Ha seguito un corso di combattimento per spade laser, ha una stanza piena di funko pop e non avrebbe mai immaginato da bambino di fare l’attore. Anche l’eredità è un miraggio, di quelli che nelle famiglie, quando muore qualche zio lontano, si trasformano in debiti. Eppure Claudio Colica, nato a Roma e classe 1988, diviso tra i video de Le Coliche e Minimad, è al secondo film con la squadra Christian De Sica, Angela Finocchiaro e Dharma Mangia Woods dopo Natale a tutti i costi.
Sequel scritto e diretto ancora una volta da Giovanni Bognetti e in arrivo su Netflix dal 4 giugno, in Ricchi a tutti i costi per salvare i propri soldi – o meglio, quelli della nonna – la famiglia Delle Fave dovrà cercare di proteggere la donna dalle grinfie di un losco fidanzato, interpretato da Ninni Bruschetta. Anche se questo potrebbe includere un possibile omicidio. Con buona pace per i fan di Boris.
Come è stato tornare per Ricchi a tutti i costi?
Non immaginavo Netflix ci avrebbe chiamati per un secondo capitolo. Ho fatto i salti di gioia. Tornare è stato come ritrovarsi con la propria famiglia, sia col cast artistico che tecnico. Ricchi a tutti i costi è anche più divertente del primo e Giovanni Bognetti ci ha tenuto a confrontarsi con noi per avere una nostra opinione.
Cosa pensa di aver acquisito dopo l’esperienza di Natale a tutti i costi?
Ho sentito una grande sicurezza tornato sul set. Tutti erano ancora più convinti, regista compreso. C’era una maggiore coesione e questo ha eliminato la tipica paura da sequel.
Ci sono però sequel che battono i predecessori. Il suo preferito?
Terminator. Questo potrebbe essere un po’ un Terminator con Christian De Sica.
De Sica e Finocchiaro sono stati i suoi genitori putativi per le due pellicole di Bognetti. Cosa ha significato per lei?
Sono stati la mia scuola. Ho rubato da tutti con gli occhi. Mi sembrava già incredibile avere l’occasione di poter partecipare ad un film, farlo con due mostri sacri era un sogno. Quando ho scoperto che sarebbero stati addirittura i miei genitori, non potevo crederci. E visto che ancora stento a farlo, cerco di restare il più umile possibile.
È fan dei cinepanettoni?
Sì, nonostante oggi sembri vietato poterlo ammettere. Molti dei video-parodie de Le Coliche sono tratti da quei film.
E i film sono sempre stati un obiettivo da raggiungere? Aveva il sogno del cinema da bambino?
Da bambino sicuramente no. Ho la sindrome di Tourette e da piccolo, a differenza di tutti, speravo di diventare tutto fuorché famoso, altrimenti pensavo che la gente si sarebbe accorta dei miei tic. Il pensiero è arrivato dopo anni di video. Ma anche lì, non si è mai trattato di un sogno, semmai di un’opportunità.
Eppure ha affrontato la sua malattia. Come?
Dovrò sempre ringraziare la redazione di Vice. Mi fece un’intervista sulla sindrome di Tourette e da quel momento riesco a parlarne senza problemi. Prima demonizzavo la mia condizione, me ne vergognavo al punto da non riuscire a parlarne apertamente. Ma tirare tutto fuori mi ha aiutato a conviverci. Ed è ciò che dico ai genitori. Quando una madre o un padre vengono da me per chiedermi consigli rispondo che, prima di tutto, non sono un medico, e che per rendere la situazione più vivibile non si deve avere paura di affrontarla apertamente.
Arriverà anche il salto dietro la macchina da presa?
Scrivere lo facciamo praticamente tutti i giorni. Dirigere no, non ne sono in grado e non mi cimenterei.
Nessuno ha mai proposto a Le Coliche di fare un film loro?
In passato, ma poi non si è concretizzato.
Il motivo?
Da parte nostra non c’è fretta. Non di arrivare sul grande schermo almeno. Diverso è se ci chiedono di fare da attori. Anche lì, però, ci vuole una bella sceneggiatura in grado di convincerci. Se avverrà è perché c’è la prospettiva di un bel film all’orizzonte, altrimenti non ne sentiamo l’esigenza.
Eppure tantissimi colleghi del web hanno debuttato al cinema con loro film nel corso degli anni. Timore per gli scarsi risultati?
Credo sia difficile portare la gente al cinema, a prescindere se si tratti di persone del web o meno. Anche realtà forti online non è detto che riescano a sbancare al botteghino. E non voglio entrare nei meriti o meno dei film dei colleghi. Ma in fondo è come buttarsi anche sul teatro o nell’editoria. Il pubblico è diverso.
E com’è, oggi, il pubblico del web?
Sempre meno attento. I contenuti richiedono di essere sempre più brevi e sparati. È così per tutti. Noi personalmente abbiamo notato un calo di visualizzazioni per i video lunghi. E per lunghi intendiamo cinque o sette minuti. Ora la gente vuole solo reel e tiktok. Perciò abbiamo deciso che continueremo con formati più estesi, ma li spilleremo e li condivideremo in più pezzi, così da andare incontro al pubblico web.
Ci pensa che lei, che ha trentacinque anni e ha cominciato dieci anni fa su internet, si confronta con un mezzo che sembra appartenere già alle generazioni più giovani della sua?
Il web invecchia con una velocità disarmante. È cambiato in dieci anni nella stessa maniera in cui la tv è cambiata in trenta.
È anche fan del fantasy e del genere sci-fi. Nemmeno realizzare una pellicola simile l’attira?
