Hanno un’energia complementare, Vera Munzi e Caterina Salvadori, registe di Ànemos. L’espansività schietta di una si intreccia con l’apparente timidezza dell’altra, mentre a entrambe basta un solo sguardo per capire come finire le frasi a vicenda, scegliendo ogni parola con cura.
THR Roma le incontra a Cortinametraggio 2024, dove il loro corto – interpretato da Matilde Gioli, Francesco Montanari e Thomas Trabacchi – ha vinto per la migliore sceneggiatura (e si appresta a diventare un lungometraggio per la sala).
Munzi e Salvadori, una storica co-regia per l’Italia
È una sintonia importante da costruire la loro, passo dopo passo, per quella che a memoria è l’unica co-regia femminile in Italia, dopo la serie Netflix Luna Nera e il documentario About Last Year (sul mondo delle ballroom nella periferia di Torino). “Cercavamo da tempo un progetto a cui collaborare insieme”, affermano, “ma di fatto abbiamo imparato a conoscerci proprio su questo set, scoprendo come le abilità e le capacità di una completassero quelle dell’altra”.
“Vera è un’organizzatrice e produttrice pazzesca, oltre ad avere una bellissima visione”, afferma Salvadori, che è anche la sceneggiatrice insieme a Mariasole Brusa. “Io ho più esperienza nella parte creativa, di scrittura e di direzione degli attori”. “L’unico momento in cui abbiamo trovato più difficoltà a prendere delle decisioni è stato al montaggio, ma tutto il resto l’abbiamo organizzato anche in base alle inclinazioni personali. Abbiamo pianificato la shot list e deciso, per esempio, che Vera avrebbe realizzato le riprese con i cavalli, avendone più esperienza, mentre io mi sarei occupata più della direzione degli attori”, continua Caterina Salvadori.
Una delicata storia vera
La scelta, complessa, di girare un cortometraggio con un cavallo non è chiaramente casuale, anche se rara nel cinema italiano, proprio perché difficile da portare a termine. “L’ultimo film con dei cavalli in Italia è stato Brado di Kim Rossi Stuart e prima di lui erano anni, almeno quattro, che non se ne faceva uno”, specifica Munzi.
“L’idea è nata mentre mi trovavo in Slovenia a fare un corso di ippoterapia per la riabilitazione equestre”, prosegue. “Sapevo che Alice Casarotti, alla cui storia è ispirato Ànemos, faceva un particolare lavoro da terra con i cavalli, un lavoro di conoscenza, avvicinamento e osservazione sociale che in quel momento mi serviva conoscere, perché lavoro sull’autismo. È stata quella l’occasione in cui mi ha raccontato come il contatto con questi animali l’abbia aiutata molto ad affrontare dei traumi e un vissuto delicato di abusi. Da lì ho chiamato subito Caterina, dicendo: ‘Qui c’è una storia, facciamola’. Finalmente avevamo un progetto che sarebbe piaciuto a entrambe fare”.
Così è nato il racconto di Anna (Matilde Gioli), legata a Pietro (Francesco Montanari) da una relazione malsana e tossica, a tratti violenta, da cui lei fugge dopo aver capito quanto fosse soffocante e pericolosa.
Alice Casarotti, addestratrice, ha trovato nel contatto con gli animali un equilibrio nuovo nella sua vita, salvando per primo il cavallo destinato al macello che, in passato, l’aveva ferita. Rieduca tuttora i cavalli problematici con la sua Asd Il bosco di Alice. Sul set è stata la controfigura di Matilde Gioli, oltre che l’addestratrice di Cogrusus, lo splendido animale che interpreta Ànemos e che, sottolineano le registe, non è un cavallo cinematografico, anche per questo è servito molto tempo a costruire un reale rapporto di fiducia con Matilde Gioli.
Ànemos, il soffio vitale
Ànemos, in greco il soffio vitale, il respiro, è la chiave attraverso cui leggere il cortometraggio di Munzi e Salvadori. “Il titolo ricorda anche gli Anemoi, i venti personificati come cavalli impetuosi e liberi, come questo che ridà la vita alla protagonista”, affermano le registe. “Per noi inoltre è il collegamento con il respiro è fondamentale, perché con Matilde (Gioli, ndr) abbiamo proprio lavorato su un respiro alto, bloccato, allarmante. Un parametro fisiologico che il cavallo fosse in grado di percepire”. Il disagio di Anna si sente proprio dal respiro e dalla voce di petto, affermano. Respiro che cambia soltanto quando la protagonista, si esprime attraverso la musica, elemento essenziale in Ànemos.
“Il brano, Lo spazio di me, è nato insieme al cortometraggio”, affermano le registe. “Il testo l’ha scritto Erica Boschiero, mentre Sergio Marchesini ha composto la musica”. Attraverso la canzone e il suo significato la protagonista riesce a ritrovare la sua voce, a trovare un contatto sia con l’animale selvaggio sia con se stessa.
“Com’è bugiarda questa favola”, canta Anna, cioè la stessa Matilde Gioli che per il ruolo ha preso appunto lezioni. E mentre lo fa si accorge dello spazio, mentale e fisico, che le manca in quella relazione e che è intenzionata a riprendersi. “Il rapporto con Ànemos l’aiuta a ricentrarsi, a recuperare una consapevolezza di sé che la porta poi a emanciparsi da una relazione violenta”, sostengono le registe. “E per noi era quindi importante anche riuscire a lavorare sullo spazio personale, sulla definizione dei propri confini e sul rispetto dell’altro. Cosa che abbiamo fatto anche durante il lavoro di scrittura, cercando di trovare l’assetto giusto, il cast giusto, disposto a dialogare a lungo per mettere in scena una storia delicata, perché vera”.
Il futuro di Ànemos
Non è stato facile realizzare il cortometraggio, ammettono Munzi e Salvadori, che l’hanno per gran parte autoprodotto, prima di riuscire a trovare gli sponsor. Adesso, anche grazie alla partecipazione a Cortinametraggio, Ànemos dovrebbe trasformarsi in un progetto ancora più articolato. “Abbiamo iniziato a scrivere la sceneggiatura del lungometraggio. Lo dirigerà Caterina, mentre io le darò una mano con l’organizzazione”, afferma Munzi.
“Scrivendo la storia, ci siamo rese conto che alcuni pattern di violenza si ripetono e un lungometraggio ci darebbe la possibilità di raccontare tutto in maniera più dettagliata e in profondità”, proseguono. Prima che la storia prenda una nuova forma, però, Munzi e Salvadori affermano di aver pensato ad alcune proiezioni nei centri antiviolenza e nei maneggi. “Vorremmo anche portarlo nelle scuole”.
Con il suo linguaggio diretto, con un messaggio sociale chiaro, ma al tempo stesso intimo, e un emozionante dialogo fra immagini e musica, Ànemos infatti può riuscire ad arrivare a molte donne, e non solo, che come Anna vivono in una favola bugiarda. E come Anna, hanno bisogno di un soffio vitale, per “ricentrarsi”.
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