Beatrice Quinta: “Penseranno che mi sia data al canto religioso. Ma la fede che racconto non è quella canonica”. Il backstage di Devota (Esclusiva)

"Fare musica è come quando ti innamori di qualcuno che ti sfugge e fai di tutto per riprenderlo. Ma io ho capito che a me piace rincorrere". La cantante ritorna sulle scene con il suo primo ep, un viaggio in 6 brani in cui la scoperta di se stessi passa per le sonorità dance

Beatrice Quinta è tornata. E con lei tutta la sua voglia di provocare. Ciò che cambia è il come: lo fa dall’alto di un livello nuovo di consapevolezza, in primis personale, ma anche dell’altro. Torna sulle scene con il suo primo ep Devota, composto da 6 tracce autobiografiche, in cui la provocazione avviene per natura, senza troppi sforzi, quasi celata tra parole e sonorità dance.

Dal sogno erotico della title track, fino al vero inno all’auto determinazione che passa per Fatima, Devota è una sorta di terapia messa in musica, un esercizio ad una fede inedita, per cui anche rabbia e solitudine sono parte di un programma astrale già scritto. Che va compreso e accettato al fine di trarne ogni possibilità.

“Ho attraversato stanze, feste, riunioni e relazioni in cui cercavo di farmi prendere sul serio, come se aspettassi qualcuno che mi dicesse ‘sei brava’ per darmi un valore”. E per quanto sia una scalata in salita, lunga quasi sempre il tempo di una vita, Devota costituisce il viaggio verso il fine ultimo. Una devozione non canonica, che in certi casi può coincidere anche solo con l’amore per se stessi.

Ha scritto di aver aspettato per tanto tempo qualcuno che le dicesse “sei brava”. Crede che la società educhi le donne a vivere in funzione di questa validazione altrui?

Assolutamente sì. Sotto tutti i punti di vista. Sia a livello fisico che a livello lavorativo. Se siamo belle è un problema, se siamo brutte è un problema. C’è sempre qualcuno che deve dire che vai bene per sentirti valida.

Ora si sente in grado di validarsi da sola?

A poco a poco si, ma non è un lavoro da cinque minuti. Spesso mi devo auto convincere.

Qual è il suo rapporto con le critiche alla luce dell’esperienza di X Factor?

La prima volta che è arrivato un hater io ho esultato. Sono convinta che se non hai qualcuno che ti viene contro, significa che non hai impatto. Riesco a vivermela in maniera democratica, a scindere gli haters da chi muove critiche costruttive, dalle quali credo ci sia sempre qualcosa da imparare.

Crede che oggi il web e i social possano veicolare anche opinioni realmente costruttive?

Secondo la mia esperienza sì. Io tengo le due cose ben distinte: ci sono quelli che mi criticano proprio con l’intento distruggermi, e quelli che mi ascoltano, mi dicono delle cose che davvero potrebbero aiutare a migliorarmi.

Mi capita spesso su Twitter di trovare gente che mi contesta. Ma magari lo fa dopo avermi ascoltata davvero, non a priori. Le loro, di critiche, le trovo stimolanti, perché io sono estremamente autocritica, e vedo tutto questo come un motore a fare sempre di più.

Sin dall’inizio della sua esperienza ha ribadito il diritto di mostrare il suo corpo con grande libertà. Ma le è sempre venuto naturale o qualche volta si è sentita bloccata dai pregiudizi e dal giudizio altrui?

Sono sempre stata così. Giro nuda dentro casa. Il mio stato naturale è nuda. Delle volte, da vestita, mi sento veramente molto a disagio. Certo, da piccola questo modo di essere mi ha provocato non poche battute e discussioni. Ma nel momento in cui qualche ragazzino mi faceva una battuta, automaticamente partivo: “Lo sai perché lo stai facendo? Tutto questo è frutto del tuo retaggio maschilista”. Forse nasce tutto da qui, dal mio essere una grandissima rompi palle (ride, ndr).

Beatrice Quinta - Courtesy of Fabrizio Milazzo

Beatrice Quinta – Courtesy of Fabrizio Milazzo

Devota è un titolo piuttosto provocatorio, così come la cover dell’lp.

Tanto. È un bel gioco di parole, perché la gente si aspetta di vedere qualcosa e trova tutt’altro altro. Magari penseranno che io mi sia data al canto religioso, invece la fede che racconto non è quella canonica.

Si sente fedele a qualcosa in questo momento?

Ho capito che se non scegli a cosa esserlo, la tua vita può prendere una piega bruttissima. Io ho scelto di essere fedele all’amore. Percepisco tanta fede e sto cercando di spiegarmela in qualche modo: voglio sentirmi come se fosse tutto un programma che io voglio accogliere. La chiamo la “sindrome della ragazza fortunata”, quella volontà di prendere tutto come un pretesto per il racconto.

Anche il male può essere motore per la creazione?

Assolutamente sì. Le mie canzoni più carine le ho scritte nei periodi più brutti e bui della mia vita. Rabbia e solitudine sono forse le sensazioni che mi muovono di più. Ed è molto stimolante, perché non sono abituata a parlarne, a dare valore ai miei sentimenti.

In un post Instagram di presentazione di Devota ha detto che scrivendo questo album sente di aver espresso cose che non era neanche riuscita a dire a se stessa. È questo tipo di sollievo, per lei, la musica?

È terapia. La prima terapia che ho fatto era con un musicoterapeuta. Sin da piccola, che qualcosa andasse bene o male, ero comunque attaccata al pianoforte a scrivere. È sempre stata una liberazione totale.

Era una strada già scritta per lei, quella della musica?

Lo spero. A volte ne ho sofferto, perché non ho mai avuto una seconda scelta. Qualsiasi altra cosa avessi scelto, non mi avrebbe mai resa felice quanto la musica o l’arte. È come quando ti innamori di qualcuno che ti sfugge e fai di tutto per riprenderlo.

E ora è riuscita a raggiungerlo?

No. Non ce l’ho sotto scacco, ma ho capito che mi piace correre per rincorrere. Che si tratti di arte o di rapporti personali. È la corsa stessa, il motivo per cui faccio musica. È solo correndo che scopri sempre cose nuove, altrimenti ti fermi e ti rendi conto che magari la persona che hai inseguito non è neanche come l’avevi immaginata. Mi piace dire che il mio lavoro migliore ancora non l’ho fatto.

Di Devota si ritiene soddisfatta?

Soddisfatta al 100% non lo sono mai. Sento però una grande crescita personale interiore. È la prima volta che mi sento così fiera di un progetto, però.

Come descriverebbe questo nuovo lavoro?

In tre parole lo definirei sincero, erotico e pieno di radici. E da questo backstage si intende il risultato di tanti creativi che si mettono assieme per fare arte e ne traggono arte. Credo di aver finalmente trovato persone devote come me.

Lei a cosa si sente devota?

Sono partita dalla Sicilia e sono venuta a Milano da sola. Sono arrivata a lavorare con delle persone che stimo tantissimo, in quello che da sempre è il lavoro dei miei sogni. Ci penso ogni mattina. Se non è devozione questa…