Ci abbiamo provato. O meglio, io ci ho provato. Ma i produttori mi guardano sempre male. Giacomo è quello delle idee vincenti: storie di famiglie o di coppie, con i toni della commedia. Poi arrivo io che parlo di case infestate e viaggi nel tempo. Ma in Italia o sei Gabriele Mainetti o non lo fai. C’è persino un mio tema delle medie che negli anni si è trasformato in un fumetto, poi in un manga, poi è diventato un romanzo. Durante la quarantena avevo anche ridefinito i personaggi, fatto un po’ di character design, le pagine del libro invece sono in qualche hard disk.
Uno spiraglio c’è. Magari non per un film, ma per un romanzo, appunto.
Potrei. Ma dovrei rivederlo. Parliamo pur sempre di un racconto di quindi anni fa.
La sua insegnante, però, deve esserne stata contenta?
No, macché, la maestra lo cassò totalmente. Disse che era troppo fantasy. Non capiva cos’era un mezzo elfo. Come i produttori.
Ha comunque Nerd Bori, il format con Massimo Bulgarelli e Riccardo Cotumaccio in cui parlate di saghe e blockbuster in maniera fintamente spicciola e genuinamente divertente.
Il progetto dei Nerd Bori ha proprio questa caratteristica. Mescolare la cultura pop con la classicità di Cinecittà. È Carlo Verdone che racconta Star Wars. È Paolo Villaggio che parla de Il Signore degli Anelli. Sono due mondi distanti, quello del cafone romano e del nerd altezzoso e radical.
Magari il film fantasy o sci-fi arriverà quando anche lei riceverà un’eredità. Cosa farebbe con 6 milioni di euro, gli stessi che i Delle Fave cercano di proteggere in Ricchi a tutti i costi?
Non ho mire espansionistiche. Mi piace la mia confort zone, ho paura di uscirne e mi spingo davvero poco oltre. Diciamo che non voglio diventare più di quello che sono. Al momento mi bastano due soldi per la spesa, il mutuo e magari qualche vacanzina. E sono contento.
Quindi nessun omicidio in cambio di soldi?
Ad accoppare accopperei tante persone. Ma nessuna per soldi.
Ma che farebbe con una cifra simile?
Non ci ho neanche mai pensato. Sarà che del mio cerchio d’amici sono l’unico senza zii o nonni con case al mare o in montagna o con qualche eredità da reclamare. Ricordo che quando ero ancora piccolo morì uno zio di Napoli e come prima cosa pensai che forse ci aveva lasciato qualcosa. Quando lo chiesi a mia madre rispose: i debiti, ci ha lasciato i debiti.
Almeno si evita la galera.
Per questo il sequel fa più ridere del primo, perché raramente capita di voler ammazzare il fidanzato della propria nonna. È ciò che lo rende più comico e meno “potrebbe succedere anche a me”.
Tra le aggiunte del cast c’è Ninni Bruschetta, proprio nel ruolo dell’ambiguo fidanzato. Oltre alla fantascienza e dintorni, è fan anche di Boris?
Sì, potrei dire di essere un Nerd Boris. Che poi già ero un appassionato prima di lavorare nel cinema, poi da quando ho a che fare con i set l’amore si è moltiplicato perché è vero ciò che vediamo nella serie. Boris non si è inventato niente, è quasi documentaristico.
Ormai sui set ci sono anche gli stickers con le frasi iconiche della serie.
Infatti con Ninni avevamo una nostra gag durante le riprese. Quando vedevo uno sticker di Boris gli dicevo: “Non so se l’hai capito, è di una serie”. E lui: “No, in verità no, dimmi di più”. E portava avanti la scenetta. È stato un onore dividere il set anche con lui, è un uomo di enorme cultura e dalla testa enorme.
Alla fine per Ricchi a tutti i costi avete fatto un vero e proprio viaggio. Cosa porterà con sé della vostra “vacanza” di famiglia?
Le passeggiate. Una sera con Ninni e Dharma siamo arrivati a piedi fino a un ristorante vegano a tre chilometri da dove ci trovavamo. E poi lavorare con Darko Perić che, non so bene come ci sia arrivato, ma ha scoperto Nerd Bori ed è venuto a dirmi che si diverte molto a vedere i video. Mi fa ridere pensare che Helsinki de La casa di carta è nostro fan.
Ma quindi, i soldi, fanno o non fanno la felicità?
Aiutano. Poi, insomma, meglio piangere su uno yacht che in un seminterrato.
O con qualche oggetto nerd.
Sì, probabilmente i soldi che ho li spendo in oggettistica. Ho una stanza piena di pupazzetti, spade, caschi. Ma ho solo quel vizio, nessun altro.
Il suo prediletto?
Non ne ho. Tengo molto alla mia collezione di funko pop, quello sì. E alle mie spade laser. Ho anche seguito un corso ufficiale di combattimento.
Il 21 agosto uscirà 30 anni (di meno), film di Mauro Graiani in cui un gruppo di sessantenni si ritrova trent’anni più giovane, e in cui i protagonisti cercheranno di rimediare ad alcuni errori del passato. Lei, che è nel cast e nel pieno dei trent’anni, come li sta vivendo?
I miei sono trent’anni a prova di trentenne. Mi sento in linea con i miei coetanei. Non mi va di uscire. La sera voglio vedere un film. Se si esce si va in osteria e poi dritti a nanna.
Senza rimpianti?
No, ma infatti anche nel film i personaggi finiscono per tornare indietro a godersi di più la vita, invece che pensare a ciò che devono aggiustare.
Quindi anche lei cerca di divertirsi di più?
Non ci penso proprio.
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