Ci sono dei rider in bicicletta. Hanno gli zaini colorati in spalla, con il logo di una start-up di fantasia. Le strade sono quelle di Torino, e indosso hanno una maschera fatta con dei giornali stropicciati. Questo è il simbolo di Paperboy, il protagonista del manga Prophecy disegnato da Tetsuya Tsutsui, di cui è in produzione un adattamento tutto italiano.
Il manga, edito in Italia da J-Pop e già portato al cinema in Giappone dal regista Yoshihiro Nakamura, segue le vicende di questo misterioso attivista del web, il quale, coperto da fogli di giornale, denuncia truffe, crimini e malefatte di individui, aziende e stato, annunciando attacchi tramite video che vengono pubblicati online.
Si tratta di un adattamento completo. Se l’opera originale è ambientata a Tokyo, con elementi culturali tipici della società giapponese, la trasposizione di Prophecy prodotta da Brandon Box e diretta da Jacopo Rondinelli (Ride), è ambientata a Torino, e profondamente calata nel contesto italiano e cittadino.
Il capoluogo piemontese è come Tokyo in questa storia di sovversione cibernetica. Ma se l’opera originale è più cupa e cinica, osservando spesso il punto di vista della polizia che indaga sul caso come principale. Qui si ribalta parzialmente la prospettiva.
Prophecy è scritto Paolo Bernardelli e Andrea Sgaravatti, per la regia di Jacopo Rondinelli. Nel cast sono presenti Damiano Gavino, Federica Sabatini, Ninni Bruschetta, Haroun Fall, Denise Tantucci e Giulio Greco. Brandon Box è la casa produttrice di Dampyr, e sta lavorando con Fabula Pictures per l’adattamento di Tiger Mask.
Prophecy, Torino punk
“Torino è la capitale italiana della tecnologia”, spiega a The Hollywood Reporter Roma lo sceneggiatore e produttore di Prophecy Andrea Sgaravatti. “Per cui abbiamo deciso di parlare di start-up e dei rider del food delivery”. Una scelta, questa, arrivata durante la pandemia e il lockdown, quando i giovani ragazzi e ragazze delle consegne in bici erano tra i pochi che continuavano a lavorare incessantemente, con pochissime tutele e tutti i rischi del Covid.
“Il lavoro creativo sul film è infatti iniziato nel 2020, durante la pandemia, e nell’adattarlo volevamo anche cambiare un po’ il tono, puntando su un genere d’azione con un po’ di commedia”, aggiunge Sgaravatti. Quattro settimane di pre-produzione e quasi cinque di riprese: Rondinelli lo definisce un progetto abbastanza atipico, e “fatto in un momento e in una modalità non facile: c’è poco tempo per girarlo e ci sono tutti i problemi del caso sul fronte tax credit”.
“La nostra volontà è quella di fare un film che diverte, ma che è anche un po’ punk”, aggiunge Rondinelli parlando con THR Roma. “Il cinema che preferisco è quello che ti manda a casa con qualche domanda in più, piuttosto che con tutte le risposte. E ci sono analogie con le lotte del passato degli anni Sessanta e Settanta”.
Il progetto ha avuto l’approvazione del mangaka Tetsuya Tsutsui in persona, che – racconta Sgaravatti – ha commentato il film dicendo: “Preferisco la mia versione, ma capisco perché avete fatto questi cambiamenti”.
Azzerare il divario generazionale
Mercoledì 17 aprile, il set è stato fisso al Giardino Lamarmora, davanti al palazzo della Luce. La cabina del direttore della fotografia e i monitor per osservare le scene erano posizionati dietro la statua dedicata ai bersaglieri, e sui gradini adiacenti, un gruppo di manifestanti, con cartelli e maschere da Paperboy, stavano protestando davanti alla fittizia Questura di Torino, sorvegliata da poliziotti della celere.
“Morte al segreto di stato”, “Libertà”, “Giustizia”, si legge sui cartelli, mentre a fomentare i manifestanti c’è Ninni Bruschetta (Boris, L’uomo in più). “Il 90% dei personaggi in questo film sono ragazzi, il mio è casualmente di 40 anni più grande”, racconta l’attore a THR Roma. “Ed è uno come me, ha vissuto il ‘77, anni drammatici e importanti. Collabora con questi ragazzi, e quando loro decidono di compiere un atto rivoluzionario, lui si esalta”.
