Amadeus dimezzato a Sanremo, un “ciaone” a Fabio Fazio, Marco Damilano “ridimensionato”, Bruno Vespa eterno e le gite di Pino Insegno a Palazzo Chigi. Sembra quasi un riflesso pavloviano quello che induce a rifrullare programmi, vertici e direzioni dei telegiornali ad ogni nuova stagione politica. Una specie di Trono di Spade italico che scatta matematico allo scoccar del cambio di governo, con la Rai al centro di una rivoluzione dirigenziale che coinvolgerà vertici e palinsesti per volontà della nuova maggioranza meloniana, sia pur con le inevitabili tensioni interne. Vediamo.
Addio Fuortes, arriva Sergio
Dopo mesi di inammissibile stallo, con il prime time della tv pubblica costretto ad attingere a repliche solitamente estive già in inverno e in primavera, le polemiche dimissioni dell’ad Carlo Fuortes hanno dato il via ad un risiko che parrebbe coinvolgere i nomi più disparati.
Al posto di Fuortes – che ha denunciato pubblicamente di non voler accettare “il compromesso di condividere cambiamenti di linea editoriale e una programmazione che non considero nell’interesse della Rai” – arriverà il direttore di Radio Rai Roberto Sergio, fresco di designazione del consiglio dei ministri in rappresentanza del ministero dell’economia, che a sua volta, da nuovo amministratore delegato, dovrebbe poi promuovere come direttore generale l’ex consigliere, in quota Fratelli d’Italia, Giampaolo Rossi. Dopo 48 ore di frizioni all’interno della stessa maggioranza, il ‘caso’ Roberto Sergio si è sbloccato, vista l’urgenza di avere un ad – causa palinsesti autunno-inverno da dover il prima possibile approvare.
Drag-Parietti rinviata sine die
Sul fronte nomine bisognerà trovare un nuovo nome per la Direzione approfondimento e un altro nome per il Coordinamento editoriale, con Nicola Rao del Tg2 e Monica Maggioni del Tg1 in pole position. Al loro posto, nei rispettivi Tg, potrebbero arrivare Antonio Preziosi di Gr Parlamento, apprezzato da Forza Italia, e il direttore dell’Adnkronos Gian Marco Chiocci, stimato da Giorgia Meloni.
Trema Stefano Coletta, capo della Direzione intrattenimento prime time nonché responsabile ad interim di Rai1, da tempo criticato dai vertici di governo con l’accusa di aver ‘gayzzato’ mamma Rai. Non a caso Non sono una Signora, programma in drag per il prime time di Rai2 condotto da Alba Parietti, finito di girare a ottobre, viene da sette mesi rinviato, suscitando non poco sconcerto per lo sperpero di risorse. Al posto di Coletta potrebbe arrivare Marcello Ciannamea, quota Lega, dal 2022 consigliere d’amministrazione di Rai Pubblicità e dal 2020 direttore della direzione distribuzione. Il compenso lordo di entrambi, al 2021, è praticamente identico. 203.100 euro per Ciannamea, 225.931 euro per Coletta, eventualmente spedito chissà dove dopo una vita intera trascorsa al servizio della tv pubblica.
Dinanzi a un simile caos i quotidiani da giorni si lanciano in un toto-Rai tra ipotetiche epurazioni e promozioni, tutte da verificare. Tentiamo un primo bilancio.
Tolgono Sanremo ad Amadeus?
La Repubblica ipotizza un “Amadeus dimezzato” per il prossimo festival di Sanremo, da condurre ma non da dirigere sul fronte artistico. Un’ipotesi ad smentita via Viva Rai2! da Roberto Sergio, ad Rai in pectore, con il carrozzone musicale che fa straordinariamente gola al governo Meloni, dichiaratamente infastidito dalla sua presunta ‘genderizzazione’ degli ultimi anni, che avrebbe trovato il proprio apice con il bacio tra Fedez e Rosa Chemical, lo scorso febbraio.
Ma Amadeus ha un regolare contratto per un’altra edizione, la sua quinta consecutiva, che se stralciato potrebbe vederlo facilmente bussare alla Corte dei Conti e vincere a mani basse contro chiunque abbia deciso di epurarlo, senza dimenticare lo strepitoso risultato Auditel del suo Festival del 2023 (pari ad una media del 62,96% di share). Come giustificare un cambio in corsa del conduttore nonché direttore artistico, ormai nome di punta di Rai1, dopo simile trionfale edizione?
Le visite di Pino Insegno a Palazzo Chigi
Secondo La Stampa Alberto Matano, reuccio del pomeriggio Rai, potrebbe essere affiancato da Nunzia De Girolamo a La Vita in Diretta, ma gli ottimi ascolti fatti registrare dall’ex mezzobusto del Tg1, che ha imposto un suo stile preciso nel condurre il programma in solitaria, rendono impensabile qualsivoglia aggiunta dell’ex deputata di Forza Italia, che dopo il sabato notte di Ciao Maschio e l’aver appena conquistato Uno Mattina Estate, punta anche al pomeriggio.
