Pare Parecchio Parigi: Leonardo Pieraccioni è il Peter Pan di una commedia all’italiana che non sa di essere già morta

Il regista toscano si cimenta con una commedia malinconica sulla famiglia, il più bizzarro e sconclusionato degli on the road, chiuso nei confini di un maneggio che vorrebbe diventare Parigi. Un film improbabile, tratto da una storia vera, con idee stantie e poco riuscite. Ma un paio di siparietti (il Ceccherini horror, ad esempio) sono irresistibili

Pare Parecchio Parigi. Se si dovesse aprire e chiudere la sua recensione in una riga potremmo dire che la cosa più riuscita del film sia la sua allitterazione nel titolo.

La verità è che c’è un problema nella commedia italiana, o almeno in una certa commedia italiana: la sua totale incapacità di trovare cittadinanza fuori dall’epoca in cui è nata, ha trovato il suo successo ed ha poi cominciato a invecchiare precocemente. Soprattutto se durante la più o meno lunga parabola di amore ricambiato con il pubblico si è fatto credere ai loro profeti di essere eredi di grandi maestri, etichetta che li ha aiutati nel breve periodo e massacrati nel lungo.

Vale per Alessandro Siani, troppo presto e troppo superficialmente definito il nuovo Massimo Troisi, vale per Leonardo Pieraccioni che per essere il nuovo Nuti almeno aveva nel curriculum un ruolo d’attore in un film di un suo sodale, Zitti e Mosca di Alessandro Benvenuti (curiosità: il suo personaggio si chiamava Pieraccioni. Paolo Pieraccioni).

Pare Parecchio Parigi è come Succede anche nelle migliori famiglie il tentativo volenteroso (il primo, il secondo sembra non aver nemmeno questo pregio) di trovare ancora qualcosa da dire fuori tempo massimo. C’è una parola odiosa e di moda (anzi già fuori moda), cringe, che si adatta perfettamente a molte delle idee di scrittura e di messa in scena di un film che in alcuni momenti tira fuori persino una sua grazia e una sua genialità, ma che nel suo complesso non riesce mai a trovare un tono e un ritmo adatto almeno a un sano intrattenimento, figuriamoci a un’ambizione maggiore di dramedy costruttivo e edificante che tenta fin dalle prime inquadrature.

Pare Parecchio Parigi

Commento breve Non si smette mai di essere figli
Data di uscita: 18/01/2024
Cast: Giulia Bevilacqua, Chiara Francini, Nino Frassica, Massimo Ceccherini, Gianni D'Addario, Giancarlo Ratti, Massimiliano Gallini, Giuseppe Gandini, Alessandro Riccio, Marta Richeldi, Giorgio Borghetti, Alessio Binetti, Mirko Careddu, Gianna Giachetti, Gianmaria Vassallo, Gaia Nanni
Regista: Leonardo Pieraccioni
Sceneggiatori: Leonardo Pieraccioni, Alessandro Riccio
Durata: 96 minuti

Pare Parecchio Parigi, la trama

Michele e Gianni Bugli nel 1982 presero il padre morente, lo misero sulla loro roulotte e simularono il viaggio dei suoi sogni, a Parigi. Una storia semplice e vera, accaduta nella campagna toscana. Un romantico e struggente e divertente non viaggio che 40 anni dopo ha ispirato Leonardo Pieraccioni per l’on the road scombinatissimo della famiglia Canistracci – un padre, un figlio e due figlie – spesso sciatto e (solo) a volte geniale. Lo è quando va altrove rispetto alla favoletta politicamente corretta, ai fratelli che rappresentano ognuno una fragilità umana, ognuno uno stereotipo familiare apparentemente moderno (se fossimo negli anni ’90). Quando lascia andare il guitto che è in lui e, soprattutto “usa” i caratteristi toscani che sono la scelta migliore del film, trova pure il modo di regalarci qualche manciata di secondi irresistibili.

Il Ceccherini horror, i tre collaboratori della sorella Ivana (Giulia Bevilacqua) che diventao gli sgangherati complici della pantomima a fin di bene, sono la boccata d’ossigeno di un’opera che è come quel criceto podista citato da Bernardo (Pieraccioni) sull’aereo che fa da pretesto al suo lungo flashback: perde il senso dello spazio o del tempo, o meglio, nel caso di Pare Parecchio Parigi, del ritmo e della misura.

Il cast del film di Leonardo Pieraccioni

Un peccato perché se come attore il regista sembra ancorato al suo stereotipo di giovane vecchio che, con coerenza va detto, incarnava sin dai suoi 30 anni, il resto del cast è interessante per talento e impegno.

Giulia Bevilacqua, che ormai è (meritatamente) la comedy queen italiana, soprattutto di quella mainstream e che si impegna in un toscano credibile e si produce nel personaggio più complesso. anzi a dire il vero lo rende lei tale pur non essendolo; Chiara Francini, che si diverte a tirar fuori tutta la sua verve urticante; Nino Frassica che fa il papà che ne ha sbagliate più di Carlo in Francia ma, che in fondo, rimane amatissimo da quei figli che non sono mai cresciuti dandogli la colpa. Senza baffi e senza la solita grammatica surreale, ma in parte.

Pare Parecchio Parigi, i tre fratelli Canistracci

Pare Parecchio Parigi, i tre fratelli Canistracci

La recensione di Pare Parecchio Parigi

A dirla così, insomma, un gruppo d’attori capace con un buon soggetto, ma la realizzazione segue una comicità fiacca e d’annata, una scrittura che banalizza tanto le battute quanto le ambizioni d’autore, come il ritratto bidimensionale di situazioni, caratteri, buttati lì per provare a stupire lo spettatore e mai approfonditi (un esempio: una lesbica, secondo questo film, è solo una donna che vuole essere un uomo).

Persino la scena madre, anzi padre, se ne va in una battuta che non sa dove andare, in una mimica facciale che non sa bene che espressione scegliere.

Ecco, il problema è la scelta. Una certa commedia italiana, rimasta nel passato mentre con incredibile ritardo persino in Italia si cominciava a ridere diversamente (o forse si tornava a ridere come un tempo, ma con toni, ritmi e colori diversi), continua a sottovalutare chi la guarda. O sopravvalutare se stessa, chissà. E a non scegliere, se non la comfort zone ormai ammuffita da dove proviene.

Ed è un peccato: perché Pare Parecchio Parigi aveva tanti buoni spunti per divertirci, a volte commuoverci, spesso farci stare bene. Feel good movie, li chiamano. E invece dovrebbero chiamarli fremdschämen movie (cringe è una parola troppo cringe per ripeterla). Perché a vederli oggi, questi lungometraggi, senti quel sottile imbarazzo per chi si sta rendendo ridicolo e in fondo non se lo merita. Perché in passato ti ha saputo anche divertire, e pure molto.

Allora eri più ingenuo. Poi sei cresciuto. Quella commedia, e quel commediante, no.

Per dare a Leonardo ciò che è di Leonardo: se pensate che l’unico colpo di scena del film sia rubato da Perfetti Sconosciuti, non è così. Quell’idea pare nasca a fine anni ’90 a casa di Giovanni Veronesi, una roulette russa con il cellulare che non vi consigliamo di rifare a casa.