Napoli Mergellina, CTU. Il ciak, secco, fende l’aria e l’udito di una comunità che sente le parole di Antonio Capuano, regista che mai si è disunito ed è sempre stato fedele a se stesso. Comincia così, un lunedì di maggio, il set di Hungry Bird, legal drama su una storia d’amore finita male, un matrimonio distrutto che finisce in giudizio per l’affido esclusivo dell’unico figlio nato dall’unione.
Sono Teresa Saponangelo e Vinicio Marchioni a raccontare, intepretare questa coppia spezzata e dolente, piena di rancore e voglia di rivalsa, è il maestro di Paolo Sorrentino a dirigere un’opera “a medio basso budget, un piccolo film indipendente”. Ce lo dice Andrea Leone, con Antonella Di Martino e la loro Mosaicon Film capofila di amici e sodali di Capuano pronti a scommettere ancora e di nuovo su di lui come Dario Formisano per Eskimo, Nicola Giuliano, Francesca Cima e Cartlotta Calori per Indigo Film, Lucy De Crescenzo per Europictures, Rai Cinema.
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“Andrà avanti per circa 4 settimane di riprese, abbiamo iniziato il 6 maggio 2024”. Ne è entusiasta, il produttore, della sua prima fatica da responsabile massimo di un progetto. Ha messo lo zampino su molta della nouvelle vague partenopea e non solo, ha ingranato le marce alte con La santa piccola di Silvia Brunelli e Ciao bambino di Edgardo Pistone, il cui set è appena terminato. Ma qui è l’avanguardia, l’ufficiale più alto in comando.
“Gireremo tra Mergellina e Via Petrarca e Viale Gramsci, poi saremo anche al centro storico, ma per poco. E sì, per me è come un esordio, ho fatto i salti mortali, combatto da un anno e mezzo per Hungry Bird e sono felice ora che siamo partiti con le riprese. Ed è bello che io ce l’abbia fatto, dopo un po’ di fatica e disavventure, che sia riuscito a montare il 14esimo film per un regista che amo così tanto, un uomo e un artista totalmente libero. Ho creduto subito nella storia – anche perché devi crederci e basta, a momenti Antonio ti fa arrivare sul set pure senza la sceneggiatura! – ma credo che sia la sua ingovernabilità, l’impossibilità di domarlo che non è facile metter su i suoi film. Ma se lo fai non te ne penti, in particolare questo film è tostissimo, penso solo al finale che non posso né voglio rivelare”.
E poi c’è qualcosa di romantico e scritto nel destino in questa collaborazione. “Sì, ai miei primi passi in questo mondo, da ragazzo, ho fatto il runner, l’autista. Dopo il set da stagista con Paolo Sorrentino e Nicola Giuliano, che è con me in questo progetto, per L’amico di famiglia, sono stato sul set de L’amore buio di Antonio e su quello della serie Romanzo Criminale. Indovina di chi ero l’autista? Di Capuano nel primo e Vinicio Marchioni nel secondo. Per me si chiude davvero un cerchio”.
Un film nel film, destini incrociati da anni che si riannodano, in modo diametralmente opposto alla storia messa in scena, che invece narra di un amore che si è sgretolato e di cui i due protagonisti, vittime e carnefici l’uno dell’altra, si contendono le macerie e un bambino che tra esse cresce e crescerà. Noi li incontriamo, in quest’opera, mentre si contendono e attendono una sentenza giudiziale che deciderà delle loro tre vite.
“Non è stato facile e non è facile portare avanti questo film, non solo perché il regista è uno che non puoi controllare e imprevedibile, mentre normalmente i produttori, a torto, preferiscono artisti più mansueti, ma anche per le particolari condizioni economiche del cinema e direi globali. Le banche non fanno credito a nessuno, ho dovuto espormi, anticipare tutto, persino il tax credit, essendo il primo film non lo avevo neanche “in pancia”, come si dice in gergo”.
Un’opera in cui però hanno creduto in tanti e quindi oltre agli attori è giusto e utile mettere sotto i riflettori i grandi nomi che tra le maestranze hanno deciso di esserci, visto che invece ai David sono stati emarginati, come categorie.
Il film si avvale infatti della collaborazione di numerose eccellenze, tra cui il direttore della fotografia Matteo Cocco – vincitore dell’European Film Awards, del David Di Donatello e del Globo d’oro per Volevo Nascondermi, la scenografa Antonella Di Martino – Il buco in testa, Il silenzio grande – la costumista Daniela Ciancio- David di Donatello e Ciak d’oro per La grande bellezza e il produttore delegato ed esecutivo Gennaro Fasolino, storico uomo di fiducia dell’autore.
Di Hungry Bird abbiamo parlato, in esclusiva con il suo regista, Antonio Capuano. E sono stati fuochi d’artificio e sensibile arguzia, come sempre.
Ci racconta di questo suo nuovo film, il numero 14 di una carriera incredibile?
È una storia semplicissima, quella di un bambino conteso, una coppia che ha divorziato e che pretende che l’affido di loro figlio sia deciso da un giudizio del tribunale. Vogliono l’affido esclusivo, costi quel che costi. Una storia semplice, dura e dolorosa.