Chi è certo di tornare prepotentemente in Rai è Pino Insegno, nelle ultime settimane già visto quattro volte a Palazzo Chigi e fresco di presentazione della premier Meloni e dei vicepremier Salvini e Tajani a un appuntamento elettorale andato in scena ad Ancona, per sostenere il candidato del centrodestra Daniele Silvetti. Insegno, secondo Il Messaggero, veleggia verso il preserale sicuro de l’Eredità, al posto di Flavio Insinna. Per ora scongiurata qualsiasi ipotesi di vederlo condurre Sanremo al posto di Amadeus. Per il futuro, ovviamente, si vedrà, con Morgan ipotetico direttore artistico con la benedizione di Vittorio Sgarbi, sottosegretario al ministero della cultura.
Nicola Porro al posto di Fabio Fazio?
Il quotidiano romano ipotizza inoltre l’arrivo in Rai da Mediaset di Nicola Porro o Paolo Del Debbio, non fosse che a Cologno Monzese i due conduttori guadagnano cifre irripetibili a viale Mazzini. Uno dei due potrebbe andare a prendere il posto di Fabio Fazio, il cui rinnovo contrattuale in scadenza a giugno non verrebbe formalizzato, pur ottenendo risultati inattaccabili su Rai3 con Che tempo che fa, da 20 anni titolo di punta dell’intero servizio pubblico, unico vero “salotto buono” dove premi Oscar, premi Nobel e capi di Stato stranieri si presentano con garbo e ironia. Per convincere Porro e/o Del Debbio ad abbandonare il ricco lido Mediaset, la nuova Rai meloniana potrebbe trattare loro da “artisti” – proprio come avviene con Fazio, che guarda ora al ricco corteggiamento di Discovery – giustificando così ingaggi solitamente fuori portata dalla tv pubblica.
Non troppo sorprendentemente, Cinque Minuti di Bruno Vespa piace alla maggioranza, che ha di fatto trovato un divano amico da poter monopolizzare a proprio piacimento dinanzi a una platea di 4 milioni di telespettatori a sera, così come intoccabile appare Mara Venier, riconfermata “regina” della domenica. Chi andrà incontro ad un ridimensionamento, scrive sempre Il Messaggero, è Marco Damilano con la sua striscia quotidiana su Rai3, dove non è chiaro che fine farà Lucia Annunziata, a rischio declassamento con il suo In Mezz’ora dopo il litigio con la ministra Eugenia Roccella.
Monica Setta vuole tutto
La salviniana Monica Setta, che ha già tre programmi in tasca, potrebbe andare incontro al quarto, al pomeriggio in sostituzione della povera Serena Bortone che sul fronte Auditel va benissimo, mentre Pierluigi Diaco, amico intimo di Giorgia Meloni, è confermatissimo su Rai2 con il suo BellaMa’: programma pomeridiano, inizialmente disastroso dal punto di vista Auditel, per poi ricollocarsi sui contenuti e assestarsi su un accettabile 5% di share quotidiano. Diaco non solo lascia ma raddoppia, perché da fine agosto dovrebbe sbarcare anche su Rai1 con un nuovo programma, L’Altro Costanzo.
Stando a quel che scrive il Foglio, la Lega vorrebbe il ritorno a Uno Mattina di Roberto Poletti, ex direttore di Radio Padania e biografo di Salvini, nonché ospitate fisse a gettone per l’amico Francesco Storace, con collocazioni adeguate o promozioni per Giorgino, Mariella e Pionati. Non contento, Matteo Salvini vorrebbe mettere le mani anche su Agorà, su Rai3, affidandolo alla coppia Moreno-Fumagalli del Tg2. Al posto della prima arriverebbe Incoronata Boccia, moglie del portavoce del governatore sardo Christian Solinas, sempre in quota Lega.
Chi vince e chi perde
Una partita a scacchi, quella portata avanti dal governo Meloni, che in pochi mesi vedrà la Rai probabilmente rivoluzionata, e non per meriti o demeriti di chicchessia, bensì per precise scelte politiche, decise a premiare voci amiche, volti affini a una maggioranza che ha deciso di prendersi l’intera torta, lasciando le briciole a un’opposizione spezzettata che al momento pare incapace di reagire: da settembre si parlerà di un’informazione orientata, di una par condicio mandata in soffitta, di un racconto televisivo volutamente meno inclusivo e più conservatore. Ma i giochi si fanno ora, dopo l’estate il Trono di Spade italico avrà già un sovrano. O sovrana, che dir si voglia.
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