La Superluna di Federico Bondi, il terremoto visto con gli occhi di una bambina sospesa nel tempo

Il regista fiorentino presenta ad Alice nella città 2023 un "coming of age" sul rapporto profondo tra infanzia e natura, con un sisma che diventa metafora di un’energia né buona né cattiva. Ma incontenibile

Viola scopre il mondo all’improvviso, quando la sua casa trema e negli occhi dei grandi vede per la prima volta la paura: Superluna è il racconto di questa scoperta così veloce, concentrata nelle ore, nei giorni e negli spazi che si ritrova a condividere con i suoi vicini. Tutti sopravvissuti a un terremoto e raccolti in un accampamento improvvisato.

“Tra le tende, dopo il terremoto, la vita rimbalza elastica, non vuole altro che vivere”. Sono le parole di Gianni Rodari che hanno dato la spinta a Federico Bondi per il suo nuovo film presentato il 20 ottobre ad Alice nella Città 2023. “L’idea nasce a Norcia immediatamente dopo il sisma che ha colpito il centro Italia nel 2016”, racconta il regista a The Hollywood Reporter Roma. “Lì, a parte i danni gravissimi, non ci fu nessuna vittima. Ci sono andato subito e ho trovato un clima da post-guerra, ma una straordinaria voglia di vivere, che è tipica dei sopravvissuti”.

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Una nuova comunità

“Sono rimasto a lungo a Norcia”, prosegue Bondi, “ho riportato la realtà e seguendo le persone ho scoperto che quando le cose stavano per tornare alla normalità, molti di loro, adulti soprattutto, erano quasi dispiaciuti, perché si era creato un gruppo in cui si condivideva tutto”. Spazi, cibo, storie.

“Mi sono chiesto: il terremoto ci vuole dire qualcosa? E la risposta era dentro le scuole, nei disegni dei bambini che provavano a dargli un volto”. Come un sogno di fine estate, dai contorni sbiaditi e fiabeschi, a tratti sovrannaturali, la protagonista Viola (Francesca Raffone) accoglie infatti il terremoto come una presenza amica, quasi umana. Si convince che sia stata la sua energia a portare un equilibrio nuovo tra sconosciuti che improvvisamente si ritrovano a darsi conforto l’un l’altro, costretti a uscire fuori dall’isolamento domestico.

Tra le tende della protezione civile nasce una vera e propria comunità, seppur temporanea e destinata a sgretolarsi man mano che la terrà smetterà di scuotere persone, abitazioni e vite. Viola la osserva e la mostra al pubblico dal suo unico punto di vista. Sempre parziale, naturalmente incompleto, quello degli occhi di una bambina.

Un gioco serissimo

Viola vive tutto come fosse un’avventura sospesa nel tempo, in un eterno presente in cui si rifiuta di pensare al futuro o alla paura. Diventa un Peter Pan che trascina con sé una Wendy, Anna (Olivia La Terra Pirrè), e i bimbi sperduti, i fratelli di Anna, dimenticandosi di tutto il resto.

E così, quando Anna è fra le prime a lasciare la carovana la magia che Viola vedeva in quello spazio, libero e di tutti, inizia a svanire.

Dei diversi fili di trama afferrati, sospesi o accennati, l’amicizia tra Viola e Anna è il nucleo più forte e più potente. Il legame tra le due bambine è tale che il momento dell’addio è quello di un cuore spezzato, senza alcun dubbio.

Al punto che viene da chiedersi perché Superluna non si è limitata a essere soltanto la storia di questa relazione di grande amore, se così si può dire, nel senso più puro e innocente del termine.

La risposta, in parte, è proprio nel titolo. Mentre si aspetta con il naso all’insù che accada qualcosa in cielo – come fanno i personaggi del film in attesa della super luna piena – e che venga dall’alto un qualsiasi significato, tutta l’energia si trova invece in basso, nelle viscere della terra. Nelle diverse persone accanto a sé.