A differenza del manga, il gruppo di protagonisti è più inclusivo e variegato. E il parallelismo con le giovani generazioni italiane è presto visibile, con un senso collettivo che coinvolge anche le generazioni più grandi. “La società italiana è folle”, afferma Bruschetta. “Esiste un divario generazionale spaventoso: le persone più grandi, anche se sono degli imbecilli, si sentono autorizzate a ritenere i giovani dei cretini”.
“E in questi giorni siamo di fronte a un nuovo inizio di rivolte studentesche che diventeranno sempre più pericolose perché abbiamo visto che dall’altra parte c’è anche il desiderio di essere violenti nei confronti dei giovani, e questa è la cosa più ignobile che possa accadere in uno Stato”, aggiunge l’attore di Boris. “Se noi non parliamo ai giovani e non lavoriamo per i giovani, siamo inutili e autoreferenziali”.
Prophecy, capitalismo e informatica
Sulla trama si hanno diverse informazioni. Stando a quanto visto sul set – andato avanti fino alle tre di notte – è stato possibile capire che questi ragazzi si trovano a lottare insieme per molteplici motivi. Alcuni si sono visti rubare la loro idea di start-up da qualche ricco venture capitalist, mentre altri vogliono vendicare la morte per omicidio stradale di un altro compagno rider. Un caso su cui la procura non ha intenzione di indagare.
Tra i ragazzi derubati dell’idea ci sono Gates e Ade, interpretati da Damiano Gavino (Nuovo Olimpo, Un professore) e Haroun Fall (Space Monkey, La prima regola). Il personaggio di Ade, ci ha spiegato Fall, è timido, ma preciso e perfezionista. E ha scoperto un algoritmo che gli permette di entrare nel mercato finanziario.
“Io nel personaggio ho messo un po’ della mia impazienza e propositività. Per calarmi nei panni dell’informatico ho approfondito il caso Snowden, le start-up, i primi passi di Apple e tante altre applicazioni”, racconta Fall a THR Roma. “In Italia non siamo abituati a vedere attori afrodiscendenti, e soprattutto attori afrodiscendenti nei ruoli di programmatori software”.
Il film vede come protagonisti dei giovani contro il sistema, un sentimento che – secondo l’attore – è molto condiviso nelle nuove generazioni. “Il sistema capitalistico in cui siamo è diventato troppo folle, è un sistema che ci ha insegnato a produrre e avere denaro. Molti della nostra generazione hanno in mente solamente i soldi”.
“Per Ade, la programmazione software, è una carta di riscatto in una società che lo ha escluso”, aggiunge l’attore di La prima regola, facendo riferimento a una scena in cui viene affrontato – “anche se non in modo radicale”- il tema degli italiani senza cittadinanza, cioè i figli di seconda generazione di persone immigrate in Italia.
Animo ribelle
Nelle scene girate a cui ha assistito THR Roma, viene introdotto al gruppo il personaggio di Grazia, interpretato da Denise Tantucci (Tre Piani, Io e mio fratello). “Lei si presenta come una persona dal carattere forte, ma è la sua corazza, ha vissuto in uno squat. E ha perso il suo migliore amico, nel circuito dei rider”, racconta l’attrice.
Davanti alla “questura” di Torino c’è una scritta, che a volte viene cancellata, e a volte ripassata. “Giustizia per Nelson”, si legge. È Grazia la writer, si reca sul posto ogni giorno in un questa sua manifestazione non violenta. Una fermezza di idee e tenacia che Tantucci dice di condividere con il suo personaggio. “Se mi metto in testa qualcosa la ottengo, magari con modi diversi, però la testardaggine c’è”, racconta. “Il cambio di prospettiva del nostro film, rispetto al manga che si concentra maggiormente sulla polizia, è già una presa di posizione”.
“Il film racconta una storia che riguarda tutti noi, c’è il tema dell’arroganza industriale, del capitalismo, della giustizia che spesso non fa il suo corso: argomenti che vengono toccati partendo da un manga, e con un linguaggio molto realista”, spiega l’attrice di Io e mio fratello. “Spero venga recepito dal pubblico, soprattutto dai giovani che si interessano alla politica e al vivere sociale. E il film mette in luce come la forza di volontà e la perseveranza, e una serie di talenti individuali, riescono poi a fare delle cose eccezionali”.
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