Pier Cortese, da Sanremo a Venezia alla colonna sonora di Come le tartarughe: “La mia prossima casa è il cinema”

Dopo le due manifestazioni artistiche più importanti d'Italia, il 7 marzo 2023 è uscito l'ep Sottopelle, contenuto nell’ultimo romanzo di Chiara Gamberale, I fratelli Mezzaluna. E il cantante conferma la svolta nella sua carriera

È dopo aver ascoltato il brano Tu non mi manchi di Pier Cortese che Monica Dugo, regista di Come le tartarughe, ha sentito l’esigenza di entrare in contatto con il musicista. La loro collaborazione, che il compositore romano definisce “un dare avere”, ha dato vita alla colonna sonora ufficiale del film, in uscita oggi, 24 agosto 2023, nelle sale italiane.

Con alle spalle un festival di Sanremo nella sezione nuove proposte, una partecipazione alla Mostra del Cinema di Venezia proprio come compositore delle musiche di Come le tartarughe, e la presenza delle sue canzoni (tramite un codice qr che rimanda all’ep Sottopelle) anche nel romanzo Mezzaluna di Chiara Gamberale, Pier Cortese si conferma da oltre vent’anni un artista poliedrico e indipendente, in grado di spaziare in tutte le arti possibili. Ma la casa futura della sua musica – ne è sicuro -, è il cinema.

Com’è stata l’esperienza di Come le tartarughe? Com’è nata la collaborazione con Monica Dugo?

È stata un’esperienza romantica e singolare, nata nel periodo successivo alla pandemia. Dopo dodici anni di inattività discografica, ho pubblicato il brano Tu non mi manchi, con un video autoprodotto. Monica mi ha mandato una mail in cui mi diceva che avrebbe avuto piacere ad inserire la canzone nel film, perché le piaceva l’idea di apnea alla base del brano e condivisa dal film. Poi ci siamo incontrati in un bar e mi ha detto che il film sarebbe andato a Venezia. Alla sua proposta, ovviamente ho detto di sì. Anche se non pensavo sarebbe successo davvero. Successivamente poi, mi ha detto che sarebbe stato un lungometraggio, e che avrei potuto curare l’intera colonna sonora. Insomma, l’ambizione di una vita.

Non era la prima volta con le colonne sonore. È un mondo in cui le piace lavorare?

Nel 2018 avevo lavorato in Corpo, un cortometraggio horror dell’esordiente Davide Colaiocco. Quello fu un assaggio iniziale, poi con Come le tartarughe mi sono definitivamente innamorato.

Esiste un processo unico e univoco di creazione per il cinema?

Dipende tutto dal regista. Nel caso di Come le tartarughe, sono stato davvero fortunato. Nel momento in cui per il cineasta e il compositore la noia, la felicità, la tristezza hanno delle immagini simili, è tutto in discesa. Ma non è detto che accada, e a quel punto diventa difficile dialogare e trovare un punto di coesione. Nel nostro caso, con Monica, ci siamo ispirati a vicenda.

Di recente ha prodotto l’album di Carlo Amleto, Facciamo che io ero. Com’è nata la vostra collaborazione? 

È tutto partito da Carlo che ha cercato di rimorchiarmi (ride, ndr). Mi ha chiesto di immaginare un progetto adatto a lui, e la suggestione iniziale è presto diventata volontà. Ho cercato di dare forma a tutte le sue inclinazioni, e non è semplice farlo con uno che allo stesso tempo è attore, comico, cantante. Però il risultato finale è molto soddisfacente

Nel 2007 ha partecipato a Sanremo Giovani. Ha mai pensato di tornare all’Ariston o è una porta che ha deciso di chiudere? 

A quell’età, non me la sono goduta per niente. Sanremo è un’incognita: nonostante tu sappia benissimo a cosa stai andando incontro, ti ritrovi davanti ad un ambiente difficile e ingestibile. È facile sentirsi un pesce fuor d’acqua, specialmente per uno come me. Ma forse, tutto sommato, lo rifarei.

Qual è la sua opinione sui talent? Da esordiente avrebbe partecipato?

Non credo. Se fossi agli inizi, vorrei un esordio fatto di live, di crescita progressiva. Il successo non è mai stato la strada da perseguire per me; ho sempre preservato un’idea della musica più rispettosa, aulica. Mi sento abbastanza al di fuori delle logiche discografiche, ma non mi metto assolutamente nella posizione di condannare i talent, va bene che esistano. Penso però che si debba mostrare anche l’altra faccia della medaglia: fare questo mestiere non corrisponde per forza a quella narrazione che vediamo in tv, con i riflettori puntati e grandi numeri già dal primo singolo.

Si definirebbe un artista indie?

Non mi sento molto vicino nelle intenzioni all’indie contemporaneo italiano. Se pensiamo ad una dimensione internazionale, invece, mi ci ritrovo già di più.

Ci sono dei membri della scena indie attuale che le piacciono? 

Mi piacciono molto James Blake e Sufjan Stevens. Proprio ora sto ascoltando il disco No, thank you di Little Simz, una giovane inglese che mischia l’attitudine urban con quella elegante, gospel. Lo trovo davvero bellissimo.

Ha preso parte sia a Sanremo che a Venezia, le due più grandi manifestazioni artistiche italiane. Sono due mondi davvero diversi o c’è una coesione tra di loro? 

Li percepisco come due ambienti opposti, seppur prossimi. Se Sanremo era un ambiente a me estraneo, e non avevo una maturità tale da sentirmi tranquillo a partecipare, a Venezia ho trovato la mia dimensione.

C’è anche un qr per sentire il suo ep Sottopelle nel nuovo romanzo di Chiara Gamberale, I fratelli Mezzaluna. Cinema, musica e letteratura: ora che ha sperimentato praticamente tutte le arti, qual è il mondo in cui vuole portare le sue canzoni? 

Anche quella del libro è una sorta di colonna sonora; è stato ancora una volta un tramite per scovare nuove facoltà del mio cervello. Ma partecipare alla Mostra mi ha fatto capire che nella mia vita voglio fare questo. Voglio scrivere per il cinema, creare delle canzoni che riescano a incarnare delle storie. Ad oggi, il momento in cui ho sentito la mia canzone in Come le tartarughe è stato il più emozionante nella mia vita da ascoltatore.

Da cosa si sente ispirato? Che sia una canzone, un film, un libro, una persona…

Mi attirano le cose su cui vado a sbattere quotidianamente. Che siano una persona che incontro al supermercato, la chiacchierata con un amico, una storia che mi raccontano. L’ultimo libro che ho letto, L’atto creativo di Rick Rubin, mi ha ispirato molto, è una specie di enciclopedia per quelli che fanno il mio mestiere.

Ha dei progetti per il futuro?

Vorrei tanto lavorare ad una nuova colonna sonora. Come al solito, io butto un po’ di idee, semino delle mollichine, ma poi non so mai dove andrò a finire. Non ho proprio idea di quello che succederà, ma non mi piace mai mettermi dei limiti.