Alice nel paese dei dati: quando lo streaming è gratis, ma con la pubblicità (su misura). E torna il noleggio

"Il mercato pubblicitario sta vacillando, ma nel mondo delle smart tv gli investimenti sono in aumento. Altre grandi emittenti si lanceranno in modelli ibridi", dice a THR Roma il Cco di Rakuten Tv Marcos Milanez

C’era una volta il caro e vecchio Blockbuster. L’incipit è quello di una favola, ma purtroppo senza lieto fine. I tempi del noleggio fisico sono ormai giunti ai titoli di coda per fare spazio alla rivoluzione dello streaming. Una scossa al “vecchio ordine” che ha permesso a film e serie tv di essere certamente più accessibili e immediati. Ma questo modello, ormai norma, è ancora lontano dal dimostrare di essere sostenibile, nonostante i più grandi Studios ora siano tutti armati della propria piattaforma.

Il noleggio e la vendita di film si sono evoluti in quello che il mercato chiama transactional vod. Cioè pagare un titolo da guardare in streaming. Una versione rediviva di quello che una volta era Blockbuster. “È una parte importante della nostra offerta”, dice a The Hollywood Reporter Roma il Cco di Rakuten Tv Marcos Milanez. “Il noleggio non è morto, al contrario. Ha ancora un grande fascino”. Nel caso di Rakuten Tv, spiega il Cco, la compravendita digitale di film “aiuta a finanziare le altre parti del nostro business”, ovvero i canali Fast (Free Ad-Supported Streaming Television) e gli Ad Vod, film in streaming gratuiti con la pubblicità.

Blockbuster

Blockbuster

Nel catalogo di Rakuten, al momento, appaiono nella home page titoli come Godzilla e Kong: Il nuovo impero, Dune 2, I soliti idioti 3 – Il ritorno. E cercando ancora si trovano anche film italiani come Palazzina Laf, Rapito, Enea, La chimera, Adagio e Cento domeniche. Gratuitamente, invece, un grande cult come L’odio di Mathieu Kassovitz, o serie d’animazione come I puffi e Shaun vita da pecora dello studio Aardman.

“Quello che abbiamo capito nel 2018, quando eravamo solo una piattaforma di transactional vod“, aggiunge Milanez nell’intervista con THR Roma, è che “non potevamo contare solo su quello”. Servizi come Rakuten Tv, ma anche Pluto Tv o Tubi, stanno vivendo un interessante boom. La loro formula magica non è standard, ma un miscuglio di tanti servizi diversi. Nessuna sottoscrizione a pagamento, una fetta di catalogo gratuita con pubblicità e canali televisivi tematici, per alcuni, e per altri anche il noleggio di film appena rimossi dalle sale e contenuti originali.

L'odio di Mathie Kassovitz del 1995 con Vincent Cassel

L’odio di Mathie Kassovitz del 1995 con Vincent Cassel

La formula ibrida

Queste piattaforme, con il loro modello, stanno mettendo a dura prova i giganti di Hollywood, in un momento in cui lo streaming ha ceduto alla tentazione della pubblicità, lasciandosi alle spalle i periodi di baldoria con abbonamenti a prezzi bassi e zero interruzioni commerciali. Pandemia, scioperi, crisi e inflazione, il mercato dell’intrattenimento è in una fase di assestamento burrascosa e imprevedibile: i pubblicitari stanno diminuendo il volume dei loro investimenti nel settore, ma una voce sta invece aumentando. E lo conferma anche un’indagine di Xumo e Comcast Advertising.

“Nonostante il mercato pubblicitario stia vacillando, gli investimenti sulla Ctv stanno aumentando. Perché ci sono più dati a disposizione, e i pubblicitari non sparano le loro campagne di marketing nel vuoto”, spiega Milanez, parlando di un occhio di riguardo da parte degli investitori verso le televisioni connesse a internet, le Ctv, chiamate anche “smart tv”. In Italia, nel 2023, su 43 milioni e mezzo di televisioni, 21 milioni sono televisori smart.

Un’altra domanda a cui queste nuove piattaforme stanno trovando risposta, è nel modo con cui ottengono il contenuto che propongono. Una parte, piccola, è di produzione originale, ma l’altra è tutta caratterizzata da licenze. Questa è una delle strade che l’ex presidente di Paramount Global Bob Bakish aveva indicato durante il Mipcom di Cannes dell’anno scorso, puntando il dito contro proliferazione delle esclusive, e la “fine” della cosiddetta “peak tv”, ovvero del boom di produzione di contenuti per le piattaforme.

E questa alternativa ai contenuti “recitanti” alletta anche corporation come Disney: Iger ha infatti annunciato di voler concedere più contenuti del proprio catalogo ad altre piattaforme. “La gran parte del nostro contenuto è su licenza, ma abbiamo anche una piccola porzione di contenuto che produciamo, e per noi è strategicamente importante. Anche se hanno un volume molto piccolo. Da un senso di premium alla nostra offerta”, spiega Milanez, sottolineando che il loro modello prevede anche l’esistenza di alcuni canali Fast. In sostanza? La televisione, ma su internet.

Home page del servizio di streaming Rakuten Tv

Home page di Rakuten Tv

Il futuro dello streaming

Come scritto su THR Roma da Federico Cadalanu, anche la cara e vecchia televisione (data per morta già in diverse occasioni), è ancora viva e vegeta. E anche lei sta cambiando faccia con internet, lo streaming e le smart tv. Ma gratis? Già, gratis, in parte. Qualcuno diceva che se non si paga per il  prodotto allora il prodotto sei tu. O meglio, i tuoi dati.

Lo conferma anche Milanez, che spiega a THR Roma come la versatilità di questo modello (che permette frammenti a pagamento e alcuni completamente gratuiti), è possibile solo grazie “ai dati degli utenti”, nel “rispetto del GDPR”, ovviamente. Questo serve sia per personalizzare la pubblicità sia per capire quali contenuti inserire nella piattaforma. “Sono importanti per il processo di decisione dei contenuti. Vediamo quali film sono noleggiati o guardati gratis con pubblicità”.

“Sono affascinanti, ma sono un rabbit hole“, aggiunge il Cco, utilizzando un termine inglese che indica la profonda e allucinante tana del Bianconiglio di Alice nel paese delle meraviglie, e quindi l’idea che, prestando attenzione solo ai dati, il rischio è di perdersi e non capirne il significato.

“Puoi passare un’intera giornata a guardare i dati, è sì che sono la chiave, ma non sono una formula magica. Potresti non capire che cosa vogliono i tuoi utenti. Titoli che pensavamo fossero incredibili per la piattaforma non lo sono stati. Guardare solo ai dati non è quindi una soluzione sicura al 100%”, aggiunge Milanez.

E la previsione per il domani di questo modello? “In futuro vedremo un maggior numero di grandi marchi approdare nei canali Fast, perché vedono che questo business sta crescendo”, prevede Milanez. “Per quanto riguarda noi, in futuro dobbiamo diventare più selettivi nei contenuti che proponiamo”.