Comandante, la parola a De Angelis e Favino: “Il fascino del capitano Todaro? È la sua disobbedienza”

Il regista e l'attore raccontano a THR Roma il film che inaugura la Mostra, dedicato al capitano di corvetta che nel 1940 affondò un mercantile armato in uno scontro di guerra, ma ne salvò i marinai: "L'eroe che ci commuove è quello che si ricorda che siamo esseri umani". Annunciata in sala la presenza di Salvini, al Lido si riapre la tensione politica. Il cineasta: "Spero che chiunque veda la pellicola convenga che le leggi del mare non vadano mai infrante"

Campari Lounge, il mare della Laguna increspato dalle onde, Edoardo De Angelis e Pierfrancesco Favino che ci parlano di Comandante, storia di acqua, ferro, dolore e uomini. Dopo i 155 minuti di proiezione per la stampa del film sul capitano di corvetta Salvatore Todaro che, nel 1940 affondò un mercantile armato belga (ma che portava con sé materiale militare britannico) ma ne salvò gli uomini, fa un certo effetto ascoltarli con negli occhi e nelle orecchie quei rumori sentiti durante la proiezione e che hanno fatto da colonna sonora quanto il lavoro di Robert Del Naja. “Mi sono imbattuto in questa storia nel 2018 – racconta il cineasta, autore di Indivisibili e Il vizio della speranza – quando nel 123° anniversario della Guardia Costiera l’ammiraglio Pettorino ricordò la sua vicenda. E lo fece in forma di parabola, raccontando di Salvatore Todaro, che affondava il ferro nemico ma l’uomo lo salvava. E a chi, come Dönitz, responsabile delle operazioni dei sommergibili dell’Asse nell’Atlantico, lo criticava, lui rispondeva: noi abbiamo 2000 anni di storia sulle spalle, noi certe cose non le facciamo, noi siamo italiani”.

Non la barzelletta “italiani brava gente”, ma la visione antropologica e storica di un militare atipico, intellettuale e affascinato dall’esoterico e dalle culture antiche, poliglotta (parlava anche il francese e il tedesco).

Comandante, la forza di aiutare i deboli

Da qui nasce l’esigenza di farne un libro (scritto con il due volte premio Strega Sandro Veronesi) e un film. “Ascoltando quelle parole mi si sono accese due lampadine: la prima era che mi chiariva cos’era la forza, la vera forza, ovvero la capacità di aiutare il più debole. E poi cosa volesse dire essere italiani, in quanto identità profonda, un qualcosa su cui, da napoletano, fino ad allora non mi ero interrogato abbastanza. Todaro me l’ha spiegato e se questo vuol dire essere italiani, lo sono”.

Anche per questo Comandante – che apre il festival – è un racconto che non vuole mai nascondere le malinconie, le ombre dell’uomo e dell’eroe, ma cerca di raccontarlo con onestà e passione. “Il mio innamoramento per lui – rivela il regista – non è tanto per il gesto eroico o per l’eroe senza macchia e senza paura ma per la sua avventura umana, per la sua capacità di compiere un solo gesto forte, cristallino di umanità. L’eroe che mi commuove ha mille macchie e paure, è quello che si ricorda e ci ricorda che siamo esseri umani”.

Sandro Veronesi, Edoardo De Angelis, Pierfrancesco Favino e Silvia D'Amico alla conferenza stampa di Comandante a Venezia80

Sandro Veronesi, Edoardo De Angelis, Pierfrancesco Favino e Silvia D’Amico alla conferenza stampa di Comandante a Venezia80

Impossibile dribblare la polemica politica, dal momento che la Regia Marina era sotto gli ordini del fascismo e con lei lo stesso capitano di corvetta. Inevitabile capire quanto abbia inciso anche nel modo di raccontare il film, di girarlo, di immaginarlo. “A me proprio questo circuito mi colpisce e incuriosisce: Todaro è un essere umano che giura fedeltà al re, è un monarchico convinto, che ha mille contraddizioni. Lui è cattolico, ma ha poteri divinatori e crede nell’esoterismo, opera all’interno di un regime ma non ha paura di disobbedire, ignorando le leggi del suo tempo per aderire a una norma umana non scritta ma eterna e giusta. L’essere umano che sorprende, che non fa quello che tutti farebbero per convenienza o solo per paura e istinto di sopravvivenza, l’uomo che contravviene è mio amico”.

L’antiretorica del capitano Todaro

Interviene il protagonista, Pierfrancesco Favino, che rivendica “un qualcosa che dico da sempre. Un uomo non può essere definito in un aggettivo. Qualsiasi esso sia. La tentazione di farlo, di etichettare e imprigionare un uomo in una sola parola, in un’etichetta, è dettata dalla paura di vedertelo scappare tra le mani, che è esattamente quello che Todaro fa, rivendicare la sua unicità, la sua indipendenza. Questa è la storia che raccontiamo, lui sentiva di dover fare quel gesto, lo sentiva naturale e inevitabile. Siamo noi, ora, a definirlo eroico. Ed è anche il motivo per cui abbiamo voluto riprendere il suo modo cantilenante di parlare, un modo di esprimersi cosiddetto “di sottomarina”, non ospitale, togliendogli un calore naturale se gli avessimo consegnato toni caldi, rassicuranti. Ti mette in difficoltà Todaro anche per come si esprime e crea un altro corto circuito interessante, antiretorico”.

Favino e De Angelis, capaci con raffinatezza di toccare toni lievi e gravi, di percorrere l’eccesso come virare e andare per sottrazione, sembrano fatti per lavorare insieme. Eppure è il loro primo set comune. “Aveva scritto qualcosa per me – rivela l’attore – poi l’ha ribaltata completamente in una nuova stesura e non se n’è fatto nulla. Amo il suo talento e la sua attitudine giocosa sul set, il suo modo molto serio di lavorare giocando con la materia cinema. E poi quello che ci accomuna: la grande curiosità, non dare mai nulla per scontato. Ci siamo incontrati, capiti, dati dei compiti iniziali su quali erano le nostre aree di interesse, su cosa volevamo approfondire. E sì, ci siamo trovati benissimo, sarebbe bello tornare a lavorare insieme”.

La ferita politica

Dopo la chiacchierata con The Hollywood Reporter Roma, poi, in conferenza stampa si è riaperta la “ferita” politica. Anche per l’annunciata presenza in sala del ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini. Ed è intervenuto pure Sandro Veronesi, coautore insieme a De Angelis del libro omonimo. “Tutto nasce in un’estate difficile, in cui è scoppiato nel nostro paese questo disonore di disattendere le più elementari e millenarie regole del mare, di soccorrere chi ha bisogno. C’era un clima sprezzante e pesante. La storia di Todaro era una risposta perfetta, perché la storia del Mediterraneo è una storia di soccorsi. Una storia che ci restituisce l’onore che stavamo perdendo tra slogan irripetibili, social che pullulavano di cose putride. Io non ne volevo far parte. Questa era una storia vera, avevamo anche la possibilità grazie alla famiglia di avere gli effetti personali di Todaro. Abbiamo potuto conoscere non solo la sua parte militare e marziale, era anche un marito molto tenero, ma aveva messo il servire la patria davanti alla famiglia e si è sacrificato. E il rispetto delle regole del mare le ha messe davanti alla patria”.

De Angelis, sornione, risponde sulla presenza del politico che ha contestato apertamente, persino in tribunale (quelle regole del mare che Todaro ha difeso): “Spero che chiunque guardi il film convenga che esistono leggi eterne e immutabili come quella del mare che non vanno mai infrante”.