“Barbie di Greta Gerwig potrà essere il film col maggiore incasso di sempre diretto da una regista donna. Ma in Italia, è stato battuto da un altro film, sempre diretto da una donna, sempre testimonianza diretta dell’esperienza femminile”. Quel film, ovviamente, è C’è ancora domani, e ad esordire così è la Bbc, nell’intervista alla regista Paola Cortellesi.
Oltre ad aver costituito un vero e proprio caso cinematografico per l’industria italiana, There’s Still Tomorrow, questo il titolo inglese, che verrà programmato nelle sale d’Irlanda e Regno Unito a partire dal 26 aprile, continua la sua scalata nei multisala di tutto il mondo. “Nessuno avrebbe mai potuto prevedere l’ondata di partecipazione e di affetto del pubblico per questo film”, ha spiegato Cortellesi, rinnovando il suo stupore. “Sono un’attrice da quasi trent’anni, ho scritto sceneggiature negli ultimi dieci anni e ora, a cinquant’anni, ho fatto il mio primo film da regista”.
C’è ancora domani, un racconto universale
C’è ancora domani racconta una storia di violenza fisica, emotiva e psicologica ai danni di una donna, fenomeno che “va avanti da millenni ed è purtroppo molto, molto attuale, soprattutto in Italia,”. Nella Roma del 1946, all’alba della conquista del diritto al voto alle donne, Paola Cortellesi interpreta Delia, una madre e casalinga abusata e sfruttata dal marito (Valerio Mastandrea).
Quella della violenza di genere è una tematica che colpisce tutt’ora tanto la società e l’immaginario collettivo nazionale: basti pensare che, solo nel 2023, in Italia, 120 donne sono state vittime di femminicidio. Circa una morte ogni 72 ore. “Volevo fare un film contemporaneo ambientato nel passato per confrontare ciò che è cambiato e ciò che è rimasto uguale”, ha continuato la cineasta. “Forse ora, come donne, abbiamo alcuni diritti e tutele, ma ciò che non è cambiato nella società è questa mentalità che distorce l’amore e lo trasforma in possesso. Ecco perché abbiamo bisogno di una migliore educazione”.
E Cortellesi ha cercato di rendere questo concetto col linguaggio che le è più congeniale: quello dell’ironia. “Si tratta di usare il linguaggio della commedia per parlare di temi molto seri. Sento che usando l’umorismo si possono introdurre questi argomenti. Si sa che la gente, si spera, si immedesimerà e prenderà le parti dell’eroina, senza che io sia necessariamente conflittuale nel mio linguaggio cinematografico”.
Il 45% dell’audience di C’è ancora domani è costituita da uomini. Un dato confortante, che la stessa Cortellesi ha definito “una grande gioia”, soprattutto per i temi trattati dalla pellicola. “Questo non ha mai voluto essere un film contro gli uomini italiani, ma un invito a condividere e a camminare insieme sulla stessa strada della vita. Non volevo che gli uomini si allontanassero dalla visione del film e pensassero che stessi puntando un dito accusatore contro di loro. Credo che per il tono del film e per il modo in cui sono stati rappresentati tutti i diversi personaggi, gli uomini si siano identificati con i personaggi femminili, e l’ho visto nel modo in cui hanno reagito durante il film”.
La dedica alla figlia e alle nuove generazioni
Cortellesi ha poi ribadito la dedica del film alla figlia Laura, di undici anni. “L’intero progetto è nato perché le stavo leggendo un libro sui diritti delle donne e mia figlia non riusciva a credere che esistesse un tempo in cui i nostri diritti non erano sanciti dalla legge. Così mi è venuto in mente che dovevamo parlare alle generazioni più giovani e far capire loro che i loro diritti non sono scontati”.
C’è ancora domani è, a detta della regista, una storia d’amore tra madre e figlia, un monito per le bambine e per le giovani donne. “Solo perché abbiamo ottenuto qualcosa, non significa che sarà così per sempre. Volevo, in un certo senso, iniziare a passare il testimone a una generazione più giovane”.
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