Angus Cloud, le cicatrici di un ragazzo (e di una generazione). E no, non è un’altra puntata di Euphoria

L'interprete di Fezco nella serie ideata da Sam Levinson, scomparso a 25 anni, ha combattuto la sua personale battaglia per la salute mentale: una sovrapposizione tra cronaca e fiction, il racconto dell'angoscia esistenziale di un gruppo di giovani - dei giovani - e della loro fatica di combattere i propri demoni. Dentro e fuori la vita reale

Angus Cloud, classe ’98, ha i capelli rossi rasati e una cicatrice sulle nuca. Se l’è fatta quando era adolescente, a tredici anni, cadendo in una buca di costruzione. È rimasto intrappolato nella fossa per dodici ore, da solo, con un’emorragia interna che gli premeva sul cranio. Anche se aveva le dita rotte, il ragazzo è riuscito a uscire e salvarsi. Camminava per le strade di Manhattan quando Sam Levinson l’ha notato e l’ha voluto come Fezco, detto anche semplicemente Fez, per la serie Euphoria.

Angus/Fez era così. Taglio cortissimo, barba ispida, sguardo tra il dolce e l’allucinato. Sono queste le altalene del carattere del personaggio: dall’osservare con infinita compassione la protagonista Rue (interpretata da Zendaya) a fiondarsi con brutalità sul personaggio di Nate per picchiarlo. La morte di Cloud, 25 anni, si trascina dietro il senso di gravità enfatizzato in ogni episodio dalla produzione Hbo che, in qualche modo, possiamo vedere riflessa nella dipartita – molti parlano di suicidio – del giovane. 

Nelle puntate di Euphoria il senso di pericolo e morte è costante, quasi un segno distintivo della serie. Anche nei momenti di maggiore tranquillità, tra i corridoi della scuola o nei lunghi giri in bicicletta della protagonista Rue. È l’angoscia esistenziale di un gruppo di giovani allo sbaraglio, che preme come un macigno sull’anima degli spettatori.

Se in uno show come Glee, quando una serie di attori sono cominciati a morire tragicamente (da overdose a accuse di pedopornografia che hanno portato al suicidio, fino all’annegamento), la situazione risultava del tutto dissonante, con la scomparsa di Angus sembra che Euphoria intensifichi il suo raggio di azione, in una sovrapposizione tra realtà e fiction. Portando i disagi dello show al di là dello schermo.

La canzone che resta: Stand By Me

Angus combatteva la sua battaglia per la salute mentale. Non ne aveva fatto mistero, era una lotta che affrontava apertamente ogni giorno. Forse, il suo Fez, era uno dei pochi dalla testa “sana” dentro a quella che, a tutti gli effetti, veniva rappresentata come una gabbia di matti. Una vita violenta, il suo personaggio, spacciatore prima ancora che qualsiasi altra cosa, che si prende così cura del fratellino (anche lui spacciatore) e della sua famiglia.

Per una serie che ha saputo affrontare di petto la malattia mentale  – secondo alcuni, anche con un’attenzione eccessiva – scoprire che anche fuori dallo schermo i suoi attori dovevano sconfiggere (o almeno tentare di farlo) demoni simili, è ancor più drammatico. È un’altra puntata di Euphoria. Ma non è un’altra puntata di Euphoria.

 

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Il Fezco di Angus Cloud, nel corso delle due stagioni, ha avuto uno sviluppo che lo ha portato ad essere da “guest” a “regular” nello show. Dal suo piccolo angolo di spaccio, lo spazio del giovane si è allargato nel corso degli episodi, facendolo entrare in sintonia con la Lexi di Maude Apatow, il miglior personaggio della serie. O, almeno, il più equilibrato. Instaurando un’amicizia con la ragazza che poteva diventare qualcosa di più, cosa che non potremo mai sapere. Di loro ci resta solo una canzone: Stand By Me. Non a caso un classico, quello di Ben E. King, senza tempo, poi reso ancor più immortale da John Lennon (ma questa è un’altra storia).

Fezco era la mancanza di alternativa, era il dover essere per forza un criminale visto il suo passato, i suoi trascorsi, quello che ha dovuto attraversare. E, per Levinson, era diventato anche lo specchio del guardare oltre il ruolo che spesso ci viene imposto e da cui si crede di non potersi allontanare.

Angus Cloud, giovani oltre lo script

A Fez, nel finale di stagione, Lexi dedica lo spettacolo che mette in scena: non è altro se non la riproduzione nelle gelosie, dei drammi, delle cattiverie e delle solitudini che i protagonisti di Euphoria vivono ogni giorno. Sono i personaggi che si rivedono in quello che avviene sul palcoscenico. Come una generazione che, estremizzazioni a parte, si è rivista nei cambiamenti, nelle prese di posizione e nelle contraddizioni della serie.

Angus Cloud è una di queste. La sua morte, il non essere riuscito a superare la scomparsa del padre avvenuta una settimana prima e aver agito di conseguenza, è un altro esempio di quanto il disagio mentale sia un problema più diffuso di quel che ci permettiamo di credere. Che non basta essere diventato un attore di successo, aver trovato la fortuna passeggiando per strada, e aver solcato lo scintillio dei red carpet per poter silenziare le voci letali che ronzano nella testa. Di Angus Cloud è l’età che colpisce. Senza pietà.

L’attore ha fatto parte di un progetto che, pur eccedendo a tratti, ha voluto inquadrare ed esorcizzare i mali in cui possono imbattersi i giovani. Una serie tremendamente attenta alla salute mentale della protagonista Rue di Zendaya, anche e soprattutto quando non riusciva o non voleva gestirla. Ma Angus è un ragazzo che, nonostante la sceneggiatura, le parole, gli episodi, se ne è andato. Ecco la lezione che rimane. Che una serie può sconvolgerci, stupirci, metterci davanti a bruttezze che feriscono, ma è poi la vita vera con cui bisogna confrontarsi.