Ancora con Teresa Saponangelo a far da protagonista, ormai possiamo dirlo che è la sua attrice feticcio?
Sarebbe brutto e poco politicamente corretto dire che Teresa è attrice mia, ma lei sa cosa intendo, è un moto di stima e affetto.
Lei mi sopporta rompicoglioni come sono, quando la interrompo sul set, le parlo, noi ci capiamo al volo. E poi, onestamente, penso sia la miglior attrice italiana.
Anche grazie a lei, ai film fatti insieme
Ma quando mai grazie a me, ha un talento enorme. Io scrivo pensando a lei, magari, e quel ruolo che sento e percepisco poi glielo affido e sono molto esigente, rompo ‘o cazzo, perché lo conosco meglio di tutti. E lei dà tutto, si fida di me, ma è tutto merito suo.
Vinicio Marchioni come lo ha scelto?
Intanto perché Scamarcio, che mi fa simpatia e di cui mi piace quel suo essere guaglione, si è tirato indietro. Volevamo lavorare insieme, ma al dunque non ha voluto firmare il contratto, diceva che bastava la stretta di mano. Sì, ‘o cazz’, non ci ha creduto davvero, si voleva fa’ i cazzi suoi. Pensavo che teneva più coraggio.
Vinicio lo ha, chillo è omm’, e una cosa ho imparato dal cinema e dalla vita, che un grande attore non può non essere anche un grande uomo. Mi piace la gente vera e Marchioni lo è. Non esistono i grandi attori che sono gente ‘e ‘mmerd, magari fanno le bizze e i capricci perché li circondano di stronzate. Dicono che sono palloni gonfiati? A volte li gonfiano, non sono gonfiati di loro.
(A questo proposito si è pronunciato anche il produttore Andrea Leone, che ha dato qualche dettaglio in più: “Riccardo Scamarcio voleva fare un film con Antonio e anche produrlo, tanto che mi sono inizialmente appoggiato alla sua Lebowski. Poi Teresa Saponangelo ha ricevuto un’offerta da Netflix per una serie e abbiamo rimandato le riprese su sua richiesta, poi a lui è entrato il film su Modigliani con Johnny Depp e a gennaio mi sono trovato senza protagonista e produttore. Però anche grazie al grande coraggio di Vinicio Marchioni e all’aiuto di Nicola Giuliano sono riuscito a rimettere tutto in carreggiata. Doveva essere destino, perché ricordo che al bar, quando ancora non sapevamo entrambi se Antonio l’avrebbe scelto, Vinicio mi confessò che era già contento del provino perché lui questo lavoro aveva capito di volerlo fare guardando Pianese Nunzio. L’ennesima bellissima coincidenza”)
Lo conosceva già Vinicio?
Non l’avevo mai visto, avevo pescato un paio di suoi monologhi a Propaganda Live che non mi erano piaciuti poi così tanto, ma l’ho incontrato e ho capito che era giusto, perfetto. Anche perché è inutile vedere le cose precedenti, l’attore senza regista, senza chi lo guida e si fa sentire, si perde. Se non hanno qualcuno che ha le idee chiare, gli attori, possono essere pure Toni Servillo, ma non ce la fanno.
A proposito di attori, ma in È stato la mano di Dio le è piaciuto Ciro Capano che l’ha interpretata?
Ma insomma, gliel’ho pure detto a Paolo, era bravo eh, ma non tiene la mia fisicità e soprattutto non sa nuotare, guarda quando si butta come si muove. Io gliel’ho detto a Paolo “tu a bordo piscina il provino dovevi fare'”, non si può fare Antonio Capuano che non sa nuotare in mare. Lui mi ha detto “infatti ho tagliato subito”. Eh, sì, ma si vede! Tu dovevi far fare la parte, dare una speranza solo a chi si buttava e nuotava bene. Lui faceva schifo in acqua. Ma mi è piaciuto molto, ha tirato fuori cose belle Paolo, cose che ci dicevamo, importanti per noi.
Mi consenta l’ironia, ma visto l’argomento, un bel titolo per il suo film potrebbe essere Non ci disuniamo, invece che Hungry Bird.
Questa è bella, mi hai fatto divertire, in effetti non hai tutti i torti. Detto questo, sono proprio curioso di vedere Parthenope. Mi sa che Paolo ha cacciato fuori un grande film.
Come fa a dirlo senza averlo visto?
L’ho visto felice e dimagrito, almeno di dieci chili, ed è sempre un ottimo segnale. Mi è venuto a trovare, sorrideva, e continuava a dirmi “Antò, so’ proprio cuntent, mi sto divertendo”. Ed erano gli ultimi giorni di set, questo davvero è una spia importante di come potrebbe essere venuto il film. Essere felici mentre fai cinema è fondamentale, sai?
E lei ora è felice, che sta sul set del suo quattordicesimo lungometraggio?
