La vera storia di Mtv. O di come un canale via cavo ha fatto rinascere la cultura pop. Un videoclip alla volta

È nata il primo agosto 1981 l'emittente musicale. Da Thriller di Michael Jackson ai Nirvana in versione unplugged, dall'esperimento italiano alla deriva dei reality show. Oltre quarant'anni dopo cosa resta di quell'intuizione geniale?

Le immagini prese in presto dello Space Shuttle Columbia lanciato verso lo spazio. La luna. Un astronauta che scende dalla scaletta appoggiata sulla superficie argentea e una bandiera con il logo di una grande “M” colorata accompagnata da una piccola scritta “tv” ben piantata a terra. E una frase pronunciata da John Lack: “Ladies and gentlemen, rock and roll”. Alla mezzanotte e un minuto del primo agosto 1981 nasceva MTV. Per rimanere in ambito spaziale si potrebbero parafrasare le celebri parole pronunciate da Neil Armstrong nel 1969 – che rifiutò di concederle al network – e dire che la nascita del canale televisivo musicale è stato un piccolo passo per l’uomo ma un grande passo per la cultura pop.

Con la messa in onda di Video Killed the Radio Star dei Buggles l’idea di Robert W. Pittman, l’allora amministratore delegato della MTV Networks, prese vita. Sintonizzate sul nuovo canale solo un centinaio di persone del New Jersey in possesso di un sistema televisivo via cavo. Ma nel giro di un paio di mesi il successo e la diffusione di MTV divennero globali. L’intuizione era geniale: unire la musica (e quindi la radio che fino a quel momento aveva segnato in solitaria le sorti di un brano o di un’artista) alla televisione, medium di massa per eccellenza.

La MTV revolution e l’invenzione dei Beatles

Una rivoluzione che finirà per segnare l’immaginario collettivo di più generazioni. Anche se, a onor del vero, MTV non fece altro che sviluppare un’intuizione avuta quasi vent’anni prima dai Beatles. L’anno in questione è il 1965, quello di Rubber Soul. Album capace di segnare un prima e un dopo nella storia della band ma anche in quella della musica tutta. John, Paul, George e Ringo stanchi di girare il mondo ed esibirsi in concerti in cui non riuscivano a sentire neanche le loro voci inventano il videoclip.

Basta pensare a We Can Work it Out (1965), Paperback Writer (1966), Strawberry Fields (1967) e Penny Lane (1967). Da lì leggende come Bob Dylan e i Queen seguirono l’esempio della band di Liverpool e fecero lo stesso in un’immaginario filo rosso che trova il suo ideale punto d’arrivo (o di partenza?) in quella mezzanotte del 1981.

Thriller, Michael Jackson e il corto di John Landis

Se nei primi mesi la programmazione della neo nata MTV fu caratterizzata da una messa in onda limitata (solo un centinaio di video di band inglesi e australiane oltre all’immancabile pubblicità), i vertici del canale riuscirono a breve giro a convincere le etichette discografiche a investire parte del loro budget nella produzione di video musicali. A due anni dal debutto, nel 1983, Michael Jackson – all’epoca la più grande star musicale vivente – per promuovere Thriller, singolo dell’omonimo album prodotto da Quincy Jones, chiamò all’appello John Landis per realizzarne il video.

Un budget da 500 mila dollari e quattro versioni di cui, quella integrale, della durata di 13 minuti e 42 secondi. Un cortometraggio a tutti gli effetti accompagnato da trama e coreografie. Per la prima volta un videoclip aveva una parvenza cinematografica. Il risultato fu un successo tale (citato e parodiato negli anni a seguire) che portò l’Epic Records, l’etichetta musicale dell’artista, a realizzare una VHS comprata da 9 milioni di persone nel mondo. Anche se per anni MTV fu tacciata – a ragione – di essere troppo bianca, rilegando in un angolo (e a pochi passaggi televisivi) gli artisti afroamericani.

Jonze, Fincher e gli altri

Ventiquattro ore dedicate alla musica di ogni genere. Ventiquattro ore piene di immagini di ogni genere. Nel corso degli anni quella del videoclip è diventata una forma d’arte di tutto rispetto. Se fino a poco tempo prima schiere di adolescenti passavano ore girando di stazione radio in stazione radio aspettando di ascoltare il loro brano preferito, con MTV è accaduta la stessa cosa. Solo che questa volta, alla musica si affiancavano immagini in movimento.

Sono numerosissimi i registi che, prima di farsi un nome a Hollywood o di diventare un punto di riferimento nella cinematografia europea, hanno mosso i primi passi dietro la macchina da presa finendo poi per firmare la regia di videoclip divenuti cult – e di influenzare anche il cinema con quella che alcuni hanno coniato, in toni denigratori, l’estetica MTV – lanciati dai VJ, i video jockey che, alla stregua dei dj in consolle, lanciavano i videoclip durante la rotazione musicale del canale.

Da Spike Jonze (Buddy Holly dei Weezer o It’s All So Quit di Björk), David Fincher (Vogue di Madonna o Freedom! ’90 di George Michael), Paul Thomas Anderson (Across The Universe di Fiona Apple), Michel Gondry (Around the World dei Daft Punk o Fell in Love with a Girl dei White Stripes), Jonathan Glazer (The Universal dei Blur o Karma Police dei Radiohead), Floria Sigismondi (The Beautiful People di Marilyn Manson), Romain Gavras (Bad Girl di M.I.A.), Melina Matsoukas (Lemonade di Beyoncé) o Hiro Murai (I’m a Black Man in a White World o This is America di Childish Gambino). Solo alcuni dei nomi che negli ultimi trent’anni hanno contribuito a plasmare la nostra cultura popolare, tra citazioni a Stanley Kubrick e Happy Days!, coreografie impeccabili, versioni Lego di Meg e Jack White e critiche socio-culturali capaci di infiammare gli Stati Uniti.

