo Garrone incontrano la stampa italiana in collegamento da Los Angeles a ridosso dalla cerimonia di premiazione. Ci sperano, ma non troppo. E ad aprile torneranno a Dakar per portare il film al pubblico senegalese

Rimettono tutti i giornalisti in riga, Seydou Sarr e Moustapha Fall, quasi senza volerlo. Con i loro volti stropicciati, si sono appena svegliati dall’altra parte del mondo con nove ore di fuso orario, per un collegamento, forse l’ennesimo, con la stampa italiana a pochi giorni dagli Oscar 2024. Ricordano a tutti che sono solo ragazzi, di appena 19 anni, catapultati all’improvviso in un mondo di cui non conoscono ancora tutte le dinamiche e in cui in fondo non chiedono di entrare.

Seydou Sarr, già vincitore a Venezia del premio Mastroianni come giovane rivelazione, lo dice chiaramente: “Sto vivendo il sogno della mia famiglia, di mia madre che studiava teatro. Ma il mio sogno, quello vero, resta quello di diventare un calciatore”. Lui che, come ricorda l’amministratore delegato di Rai Cinema Paolo Del Brocco, è stato invitato in casa di Sean Penn a guardare Io capitano e ha ricevuto un inchino da Joaquin Phoenix, ma si è commosso fino alle lacrime solo incontrando Giorgio Chiellini.

Meno timido è Moustapha Fall, già interprete teatrale, a suo agio al centro dell’attenzione. A differenza di Seydou ama la ribalta: “Desideravo arrivare in America e qui ho anche degli amici che mi hanno già portato in giro a scoprire nuovi luoghi nelle vicinanze. In futuro vorrei continuare a fare l’attore, ma anche il ballerino. E lo stilista”. A chi gli chiede se disegna mai gli splendidi abiti con cui si è presentato a vari eventi nel corso dell’anno risponde un po’ in italiano e un po’ in francese, con un sorriso imbarazzato ma fiero: “Sì, parfois”. Sì, a volte sì.

Seydou e Moustapha, da Venezia a Hollywood

“Se potessi”, afferma Seydou, “io vorrei avere una casa a Fregene per stare al mare e mangiare il pesce cucinato da Mamma D”, la madre di Matteo Garrone, la fotografa Donatella Rimoldi. È lì infatti che i due ragazzi hanno vissuto per diversi mesi durante la post-produzione del film, nonostante da Venezia in poi sia iniziato il loro secondo grande viaggio, quello della campagna Oscar che li ha portati in tutto il mondo a scoprire nuove platee e un crescente apprezzamento per Io capitano. Festival dopo festival, proiezione dopo proiezione. Hanno attraversato l’Europa, visitato Londra, Berlino, Madrid, Parigi e poi, dall’altra parte dell’oceano, sono stati almeno tre volte a New York e altrettante sulla costa occidentale. Da più di un mese sono fissi a Los Angeles, sempre per la promozione di Io capitano in vista della serata del 10 marzo.

“Non mi sto preparando in modo particolare, cerco di vivere giorno per giorno e accogliere tutto in modo naturale, così come viene”, afferma Seydou. “Sono più gli altri che dicono ‘Gli Oscar! Gli Oscar! Gli Oscar!’, come se la pressione fosse più loro che mia. Chiaramente almeno un po’ lo sogno quest’Oscar però è veramente difficile ottenerlo, anche se ce lo meritiamo”, aggiunge sorridendo.

Una scena di Io capitano di Matteo Garrone

Una scena di Io capitano di Matteo Garrone

Gli fa eco Fall: “In questo momento cerco di non pensarci troppo, perché è appunto un mondo che non mi appartiene. Vengo dal teatro e non ho nemmeno studiato per fare l’attore al cinema. Certo, il mio desiderio era quello di venire qui, in America, ma non avrei immaginato di farlo da attore, non a questo livello”.

Ascoltandoli, così sorpresi, entusiasti e in parte estranei al peso dell’enorme “macchina” dietro la campagna Oscar, ma al tempo stesso esausti dopo un lungo tour, viene spontaneo chiedersi se sia cambiato e come sia cambiato il loro rapporto con Io capitano. E loro rispondono con altrettanta naturalezza.

“C’è una canzone che canto per mio padre nei titoli di coda e a cui tengo molto, ma a furia di sentirla in ogni trailer e ogni proiezione, mi ha ormai stancato”, ricorda Seydou Sarr, con un pensiero tutt’altro che banale. Perché la storia raccontata in Io capitano paradossalmente riguarda più lui che noi e nel frullatore di una serratissima campagna Oscar si può arrivare a dimenticarlo.

Per Moustapha Fall, invece, a cambiare è il contesto: “Grazie al è percorso da Venezia a Hollywood adesso conosco molte più cose, ho incontrato molte più culture e persino provato nuovi cibi, come il sushi”, ricorda. “Ma non è cambiato il rapporto che ho con il Moustapha che vedo sullo schermo”.

Verso la grande notte del 10 marzo

Cosa prevedono dunque adesso le ultime ore prima degli Oscar 2024 per Sarr e Fall? “Pregheremo”, afferma Seydou. “Siamo musulmani e avremo il nostro modo di celebrare questa esperienza attraverso la preghiera”. E dopo Hollywood sarà il turno di un grande tour in Africa. A Dakar e poi paese per paese, anche dove i cinema non esistono. Li porteranno loro.

Restano dei ragazzi dentro un sogno enorme e dentro un’intero sistema molto più grande di loro. Ne sono consapevoli e per questo affermano: “Sentiamo spesso i nostri genitori. Ci danno consigli e ci aiutano a non perderci”.