No, non posso esserlo, ho perso la mia compagna di vita e da quel momento la felicità non è più cosa mia (morì, la sua amata Willye, olandese conquistata a colpi di tuffi quando faceva il bagnino, nel 2022, un mese prima di ritirare il David Speciale: durante la standing ovattino commosse tutti dicendo “non capisco perché applaudite, non me lo merito, lo dedico alla mia ragazza che non c’è più”). Mi diverto ancora a fare cinema, altrimenti non avrebbe senso farlo, almeno per me, ma la felicità quella no, non m’appartiene cchiù. Come fai?
Come ha scelto il giovanissimo protagonista Andrea Migliucci?
Con quello che chiamano street casting, il mio aiuto che poi, purtroppo, ho dovuto sostituire, ne ha scovati e provinati 1500, una quantità enorme. Ne ha selezionati alcuni, sono pure stato male per i due, tre più bravi che ho scartato, ma Andrea mi ha conquistato subito, era ‘nu bambino vero, non voleva piacermi, se ne stava pe’ cazze soie. Non se ne futteva proprio di me, di noi. Mi è piaciuto subito e quando giri con un bambino devi affidarti all’istinto, perché lui è importantissimo pure per la scrittura.
Le sue battute deve mettersele in bocca lui, tu quando scrivi la sceneggiatura mica sei guagliuncello, Spero di non sbagliarmi, ma credo che andremo d’accordo, mi piace che è un po’ disobbediente, indisciplinato, che rompe ‘o cazz’. Penso che sarà divertentissimo lavorare insieme.
Lei è uno a cui piacciono le sfide impossibili?
Ma no, i bambini sono di natura bravi attori, non devi rovinarli. È bello lavorare con loro. Come lo è spesso farlo con i non professionisti, quanto mi piacciono. La donna che deve fare alla coppia al CTU tutte le domande di prassi, scomode, non è un’attrice ma una che fa davvero quel lavoro. Ho trovato questa Marina, una femmina feroce, spiritosa, intelligentissima e da lei mi aspetto davvero tanto. Secondo me farà cose pazze. Ci sorprenderà.
Un altro l’ho pescato sulla Cumana, l’ho notato perché era vestito un po’ sessantottino ma soprattutto in mezzo a ragazze e ragazzi, uomini e donne, tutti col telefonino in mano, lui leggeva ‘nu libro. Uà, mi sembrava una cosa incredibile. L’ho fermato, era un architetto, e gli ho offerto la parte. E ha accettato.
Ci sono più non professionisti che attori veri nel film!
Ma sì, ti danno in cambio la vita vera e a me piace guardà la vita, sono sempre in mezzo, ci nuoto dentro, non c’è niente di più immaginifico della vita, lo diceva Williams. La vita, questo lo dico io, è un pozzo di immaginazione, non c’è niente di più bello, neanche in un film, in una sceneggiatura. (Sulla citazione, difficile capire se si riferisce a William Blake “L’immaginazione non è uno stato mentale: è l’esistenza umana stessa” o a Tennesse Williams che di aforismi sulla vita ne ha coniati parecchi, tra cui “La vita è una domanda senza risposte, ma continuiamo ancora a credere nella dignità e nell’importanza della domanda”).
Cosa fa Antonio Capuano quando sta per iniziare un set? Come vive gli ultimi giorni?
Mi vado a fare un bagno a mare, magari sistemo casa, ma da quando ho cominciato, pure all’esordio, sono sempre stato tranquillo, nessuna tensione, niente panico. Sul set, perché mi devo divertire, ma pure prima.
Lo dico sempre, io devo giocare, aggia ‘a pazzià. E guarda che non è facile, ne conosco pochi che riescono davvero a giocare, sono tutti così seri in quest’ambiente. E iatevene a fancul! Se non gioco, non ne vale la pena. Per questo va bene pure che ci sono pochi soldi, perché così rimani davvero indipendente, così sei libero.
Se non mi divertissi non ne varrebbe la pena. Io per fare un film devo lottare, è sempre una battaglia. Questa volta sono fortunato che c’è Andrea (Leone), l’ho visto crescere ed è carinissimo, ma lo sappiamo noi due quanto è stato difficile. Poi guarda io con i soldi, è un difetto, c’ho sto rapporto che è una condanna ma anche una libertà, alla fine prendo quello che c’è.
Pure da ragazzo, in Rai, finivo per prendermi quello che mi davano. E poi come diceva Lacreme napulitane? “Mo tengo quacche dollaro, e mme pare ca nun so’ stato maje tanto pezzente”.
Mi hanno detto che Vinicio Marchioni canterà una canzone. Lo sa che ha brutalizzato E tu di Claudio Baglioni in Ghiaccio, stonandola selvaggiamente?
Mi ha chiamato poco fa, per chiedermi consiglio su come farla, per parlarne. In effetti lo sentivo un po’ in pensiero.
E qual è?
(Se la ride come un bambino questo classe 1940, impertinente). Hai presente Mediterraneo di Mango? Mi piace molto, ora vediamo se ce la danno (facciamo un appello alla famiglia e a chi l’ha edita, Warner Music Italia, Mango e Capuano nello stesso film devono esserci almeno una volta nella storia del cinema e della musica – nda). Baglioni, Mango, tutti difficili glieli diamo da cantare a ‘stu guaglione.
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