Fingernails, quando Cupido è una IA: “L’amore è istinto, l’algoritmo non può decidere per noi”

Il film romantico e surreale del greco Christos Nikou, dal 3 novembre su Apple TV+, è stato presentato alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Grand Public. "Avremmo voluto Hugh Grant nel cast. Gli piaceva la sceneggiatura, ma la produzione era troppo piccola". L'intervista a THR Roma

Nei film di Christos Nikou il mondo è sempre uguale al nostro. Ci sono delle persone, hanno delle relazioni e cercano di andare avanti con la loro vita. Ma sia nell’esordio Apples (2020) che nel secondo film, Fingernails, c’è un dettaglio che cambia la società così come la conosciamo. Nell’opera di debutto – presentata in anteprima alla Mostra di Venezia – il mondo era colpito da un’epidemia che provocava vuoti di memoria.

In Fingernails, première a Telluride Film Festival e anteprima nazionale alla 18esima Festa di Roma, le coppie possono sottoporsi a un test presso il Love Institute per scoprire se siano compatibili. I protagonisti Riz Amhed e Jessie Buckley, ognuno con una relazione stabile al 100%, cominceranno a innamorarsi l’uno dell’altra, mettendo in dubbio i risultati di una macchina che analizza i sentimenti delle persone utilizzando come campione l’unghia di un dito.

Dopo l’esordio Apples e il secondo film Fingernails è lecito chiederle: è una persona sentimentale?

Molto. E forse è l’ora di smetterla. In effetti credo sia il mio più grande problema. Sono un sentimentale e amo gli esseri umani. Sto cercando di fare film umanistici, anche se sembrano strani o eccentrici. Una cosa strana può essere comunque umana.

I suoi film sono quasi studi sociologici. Ha mai pensato di approfondire il tema?

Non ho mai pensato di studiare sociologia. Per entrambi i film mi è stato chiesto se avessi fatto delle ricerche, ad esempio mediche per la memoria, o se avessi parlato con qualche esperto d’amore per Fingernails. Che poi non so nemmeno se esista, un esperto d’amore. Hugh Grant a parte, ovviamente. Il mio unico lavoro preparatorio è stato quello di osservare e provare a capire le persone, cercando una storia senza personaggi cattivi. Semmai è la società a diventare cattiva, quando dimentica di investire sugli esseri umani.

È fan di Hugh Grant, visto che lo cita anche nel film?

L’avevamo contattato per il ruolo, andato poi a Luke Wilson. Ci piaceva l’idea che a dirigere il Love Institute fosse una persona che non sa cosa sia l’amore. Ha anche letto la sceneggiatura, gli è piaciuta, ma era una produzione troppo piccola. Un giorno però ero a Toronto e stavo andando a vedere un film, quando ho notato il cartellone di un cinema che promuoveva una rassegna dei suoi film romantici. Ho pensato: “Ok, il tuo nome ci sarà comunque”. Ed è ciò che si vede nel film.

Ha parlato con qualche coppia per prepararsi al film?

Sì, ho parlato con amici e con le generazioni più giovani, che usano con maggior frequenza le app di incontri per trovare l’amore. Con un dito scorrono a destra o a sinistra per trovare la persona perfetta, lasciando che sia un algoritmo o un’intelligenza artificiale a decidere di loro, del loro destino. Quando l’amore dovrebbe passare solo dall’istinto.

È come se Fingernails fosse il Terminator dei film d’amore.

Nel film la macchina prova a mettere insieme le persone, ma in generale il concetto è che ormai utilizziamo la tecnologia per qualsiasi aspetto della nostra vita. Solo che lo facciamo come se ci trovassimo in un fast food, anche con le emozioni. Tutto è in un click, compreso l’amore. Il problema è che si entra nel fast food per cercare delle risposte, ma l’unico luogo dove trovarle è dentro di noi.

Le coppie le ha intervistate come fa Rob Reiner in Harry ti presento Sally?

No, ma è divertente sentirlo citare. In una prima bozza del film c’era una scena in cui si analizzava la pellicola di Reiner, anche se fondamentalmente ci domandavamo più perché abbiano fatto girare una scena a Billy Crystal al college anche se era evidente che avesse 45 anni.

Ha un film romantico preferito?

Ne ho molti. Ci sono due tipologie. I film romantici come Se mi lasci ti cancello, Gli amanti del Pont-Neuf di Leos Carax o Beginners di Mike Mills, tra i miei preferiti dell’ultimo decennio. Poi amo moltissimo anche tutte le commedie di Richard Curtis, da Notting Hill a Quattro matrimoni e un funerale fino al più recente Questione di tempo.

Questione di tempo è una delle migliori rom-com degli ultimi anni.

Eppure molti la sottovalutano. La scena in cui Bill Nighy gioca per l’ultima volta a ping pong col figlio mi spezza il cuore. È un film così bello.

Invece la canzone d’amore preferita?

I Hope That I Don’t Fall in Love With You di Tom Waits.

Cosa le fa più paura in una relazione?

Cadere nella routine. Che è poi ciò che tentiamo di dire, ovvero che l’amore non è qualcosa che si dimostra con regali o bigliettini. Non serve nemmeno togliersi un’unghia del dito. L’amore è qualcosa su cui bisogna lavorare ogni giorno. Ogni singolo giorno. Soltanto così è autentico.

E cadere in una routine cinematografica?

Anche, certamente. Mi rendo conto che nell’ultimo tempo ho fatto film soprattutto concettuali.Non voglio fossilizzarmi. Poi ci sono dei registi che fanno sempre opere molto simili tra loro, penso a Aki Kaurismäki, di cui però ogni volta non vedo l’ora di vedere il prossimo film.

È per questo che già con la seconda pellicola si è spostato in America?

È accaduto perché ne ho avuto la possibilità. Apples è stato molto apprezzato e questo mi ha permesso di girare qualcosa in lingua inglese. Anche perché non credo che le mie storie siano propriamente greche. Apples parla di memoria, Fingernails di amore. Non potevo perdermi l’opportunità di lavorare con attori tanto straordinari.

Come è andata con Jessie Buckley e Riz Ahmed?

Jessie mi sorprende sempre, qualsiasi cosa faccia. Riz è un camaleonte. Riesce ad adattarsi a qualsiasi tono molto facilmente, dalla commedia al dramma. Non si erano mai visti in un film romantico e credo funzionino molto bene. C’è chimica. Jeremy Allen White, poi, è fantastico e sono certo che la gente se ne accorgerà sempre di più, non solo grazie a The Bear. Aspetto di vederlo in The Iron Crow, lo ha girato in contemporanea con Fingernails. E Luke Wilson è stato davvero di supporto, spero che torni ad avere più occasioni sullo schermo in futuro.

Sono due film molto distanti, ma ha mai pensato che a qualcuno, vedendo Fingernails, possa venire in mente The Lobster di Yorgos Lanthimos?

Ci sarà chi troverà i due film simili, perché parlano entrambi di coppie e di come trovare l’amore. Ma i rispettivi universi sono molto differenti.