Un cinema libero, nel pensiero e nella forma, è quello che viene difeso e discusso, anche nei suoi difetti, in chiusura del Bellaria Film Festival 2024. Nello spirito indipendente da cui nasce la rassegna, si presenta anche l’occasione per rispondere, attraverso l’esperienza diretta di alcuni autori, a chi nei giorni precedenti ha provato a portare in primo piano un punto di vista opposto: quello del cinema come industria votata al profitto.
Le parole di riferimento sono quelle dell’amministratore delegato di Rai Cinema Paolo Del Brocco, che ventiquattr’ore prima parla di un cinema autoriale che si deve ripensare nel momento peggiore sul mercato dal pre-pandemia. La testimonianza che portano i quattro autori “fuori norma”, per usare un’espressione di Adriano Aprà, presenti a Bellaria riguarda invece l’altra faccia del cinema. L’arte come espressione personale, oltre che politica.
Il cinema indipendente del Bellaria
“Si conclude la 42ª edizione del Festival del cinema indipendente di Bellaria, che si è riconfermata la casa delle idee, dove diverse generazioni si confrontano e partendo dal cinema ci si pone quesiti significativi, una casa democratica, che dà spazio a tutte e tutti, dove l’ascolto è al primo posto”, dichiara la direttrice artistica del BFF 42 Daniela Persico a THR Roma. “Il futuro è un mare antico è il claim di quest’anno e quando le generazioni si incontrano, come gli oceani, nasce qualcosa di inaspettato”.
L’incontro, anche inaspettato, ma sempre costruttivo è quello che si è creato nei cinque giorni di festival, dall’8 al 12 maggio, sulla riviera romagnola. Giovani e giovanissimi del mondo del cinema indipendente – registi, produttori, autori – hanno trovato a Bellaria un punto di riferimento per opere coraggiose, alcune (anche) ancora in lavorazione, che il BFF permette di conoscere e portare all’attenzione degli addetti ai lavori.
Nella sua lunga storia, il Bellaria Film Festival è già stato il punto di partenza di quelli che oggi sono considerati gli autori italiani contemporanei, da Garrone a Guadagnino e, dopo alcuni anni in cui ha spostato la sua attenzione solo sul cinema del reale, con la direzione artistica di Daniela Persico, il BFF è tornato a occuparsi di visioni emergenti. Del mondo attraverso lo sguardo dei giovani autori. Tanto che oggi la sezione principale è un concorso riservato a opere prime e seconde.
È per tutto questo che il BFF 42 ha voluto concludere questa edizione con un confronto, una masterclass dal titolo simbolico di Controcampo italiano, che mette insieme alcuni degli autori più liberi del panorama nazionale: Paolo Benvenuti, Giuseppe Gaudino, Isabella Sandri e Franco Maresco (in collegamento).
Controcampo italiano
La masterclass inizia da una domanda, posta proprio dalla direttrice artistica Persico, una domanda sui loro esordi e sulla difficoltà nel portare avanti la lotta per il cinema che hanno sempre voluto continuare a fare. Una domanda che sorge anche, in parte, alla luce delle parole pronunciate il giorno prima da Del Brocco.
“Siamo davanti a una platea di giovani”, afferma Persico. “Giovani che in questi giorni hanno mosso i primi passi nel mondo del cinema e che hanno anche sentito delle parole estremamente dure da parte chi potrebbe essere un loro interlocutore. Vorrei quindi partire da qui, dalle parole di Paolo Del Brocco che ha detto che bisogna fare i ‘mestieranti’ perché è questo di cui l’Italia ha bisogno, non di sguardi di autori. Oggi siamo qui però con degli autori che hanno portato sempre avanti il loro sguardo. E siamo davanti a delle persone che sono venute ad ascoltarli, a scoprire i loro film e a volerli incontrare. A questi autori chiedo quindi cosa ha segnato i loro primi passi, cosa ha permesso loro di continuare a fare cinema e restare perseveranti”.
Un cinema contro
Maresco e Benvenuti, ma anche Gaudino e Sandri, sono autori che hanno fatto del loro essere “contro” un manifesto. È il motivo stesso per cui sono stati invitati: per fare da Controcampo. Come il titolo dell’incontro e della rassegna a loro dedicata. Le risposte che danno, riflettono questa visione. Contemporaneamente sono risposte che aprono sulla giovanissima platea una finestra su un mondo che, probabilmente, nessun presente conosce per motivi anagrafici.
E infatti è dalla storia che si parte per capire il loro punto di vista. “Dalla storia che inizia con il giornale di ieri”, come afferma Benvenuti. “Il rifiuto del sistema economico industriale nasce dal rifiuto di un cinema che non fa pensare, un cinema da cui è esclusa la capacità di critica. Avendo chiaro questo, ognuno di noi ha portato avanti la propria battaglia di totale indipendenza che, per quanto mi riguarda, è stata possibile fino a che il sistema non se ne è reso conto”.
Il riferimento è al film Segreti di Stato (2003): “Quando il mio cinema si è occupato di storia contemporanea, mi hanno individuato e mi hanno messo in condizioni di non nuocere, però questo non mi ha impedito di continuare a lottare a continuare a tentare di fare questo mio cinema assolutamente libero e staccato dal sistema industriale ufficiale”.
