“Se incontri qualcuno a Cannes o alla Berlinale sono tutti molto stressati, mentre qua c’è un altro ambiente, hai tempo per parlarti bene, conoscerti meglio. Ed è anche così che nascono i progetti e le relazioni”. Birgit Oberkofler, Head Film Fund & Commission dell’IDM Fim Commission Südtirol, è appena scesa dal palco allestito nell’hall di My Arbor, l’hotel che sovrasta Bressanone e che ospita la 13ª edizione di Incontri, appuntamento dedicato ai professionisti dell’audiovisivo. Un ambiente informale in cui scambiarsi idee e visioni e conoscere più da vicino realtà produttive diverse o affrontare tematiche attuali come quella dell’intelligenza artificiale.
Ricopre il ruolo di Head Film Fund & Commission dal 2017 ed è a capo di un team quasi del tutto femminile.
Siamo in otto, nove al massimo. Tra le varie figure abbiamo due referenti per il fondo, due persone che lavorano nello sviluppo del territorio facendo formazione, una persona nella comunicazione, un’altra impegnata sulla Film Commission. Non so per quale motivo, ma da sempre siamo più donne. Però adesso, finalmente, abbiamo anche un consulente del fondo uomo (ride, ndr). Il team è molto dinamico per cui ora che il nostro collega va in paternità fino a settembre sarà sostituito da un’altra di noi che ha già lavorato in quell’area, una materia molto specifica per cui bisogna avere tanto know-how. Pur avendo ognuno di noi delle competenze molto specifiche, bisogna però essere anche un po’ flessibili, tenendo sempre in considerazione il proprio desiderio di crescita.
Per ottenere i finanziamenti bisogna rispondere a determinati requisiti, dal green shooting al gender mainstreaming.
È il nostra DNA. Vogliamo essere un partner affidabile per i produttori e produttrici. Vogliamo sostenere l’Italia della creatività e delle opportunità, vogliamo dare i fondi a chi se li merita, a chi ha il talento. E quindi è tutto molto trasparente. C’è un processo molto ben definito dietro.
In Italia c’è il certificato verde. Quello predominante è del Trentino e si chiama Green Film. Ne abbiamo un altro che si chiama Green Shooting. Dopo la sua introduzione cerchiamo di trovare le soluzioni migliori per i produttori e le produttrici. Abbiamo una collaborazione sia col fondo nazionale tedesco che con quello austriaco oltre che con Green Film in modo tale che il produttore possa scegliere quali parametri vuole usare in modo tale da certificare tutto il film nella sua interezza e non a blocchi.
Il gender mainstreaming sta funzionando?
L’abbiamo messo in campo per un paio di anni e abbiamo visto che non ha avuto l’effetto che ci aspettavamo. Adesso siamo in un’altra fase in cui cerchiamo di essere più inclusivi e diversificati. Sappiamo che dobbiamo dare accesso ai fondi anche a altre persone, a un altro target. Perché sappiamo che la maggior parte dei fondi pubblici va a uomini di una certa età e questo non è giusto. Abbiamo messo in campo una serie di iniziative per cambiare questa realtà. Penso che, come donne, dobbiamo anche molto incoraggiarci perché tendiamo ad essere più modeste, a pensare di non riuscire. Invece riusciamo a far tanto se abbiamo l’autostima. E tante volte ci manca solo quella. Dovremmo farci da mentore l’una con l’altra. Incoraggiarci e dire semplicemente: “Sei stata brava. Sei in grado di farlo”. Bisogna darci una spinta. Il futuro non lo vedo nero. Siamo nella posizione per poterlo cambiare.
Il lavoro della Film Commission ha anche una ricaduta molto importante sul territorio in termini di turismo. È uno degli aspetti collaterali del vostro impegno?
Per noi non è lo scopo principale, che rimane quello di rafforzare e creare l’industria locale. È per questo che puntiamo molto a questo effetto sul territorio e non così tanto all’immagine.
Come Film Commission vi impegnate anche nella formazione?
Lavoriamo in tutti i campi e funziona molto bene. Da un lato abbiamo il fondo e attraverso le richieste che arrivano sappiamo quello che la gente cerca, dagli scenografi ai costumisti, dall’altro possiamo anche formare, crescendo insieme. Anni fa Katharina Forcher è venuta da me a dirmi: “Voglio diventare costumista”. Grazie ai nostri corsi ora sta per iniziare il suo secondo progetto dal budget di 14 milioni di euro. Si è fatta la gavetta e adesso non lavora più solo qui, ma anche molto a Vienna. Ne siamo felici perché siamo convinti che non si possono fare solo film in provincia e che le persone brave vengono cercate.
A quali progetti state lavorando?
Cliffhanger 2 con Sylvester Stallone che sarà ambientato sulle Dolomiti, un documentario dedicato ad Anja Niedringhaus, la photoreporter uccisa in Afghanistan nel 2014, il family fantasy Woodwalkers e Battle Against ‘Ndrangheta, una docuserie che racconta dal punto di vista della polizia come si è infiltrata in Germania. Sarà prodotta Stefano Strocchi e da Gebrueder Beetz, che hanno base a Berlino, per la regia di Veronika Kaserer, originaria di Bolzano.
In questi anni vi siete confrontati con altre Film Commission o avete guardato ad altre realtà come riferimento?
Molto. C’è un confronto co l’Italian Film Commission, ma anche con CineRegio, un network di fondi regionali europei molti diversi uno dall’altro – dai più selettivi ai più automatici. È molto interessante questo confronto, l’allineamento, il lavorare insieme.
In questi anni c’è una produzione che l’ha resa particolarmente orgogliosa di essere riuscita a portare nel territorio?
Ultimamente un bel risultato è stato Lubo di Giorgio Diritti presentato a Venezia in concorso. Poi Siberia di Abel Ferrara con Willem Dafoe. Ma anche tutti i progetti con talenti locali, come Ronnie Trocker che adesso farà un altro film. Delle relazioni a lungo termine molto belle.
Lavora nel campo dell’audiovisivo come professionista, ma da spettatrice qual è il cinema che ama?
Mi piace molto quando un film mi dice e regala qualcosa. Mi è piaciuto molto Toni Erdmann. Mi sono ritrovata in alcune situazioni che mi hanno fatta ridere e mi hanno fatto da specchio (ride, ndr).
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