Avrebbe dovuto essere, forse, tutt’altro l’incontro con Paolo Del Brocco, amministratore delegato di Rai Cinema, e Chiara Sbarigia, presidente dell’Istituto Luce Cinecittà al Bellaria Film Festival 2024. Un momento di riflessione fra le istituzioni e il pubblico – giovanissimo – di un festival di cinema indipendente era soprattutto l’occasione per aprire un dialogo tra il fondale denso dei numerosissimi filmmaker esordienti che provano a entrare nel mondo (e sì, nell’industria) del cinema e la struttura economica e burocratica su cui il cinema italiano stesso si regge.
In parte così è stato, chiudendo la tre giorni dell’intenso programma industry che per la prima volta Francesco Giai Via ha portato all’interno del Bellaria Film Festival. Non si può ignorare, tuttavia, il tono con cui si è concluso.
Si parte dai numeri. Si parte dal dato di fatto che in Italia “è il momento peggiore dal 2019. Si stanno producendo molti più film di quelli che il mercato è in grado di assorbire ed è quindi necessario ridurli. Tornare almeno al livello pre-pandemia”, afferma Del Brocco nel suo intervento. “Circa la metà delle opere che Rai Cinema coproduce e cofinanzia annualmente sono opere prima e seconde. È chiara quindi la ricerca dei nuovi talenti e la possibilità di alimentarli, dar loro possibilità di esprimersi”, prosegue ricordando anche il totale dei film co-prodotti da Rai Cinema da quando è amministratore delegato, 850.
Il cinema d’autore “non ha più pubblico”
“Il cinema giovane è determinante perché consente di sperimentare, ma non tutti possono diventare grandi registi o professionisti. Nel sistema attuale le opere prime, che di solito sono un prodotto autoriale, non funzionano più. Hanno funzionato fino a qualche anno fa”. Il motivo lo spiega subito dopo: “Prima del Covid le opere prime autoriali che avevano spazio ai festival riuscivano a trovare pubblico in sala. Oggi no, quel pubblico non c’è più. E lo dico attraverso l’esperienza che ho osservato. Non bisogno cadere nell’errore per cui un esordio che riesce bene e raccoglie un po’ di consenso possa ripetersi in altri film, più grandi ma sullo stesso concetto. I registi per continuare devono diventare più contemporanei, aderire a una realtà diversa”.
Dai dati, perciò, Del Brocco passa dichiaratamente alle opinioni: “Le velleità autoriali sono sicuramente una cosa molto bella per fare palestra, ma se si parte con l’idea di fare questo tipo di cinema per sempre, purtroppo, non si può. Anche grandi autori come Bellocchio, Amelio, Sorrentino e Garrone l’hanno capito. Stanno facendo dei film che vanno molto più incontro al pubblico. Bisogna pensare alle storie che vadano incontro al pubblico”.
Resta da definire che tipo di pubblico.
L’intervento di Simone Bozzelli
“Un regista non deve per forza scrivere le sue drammatiche storie di periferia”, prosegue. “Può prendere una sceneggiatura e interpretarla. Si può fare cinema, cinema di intrattenimento, di racconto, di narrazione, di sentimento, senza dover per forza sentirsi Kaurismäki”.
È su questo nodo del discorso, ripetuto dal Del Brocco più di una volta in un’ora di conversazione, che dalla platea riunita in piazzetta Fellini a Bellaria prende il microfono un ragazzo. Non si presenta, ma per gli addetti ai lavori è subito riconoscibile. È Simone Bozzelli, ospite della successiva proiezione del suo film Patagonia. Che sia, forse, una di quella drammatiche storie di periferia? THR Roma lo ha definito, già a Locarno, “un rapporto che insegue la libertà, la teorizza, la idolatra, senza capirla e rendendola il trofeo che si contendono un carnefice e una vittima, senza ben sapere chi sia cosa. Il sorpasso della generazione Z che incontra Kechiche”. In concorso anche per il premio Casa Rossa del BFF 42, riconoscimento principale – alla miglior opera prima o seconda – del Bellaria.
Bozzelli, dunque, afferma: “Mi dispiace sentir dire ai giovani di non fare gli autori, perché se devo scrivere una cosa con cui convivere per un anno di lavoro e quella cosa non mi appartiene o non mi racconta, cosa deve rappresentare se non me?”.
“Questo è solo il consiglio di uno con i capelli bianchi che ha visto tante cose”, risponde Del Brocco. “Dico solo che ho visto troppi film, ne ho fatti tanti che oggi non sono accessibili al pubblico. Oltre 300 non sono mai stati distribuiti. Che ci facciamo adesso? Il cinema non è solo un lavoro autoriale, è un’industria, e così facendo stiamo ammazzando l’industria”, dichiara l’amministratore delegato.
Dire ‘questo è il mio cinema’ non funziona più, secondo Del Brocco: “Se vuoi fare un film, fallo, non dico di non provarci. Però c’è gente che dopo l’esordio sta ferma per anni e il secondo film nemmeno lo fa. Sei giovane, non ti conosco, ma non credo che dire queste cose sia un insulto per nessuno o un modo di tarpare le ali al talento”.
Paolo Del Brocco, quindi, non (ri)conosce Simone Bozzelli.
Ma fra le opere prime sostenute da Rai Cinema nel 2023 c’è anche Patagonia.
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