Lunghi capelli corvino raccolti in uno chignon, una divisa a righine bianche e rosa, scarpe sempre immacolate. È la tenuta che ogni giorno deve indossare Ana (Paula Grimaldo), giovane domestica colombiana trapiantata in Spagna – senza documenti in regola – per guadagnare quanto più possibile da mandare a casa. Lì sono rimaste sua madre e la sorella minore che con quel denaro potrà iscriversi alla facoltà di medicina. Una divisa quella di Ana, protagonista del debutto alla regia di Miguel Faus, The Quiet Maid, presentato in concorso al Riviera International Film Festival, che non solo rappresenta il suo mestiere, ma che pone un divario incolmabile tra le e i suoi facoltosi datori di lavoro.
Una coppia di mercanti d’arte che, insieme ai figli, si trasferisce in una lussuosa villa in Costa Brava per l’estate. Lì, tra pomeriggi passati in piscina, gite in barca e cene all’aperto, Ana ha solo il tempo di fumare una sigaretta di nascosto o dare da mangiare a un gatto randagio senza essere vista. Bagni da pulire, vetrate da rendere impeccabili, letti da rifare senza pieghe, portate da preparare, vestiti da stirare. La giornata è scandita da doveri. Fino a quando Ana non incontra la domestica dei vicini, Gisela (Nany Tovar), colombiana come lei, che le insegnerà a godersi un po’ di più la sua libertà e le aprirà gli occhi sulle false promesse contrattuali dei suoi rispettabili datori di lavoro.
The Quiet Maid, presented by Steven Soderbergh
Adattamento dell’omonimo cortometraggio del 2020 del trentaduenne Miguel Faus, The Quiet Maid, dopo essere stato proiettato in diversi festival è approdato oltreoceano su HBO Max ricevendo l’Andrews/Bernard Award, premio deciso e finanziato da Steven Soderbergh – il cui nome compare all’inizio del film al fianco di un “presented by”- con la sua casa di produzione, l’Extension 765. Il riconoscimento ha portato il regista spagnolo ad ottenere 100.000 dollari in fondi di post-produzione al Sundance Film Festival del 2023. Ma non è tutto, perché la pellicola è la prima produzione europea ad essere stata finanziata dalla vendita di NTF (un tipo di bene non fungibile che serve per certificare proprietà e autenticità, ndr). Un dato che si intreccia alla perfezione con la trama del film.
Il titolo originale, Calladita, si rifà all’espressione “calladita más bonita” che, se riferito ad una donna, sta a sottolineare come la tranquillità e il silenzio la rendono “più carina”. Non è un caso che per tutto il film i datori di lavoro di Ana vogliano da lei discrezione o che si parli di lei come se la giovane donna non fosse presente. Una semplice domestica e quindi considerata nella scala sociale un bel po’ di gradini sotto chi le paga lo stipendio. Al centro del film l’ottima interpretazione di Paula Grimaldo che incarna le tante sfumature del suo personaggio in un crescendo che porta fino al climax finale. In quest’ottica è interessante il lavoro fatto da Faus sulla regia.
Un film che si muove con la sua protagonista
Dalle immagini statiche della prima parte del film che riflettono le regole seguite da Ana, il suo essere ligia al dovere e la costrizione nella quale sente di trovarsi, ecco che nella seconda parte la macchina da presa la segue liberamente nei movimenti. Una fluidità che va di pari passo con la consapevolezza acquisita dalla protagonista. Brillante grazie alla fotografia satura e vivida di Antonio Galisteo, The Quiet Maid si inserisce in una tradizione cinematografica che porta in scena la lotta di classe e l’ingiustizia sociale.
Lo fa alternando la satira al dramma, prendendosi gioco della pochezza umana di chi è ossessionato dalle apparenze – che sia una cena con ospiti o un post Instagram – e le difficoltà e umiliazioni che deve vivere chi parte svantaggiato a causa del proprio status sociale. The Quiet Maid è un debutto che parte da un soggetto spesso battuto e, in certi casi – basti pensare a Trinagle of Sadness – con esiti molto più esaltanti, ma che ha il pregio di saper trovare la sua cifra e ragion d’essere. Racchiuse in un finale in cui la rivalsa ha un retrogusto doppiamente soddisfacente perché capace di beffarsi di ricchi pretenziosi e piccoli uomini schifosi. “Calladita más bonita”. Fino a quando non ci si ribella.
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