Dall’animazione passando per l’Unplugged

I Video Music Awards, premi annuali dedicati ai migliori videoclip in circolazione (Beyoncé traina la classica con 30 statuette a forma di astronauta con l’immancabile bandiera a forma di M, seguita da Madonna e Lady Gaga), i canali tematici, gli show d’intrattenimento, le serie tv e, ovviamente, l’animazione.

Gli anni Novanta ci hanno regalato tre programmi diversi tra di loro eppure capaci di comunicare la voglia unanime di MTV di giocare e osare. Da Celebrity Deathmatch, serie realizzata in stop-motion in cui le più svariate celebrità si sfidavano sul ring a colpi di wrestling (indimenticabile il match tra Britney Spears e Christina Aguilera), all’idiozia di Beavis and Butt-head, serie animata su due ragazzi immensamente stupidi e apatici la cui risata è diventata leggendaria passando per Daria. Altra animazione dedicata a una liceale cinica, sarcastica e molto più intelligente di chi la circonda che, nel corso delle varie stagioni, imparerà a mitigare la sua misantropia.

Altro programma storico (ancora in corso) del canale via cavo è l’MTV Unplugged. Ideato da Beth McCarty, lo show trasmette concerti dal vivo in versione acustica di musicisti celebri. Ma se nel corso degli anni nomi illustri come Bob Dylan, R.E.M., Paul McCartney, Pearl Jam e Lauryn Hill si sono esibiti in questa versione “spoglia”, c’è da dire che il concerto dei Nirvana del 18 novembre 1993 è rimasto incastonato nella storia della musica. Al punto da diventare un disco dal vivo, MTV Unplugged in New York, uscito l’anno successivo e che, nel 1996, si aggiudicò un Grammy come miglior album di musica alternativa.

MTV Italia: anni magici

1º settembre 1997: nasce MTV Italia. L’inizio di un esperimento riuscito (almeno per un decennio). Improntato sulla versione europea, il canale italiano ha saputo però crearsi dei propri spazi di approfondimento che hanno lasciato il segno. Oltre alle colonne prettamente pop rappresentate da Total Request Live, Dancefloor Chart e Select, MTV Italia ha saputo sperimentare con programmi più di nicchia come Brand:New – approfondimento sulle nuove tendenze musicali condotto inizialmente da Massimo Coppola per lasciare poi il posto a Enrico Silvestrin, Paola Maugeri e Alex Infascelli – e dall’aperta valenza sociale.

Avere vent’anni, ideato e condotto da Coppola. Tra le idee più belle mai realizzate dal canale. Una serie di documentari che fotografavano i ventenni degli anni Duemila, tra lavoro, politica, emigrazione e religione; Rock in Rebibbia dove le telecamere di MTV entravano nel carcere romano per trasformare un gruppo di detenuti in una band grazie all’incontro con alcuni musicisti; Fabri Fibra: In Italia, viaggio del rapper in giro per il nostro paese per incontrare ragazzi e ragazze con sogni spesso in contrasto con la realtà.

L’arrivo (funesto) di YouTube

Ben prima dell’arrivo di piattaforme come Spotify o Tidal e della nascita di YouTube che del canale musicale ha contribuito a sancirne il declino (meno musica e più reality show come Jersey Shore di dubbio gusto e senso), MTV ha cambiato il volto dell’industria musicale. Le case discografiche hanno dovuto ripensare a come vendere i loro artisti studiando delle strategie che includessero i videoclip. E poco importava se si trattasse di Britney Spears o di Nick Cave, degli Smashing Pumpkins o delle Destiny’s Child. Ogni singolo video era pensato per riflettere lo spirito dell’artista di turno (e contribuire a far impennare il grafico delle vendite).

Questo si rifletteva anche nello sforzo economico che ogni etichetta dedicava al lancio di un disco. Ma con l’arrivo di YouTube e delle piattaforme cosiddette fluide, la musica ha cambiato volto ancora una volta. Un fan di Jay-Z o di Lady Gaga non doveva più aspettare ore per vedere (e ascoltare) il proprio artista preferito. Tutto era (ed è) a portata di un click. Anche questo ha spinto il canale televisivo a rivedere il suo palinsesto.

Già tra il 1995 e il 2000, la tv via cavo ha iniziato a diminuire del 35% la rotazione dei videoclip in favore di reality show e programmi televisivi. Con l’arrivo della piattaforma di contenuti multimediali, i format hanno preso il sopravvento fagocitando la musica. Il risultato è che oggi c’è molta più tv. Come se quel logo che ha cambiato le regole una notte d’estate di oltre quarant’anni fa avesse finito per capovolgersi.

“Pictures came and broke your heart” cantavano i Buggles. E in qualche modo anche MTV ci ha spezzato il cuore. Perché oggi, ripensando a quegli anni magici, rimane la nostalgia per una stagione bellissima fatta di puro pop e parentesi più impegnate. Un canale televisivo che ha avuto – senza esagerare – un ruolo fondamentale nella formazione di milioni di persone. La musica, forma d’arte forse più intima ed emotiva che esista, aveva trovato uno spazio comune. Un aggregatore di ricordi collettivi fatti di note e immagini. E allora per parafrasare il celebre slogan degli anni Ottanta che impazzava sul canale musicale: “I want my MTV (back)!”.