Un cinema libero dal sistema
Come raccontato anche in precedenza a THR Roma, infatti, Paolo Benvenuti si dichiara fortemente ostacolato nel suo lavoro di regista per ciò che ha raccontato vent’anni fa sulla strage di Portella della Ginestra. E da vent’anni prova a realizzare il “film della sua vita” su Caravaggio, ricevendo più di un rifiuto da parte del ministero della cultura. L’ultimo, il quarto, proprio pochi minuti prima del colloquio con THR Roma.
È per questo che afferma: “Per quanto potrò fare, io sarò sempre dalla parte dei giovani autori che vorranno fare un cinema libero dal sistema industriale, un cinema che consenta di esprimere liberamente il loro pensiero, la loro sensibilità, la loro capacità artistica. In me troveranno sempre un alleato”.
Il cinema, così come inteso da questi autori, è politico perché personale. “Io mi sono sempre occupata dell’esperienza personale, dell’indagine sullo spirito femminile, ed è anche questo che vorrei invitare a fare alle ragazze e alle donne fra il pubblico. Mi sono sempre occupata del mio mondo interiore, mai della produttività esterna del mondo fuori. Non mi è mai importato assolutamente niente, anche se poi, dato che non ci producevano i film, siamo dovuti diventare noi – io e Beppe (Giuseppe Gaudino, ndr) – i produttori di noi stessi”.
Con Gaudino ha infatti fondato la Gaundri Film. “L’indagine del mio mondo interiore usciva poi fuori come gesto politico, perché ovviamente i miei lavori, come i lavori di Beppe, sono sempre stati molto politici. In essi coincideva il grido, la rabbia, l’insofferenza, l’inadeguatezza che sentivamo”, conclude. È per questo, fa eco Gaudino, che: “È strano che a dei giovani si insegni ad essere allineati e coperti. A una certa età non si può più compiacere né mamma né papà. Si devono affascinare i propri spettatori e se farlo vuol dire esplorare insieme a loro, ed essere loro leali, si fa. Occupare due ore e mezzo di tempo di una persona, che entra in sala e ne esce diversa, è una cosa importante. Ma se entra in sala e ne esce come è entrata, che senso ha?”
Industria vs arte: la doppia identità del cinema
È un tema che si ripete, questo, dell’identità del cinema e della contrapposizione fra ciò che richiede l’industria e ciò che richiede l’espressione artistica. È stato centrale in tutti i giorni e negli incontri del Bellaria Film Festival 2024. Lo è stato anche con un grande autore del panorama internazionale, Bruno Dumont, che proprio con la stampa al BBF 42 si è espresso contro il “consumismo” dei film, divorati uno dopo l’altro e presto dimenticati, come i panini di un fast food.
Sono due anime compresenti, quella bulimica e in serie dell’industria e quella lenta e più tortuosa dell’autorialità. Non sempre però sono due anime concilianti, anche nella visione degli autori presenti.
Infatti Franco Maresco esordisce dicendo di voler “partire lancia in resta”, indirizzandosi anche al discorso di Del Brocco a Bellaria: “Del Brocco è l’uomo più potente del cinema italiano, da quattordici anni, è lui che permette ai registi, giovani e meno giovani, di fare i film. Nel 2019 ha fatto sì che Rai Cinema, punto di riferimento principale di molti, moltissimi autori italiani, non riconoscesse il mio film La mafia non è più quella di una volta. E nel mio caso il cinema italiano non ha dimostrato un’effettiva partecipazione o solidarietà, motivo per cui ho freddato i rapporti con molti colleghi”. E motivo per cui, ricorda dopo, “faccio resistenza da quarant’anni, anche non andando da nessuna parte”, in relazione alla sua scelta di ritirarsi in Sicilia, da dove è collegato.
Resistenza e azione
Radicale e “contro” è il pensiero di Maresco, quindi, anche sul senso stesso della sua presenza all’incontro: “Venivo a Bellaria anni prima di Google, anni prima di YouTube, quando incontrarsi aveva senso. Quando esisteva il tempo della conoscenza. Oggi, per quanto opinioni diverse come la nostra siano fondamentali, per quanto si possano ancora dire una serie di cose, si deve trovare il modo di farle diventare azione. È solo una bella suggestione politica, altrimenti, la volontà di ottimismo”.
All’intervento di Maresco risponde direttamente l’amico Benvenuti (uno dei pochi, pochissimi, che l’hanno sostenuto negli ultimi cinque anni). Il Controcampo iniziale, da cui si è aperta la conversazione, diventa un dibattito più ampio : “Capisco la tua critica, Franco, però non bisogna fare in modo che la tua visione, apocalittica, della situazione metta questi ragazzi presenti nelle condizioni di dire che allora non ha senso tutta la creatività, tutto il bisogno di espressione. Non ha più senso se il mondo che abbiamo davanti è questo qui. Io credo invece che ci siano ancora degli spazi di libertà. E credo in questa libertà. Il problema è trovare delle forme, anche politiche, per far sì che questo spazio di libertà sia protetto. E noi anziani, noi vecchi, dobbiamo in qualche modo assumerci questa responsabilità. Quindi dobbiamo trovare il modo per cui questo festival non abbia sopra il peso, il controllo, del potere dominante”.
Ed è sempre Benvenuti a proporre una possibile conclusione a questo dialogo a più voci: “Noi vecchi ci dobbiamo assumere la responsabilità di tutto ciò. Abbiamo una responsabilità morale di fronte ai giovani. Non dobbiamo deluderli. Il Bellaria è un festival importante proprio per la loro presenza ed è importante perché c’è uno spirito di libertà e creatività. Questo spirito non va abbandonato”.
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