“Avete Asia Argento, perché invece di umiliarla e criticarla non l’avete sostenuta, come abbiamo fatto noi in Francia?”. Se lo domanda Laetitia Casta, modella e attrice che si contraddistinse a quattordici anni tanto da cominciare a lavorare da giovanissima per il mondo della moda, passando poi nel 1999 al cinema con Asterix & Obelix contro Cesare, alternando filmografia nazionale con autori mondiali, tra cui l’italiano Giovanni Veronesi per Una donna per amica e il maestro taiwanese Tsai Ming-liang con Visage. Per non parlare del connubio lavorativo-sentimentale con Louis Garrel, suo marito dal 2017 e regista per L’uomo fedele (2018) e La crociata (2021).
Tra le muse di Yves Saint Laurent e Jean-Paul Gaultier, l’interprete classe 1978, originaria del comune francese di Pont-Audemer, è protagonista per un altro regista italiano, Leonardo D’Agostini, al secondo film dopo l’esordio Il campione del 2019, in cui torna a dirigere il giovane Andrea Carpenzano.
In Una storia nera, Casta veste i panni di una donna maltrattata dal marito, diventato ex, la quale arriva alle estreme conseguenze dopo aver subito anni e anni di abusi. L’opera è scritta da D’Agostini insieme a Ludovica Rampoldi e Antonella Lattanzi, nonché tratta dall’omonimo romanzo di quest’ultima. Una pellicola – prodotta da Matteo Rovere per Groenlandia con Rai Cinema – che inserisce l’attualità nei codici del genere thriller, per un ritratto sulla violenza di genere non ancora superata, né nella quotidianità, né nell’industria dello spettacolo.
Una storia nera mescola noir e vita di tutti i giorni. Qual era l’aspetto che maggiormente l’ha affascinata?
Che in Francia ne facciamo molti di film così. Realizziamo più progetti su questioni politiche, sociali, che utilizzano il genere per raccontare la cronaca, anche quella nera.
Vede una carenza italiana?
Sì. Soprattutto dopo il MeToo. Come è possibile che in Francia creano una commissione di inchiesta sulle molestie nell’industria del cinema e della tv, che a Cannes passano film che affrontano il tema, e che invece in Italia si continuano ad invitare determinati personaggi o a lasciare loro spazio? Rimango stupita.
Mancanza di coscienza?
Direi paura di non poter più lavorare. Noi, per fortuna, abbiamo trovato un’alternativa. Senza il MeToo, ad esempio, non sarebbe mai esistito un film come Le Consentement, uscito lo scorso anno, storia sulla pedofilia e il consenso.
L’anno scorso ha anche raccontato di un incontro che ebbe a Cannes con Harvey Weinstein in cui le fece delle domande personali, ma lei mise subito una distanza. Tra l’altro, è notizia di queste settimane, il processo al produttore è stato anche riaperto.
Voglio precisare una cosa su quell’incontro, che mi dimenticai di specificare. Quando incontrai Weinstein avevo già trentacinque anni. Lavoravo da quando ne avevo quattordici. È importante sottolinearlo, perché ero cosciente di come funzionava il mondo dello spettacolo e avevo già una mia carriera. Non è come tante vittime che si trovavano agli inizi. Ma la cosa che mi sconvolge è che voi, qui in Italia, avete Asia Argento. Perché invece di umiliarla e criticarla non l’avete sostenuta, come abbiamo fatto in Francia? Per noi è un esempio. È una donna di gran coraggio. È un’ingiustizia. La sostiene la Francia, l’ha sostenuta Cannes, ma l’Italia no, non l’ha fatto.
Secondo il regista Leonardo D’Agostini e il produttore Matteo Rovere sembra importante non associare Una storia nera alla possibilità di diventare un film-manifesto. Le dispiace? Non pensa che, invece, dovrebbe avere un simile status, pur mantenendo al centro l’idea del genere?
Per come la vedo io, da attrice, lo è. È un manifesto. È il motivo per cui ho scelto di partecipare al film. Non mi interessava interpretare un personaggio che fosse solo una vittima. Era qualcosa di già visto. Trovo la mia Carla forte, è una donna che si ribella ed è il lato più stimolante. In più, farlo in Italia, acquista maggior valore visto che, come dicevo, c’è ancora molto da dover scuotere. Perciò ben venga il messaggio: perché bisogna sempre aspettare, quando si sa che prima o poi finirà in tragedia?
Un film per attivare le coscienze?
Per portare alla riflessione. Non rendere caricaturali i personaggi. Il fatto, poi, che nell’opera la protagonista sia straniera, senza nessuno della sua famiglia, senza una libertà finanziaria, rende ancora più intenso il dilemma sul decidere come proteggere i propri figli, se morendo o decidendo di resistere.
Come protegge i suoi? Una volta ha detto che per lei la nozione più importante non è “essere una madre”, ma prima di tutto “essere”.
E continua ad essere così. Non si tratta di educare i bambini, ma di educare se stessi. Stare attenti a come ci si comporta. È così che apprendono da noi. Sono un’amante del mio lavoro, quindi la cosa che auguro loro più di ogni altra cosa è avere una passione in cui impegnarsi. Lasciandogli anche la possibilità di sbagliare, senza fare mai la morale. Ho molta fiducia nei miei bambini.
Anche perché saranno loro i cittadini del futuro. Pensa faranno parte di un mondo dove finalmente la parità di genere sarà raggiunta?
Guardo i miei figli grandi, poi il piccolo di tre anni, e penso che sono individui che un domani non avranno più bisogno di sposarsi, ad esempio, perché le nuove generazioni stanno portando avanti un inedito modo di relazionarsi, comprendendo che la cosa più importante è il rispetto. Tu sei diverso da me e lo accetto. Non devono nemmeno più pensare a certe etichette. Inventeranno lavori che ancora non esistono, come sta già accadendo. Sono più sensibili e spirituali di noi. E sono ottimista proprio perché ho loro. Sennò che senso avrebbe tutto l’impegno che stanno mettendo le donne di oggi per cambiare il mondo? Dobbiamo pur arrivare a qualcosa.
Pensa che ci stiamo avvicinando?
Intanto ci sono più donne registe, più donne al potere, più donne in reparti, anche cinematografici, dove prima non erano contemplate. Le cose cambiano piano piano, nonostante tutto vada velocissimo. E l’Italia deve seguire queste trasformazioni, che sono impossibili da ignorare.
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