Alice Rohrwacher: “Il cinema italiano ha una profonda necessità di riconsiderare l’intelligenza del pubblico”

"La chimera? È classificato come un film per gli over 65". La regista, ospite al Bellaria Film Festival, parla del suo ultimo lavoro e di un prossimo progetto, sulle favole italiane. E dell'emozione per il discorso di Justine Triet ai David di Donatello: "Non sapevo nemmeno che avesse visto il mio film"

Sembra incredibile, ma è tutto vero: La chimera non è stato nemmeno preso in considerazione per l’assegnazione del David giovani (andato poi a Paola Cortellesi), perché – secondo le valutazioni distributive – è un film per il pubblico sopra i 65 anni.

Ad affermarlo, sorpresa quanto chi l’ascolta, è proprio Alice Rohrwacher. THR Roma la incontra in occasione del Bellaria Film Festival 2024, dove la regista riceve il premio Filmidee e a La chimera è riservata una speciale proiezione, insieme a una mostra dedicata alle fotografie di scena.

L’odissea (distributiva) de La chimera

Che il film fosse stato distribuito poco e male, rispetto alle sue reali possibilità, lo si era capito già a dicembre 2023, quando dopo un potente passaparola è “bastato” l’appello di Rohrwacher, insieme al protagonista Josh O’Connor, per convincere gli esercenti a moltiplicare il numero delle sale. La questione, tuttavia, è ancora più radicata, tanto che proprio nei giorni successivi ai David di Donatello 2024, un vecchio video della regista, risalente a diversi anni fa, è tornato virale. Quello in cui si riferisce alla “pochezza immaginativa” del cinema italiano.

 

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“Penso che tutto dipenda dalla considerazione che si ha del pubblico”, afferma Rohrwacher al Bellaria. “Io soffro un po’ l’idea che si rimproveri sempre il pubblico se i cinema sono vuoti, come si rimprovera il cittadino della crisi ecologica o il contadino se le campagne sono abbandonate. Chi comanda non viene rimproverato mai? È responsabilità di chi fa un lavoro culturale fare in modo che le persone non abbandonino il cinema”.

Prosegue inoltre: “Bisogna ricordare che in Italia non si va al cinema perché il cinema non è considerato importante nella società. È un’idea con cui si cresce”. Restando nella metafora de La chimera, “si diventa tombaroli perché comunque il mondo è già stato profanato. E allora tu profani le tombe. Non è che ti viene questa idea così, all’improvviso. Se accanto a te ci fosse un mondo che rispetta il bosco, rispetta la sorgente, rispetta la natura, secondo me non lo faresti”.

Ciò di cui ha bisogno il cinema italiano, secondo Alice Rohrwacher, “è una necessità profondissima di riconsiderare l’intelligenza del pubblico e riconsiderare innanzitutto tutti come pubblico, quindi anche i registi”.

Parla infatti di “spegnere il fuoco degli autori”, auspicando a un cinema collettivo, in cui il film diventa “l’opera di un noi”. Forse anche per questo, afferma convinta di non aver vissuto con frustrazione le mancate statuette ai David 2024, a cui La chimera era arrivato con 13 candidature.

Lacrime e gioia, da La chimera a Justine Triet

“Capisco che il David, soprattutto se riguarda un comparto tecnico, è molto importante per lavorare”, dichiara. “Allo stesso tempo credo che i premi siano molto più importanti per i giovani,  perché è chiaro che aprono a più possibilità, mentre a un certo punto del percorso ci si distacca anche da questo bisogno. E poi, io abito in provincia (ride, ndr), non in città. E questo vuol dire tutto”.

Una scena del film La Chimera, di Alice Rohrwacher

Una scena del film La Chimera, di Alice Rohrwacher

Non erano lacrime di rabbia, dunque, ma solo di commozione quelle versate durante il discorso di Justine Triet ai David dello scorso 3 maggio, lo conferma. E aggiunge: “Mi sono commossa, innanzitutto perché credo che ogni volta che una persona fa un passo indietro da sé, per dare spazio a qualcun altro, sia commovente. E in quel caso, per me, è stato veramente incredibile.  Justine la conosco appena, non sapevo nemmeno che avesse visto il mio film, mi ha molto emozionata”.

Il cinema che non sogna (ancora) Hollywood

Ora che la stagione dei premi e dei festival è conclusa, resta la curiosità di scoprire come La chimera verrà “classificato” sulle piattaforme on demand (negli Stati Uniti è in uscita proprio nella prima settimana di maggio), proprio perché è un cinema “volutamente non etichettatile”, afferma Alice Rohrwacher.

“È un po’ un dramma, un po’ una commedia, un po’ di avventura, un po’ per famiglie, un po’ per adulti. Dove lo metteranno? Non lo so proprio e sono curiosa. L’ho fatto proprio per far capire che la vita è un’esperienza molto più complessa, non catalogabile. La chimera è un film vivo, a differenza di tanti film morti, impagliati, e proprio perché è vivo è difficile. Con le sue imperfezioni, con le sue cadute e i modi in cui si rialza, ha un tono che è difficile da intercettare. In questo senso è chimerico”.

Lo descrive, infatti, come: “Una tragedia raccontata burlescamente. Un noioso film d’avventura. Tutte cose che in teoria non dovrebbero stare insieme, però questo è il mondo di domani. Un mondo che deve tenere insieme cose che non sanno ancora stare insieme”. Infine è “chimerico” perché esprime un tensione verso qualcosa, “come la poesia di Campana: ‘Ti chiamo, Chimera’”.

Sul set de La Chimera

Sul set de La Chimera. Courtesy of Tempesta Rai Cinema

A cosa tende, invece, e cosa chiama Alice Rohrwacher nel prossimo futuro? La regista è già in sala montaggio per la sua seconda collaborazione con l’artista francese JR, come conferma lei stessa. Dopo Omelia contadina, in cui era stato l’artista a recarsi in Italia per denunciare le monoculture intensive e lo sfruttamento dell’energia della terra, questa volta è stata la regista ad andare a Parigi, per filmare uno spettacolo fuori dall’Opéra, ispirato alla mito della caverna di Platone.

E dai miti alle, sempre presenti, favole: la prossima produzione italiana di Rohrwacher sarà una serie antologica che “rinfresca il linguaggio della tradizione popolare, mantenendo i semi”, afferma la regista, citando anche Italo Calvino.

Non pensa al momento a Hollywood, nonostante Hollywood sembri molto interessata a lei, a partire da  Alfonso Cuarón, che ha prodotto il suo Le pupille. La regista non esclude niente, però:  “Tutto dipende dal progetto che si ha in mente. Hollywood lo vedo come un mezzo per raggiungere un fine”. Non è il traguardo.