Sul set di E se mio padre, l’opera prima di Solange Tonnini: “Questo film è la vera storia della nostra famiglia, mia e di mio fratello Massimo Ghini”

Cinque settimane girate tra Roma, Anzio e Nettuno per la commedia della regista romana, tra alberghi anni settanta, incursioni tra gli antichi romani, capelli cotonati stile anni ottanta. Nel cast anche Dino Abbrescia e la giovanissima Margherita Pantaleo. E Claudia Gerini: "L'amore è una potente entità, capace di miracoli"

Sveglia all’alba, il tempo di un caffè veloce e via in macchina, direzione Anzio dove stanno girando E se mio padre, l’opera prima – e autobiografica – di Solange Tonnini. Ad attenderci la produzione e il cast artistico al gran completo. Il film, prodotto da Giovanni Amico e Twister Film con A.B. Film, in collaborazione con Rai Cinema e con il sostegno di Lazio Cinema International, si avvale della sceneggiatura firmata dalla stessa regista con Gianni Cardillo e Mario Cambi.

Massimo Ghini, Claudia Gerini, Margherita Pantaleo e Dino Abbrescia sono già vestiti con le toghe degli antichi romani nella splendida cornice della villa imperiale di Nerone lungo la costa laziale. “Questo film è la vera storia della nostra famiglia, mia e di mio fratello Massimo Ghini che nel film interpreta invece mio padre Adriano. Ovviamente il tutto raccontato in chiave un po’ grottesca e surreale, ma i personaggi del film sono veramente ispirati a quelli reali. La bambina protagonista sono io da piccola”, ci accoglie la regista in attesa di poter iniziare le riprese.

Nella roulotte stanno facendo gli ultimi ritocchi ai biondi capelli di Claudia Gerini che interpreta Norma, la moglie innamoratissima di Adriano, con cui ha dei figli e che subisce la scelta del marito di avere anche un’altra famiglia altrove. “Personalmente io non potrei mai accettare una situazione familiare come quella che ha vissuto Norma. Mi rendo conto però che l’amore può tutto, l’amore è quella  potente entità che ha del miracoloso e che ti fa fare cose che la mente mai ti farebbe fare”,  si dissocia subito Gerini dalla scelta sentimentale del suo personaggio.

Margherita Pantaleo è già pronta e in posizione. Undici anni, figlia d’arte, ha deciso di seguire le orme di papà Adriano che a soli 10 anni debuttò al cinema con Io speriamo che me la cavo di Lina Wertmüller, e diventato in seguito famoso grazie al ruolo di Spillo nella serie Amico mio. La giovanissima attrice interpreta nel film Solange Tonnini da piccola, intenta ad investigare sulla vita del padre cercando rifugio nella sua fervida immaginazione.

“Tutto ruota intorno a questa bambina che sta facendo una indagine perchè ha capito che c’è un segreto che tutti conoscono ma che nessuno le vuole svelare perchè riguarda il padre. Ad un certo punto della storia inizia a sognare di scoprire questo segreto ed immaginare di fare il processo alla famiglia che la tiene all’oscuro della doppia vita di Adriano. Il tutto ambientato in epoca romana: e quale miglior location  se non il meraviglioso sito archeologico di Anzio?”, spiega la regista pronta per girare la prima scena in mezzo alle splendide rovine.

Tutti gli attori sono pronti e in posizione per iniziare a girare. In questa scena c’è tutta la famiglia che sta subendo un ipotetico processo alla piccola Margherita che si sente presa in giro dagli adulti e quindi li vuole condannare e dare in pasto ai leoni. Una scena che ha bisogno di campo e controcampo. La parte corale degli adulti di famiglia viene portata a casa in soli tre ciak, il controcampo con la bambina è un po’ più rognoso, perché Margherita parte prima e male, nel secondo ciak dimentica di fare il pollice verso di condanna alla fine della scena, nel terzo ciak  la recitazione è perfetta, ma il carrello della macchina da presa è partito un filino prima, errore tecnico. Nel quarto ciak si alza un po’ di vento e arrivano i capelli davanti al viso,  nel quinto ciak stavolta è il mantello sulla toga ad essere fuori posto. Al sesto ciak giustamente la ragazza, ormai stizzita, recita la parte un po’ moscia e questo si riflette anche sulla postura assunta. Bisogna arrivare al settimo ciak affinché la regista sia soddisfatta del girato.

In tarda mattinata ci si sposta tutti nell’enorme hotel anni settanta del litorale adibito a quartier generale della produzione perché dall’antica Roma si torna alla realtà degli anni ottanta, epoca in cui è ambientata la commedia. Gli attori devono andare al trucco e parruco e cambiare i costumi di scena e nel frattempo approfittarne per consumare il cestino che prevede: riso al pomodoro, pollo e patate o la variante vegetariana, mozzarelle e verdure grigliate, e una fetta di torta.

Su un divano della hall troviamo Dino Abbrescia che, smessi i panni dell’immaginario legionario romano, ridiventa “il milanese”, l’amico storico di Adriano. Ha degli enormi bigodini in testa che serviranno per creare il classico e voluminoso ciuffo di moda in quegli anni. “Un po’ fonato e un po’ cromato, tipico degli anni ottanta”, ci dice Abbrescia mentre agguanta un pezzo di pollo invitandoci cortesemente a non riprenderlo in quelle particolari e buffe condizioni.  Seduta al trucco re-incontriamo invece Claudia Gerini vestita come la madame del Ferrero Rocher, quella che in macchina si rivolge all’autista in livrea con un “Ambrogio, ho un certo languorino”.

Al suo fianco siede Luca Scapparoni, nel film “il terrorista”, che si sta preparando per girare un altro sogno indagatore della piccola Margherita. Finito il pranzo tutta la carovana si sposta a Nettuno per girare davanti al Santuario di Nostra Signora delle Grazie e di Santa Maria Goretti per la scena finale del film.

“Questa è la chiesa dove fui battezzata veramente e che ho scelto per la scena del matrimonio di zio Giulio” spiega Tonnini aspettando che i tecnici le diano il via per girare. Tutti pronti ma manca la star del film, Massimo Ghini, che nell’attesa ha pensato bene di andare al bar vicino a prendersi una birra fresca.

“È meraviglioso lavorare con mia sorella perché diventa regista con una preparazione, un background tecnico, cinematografico di altissimo livello, che in alcuni registi con cui ho lavorato non ho riscontrato. Ha la capacità di tenere in piedi il set da vera professionista del cinema. E poi essendo il fratello maggiore posso mandarla a quel paese quando voglio”, scherza Ghini prima di raggiungere gli altri sul set. Girato che viene portato facilmente a compimento dalla regista e dalle maestranze nonostante la scivolata di uno degli invitati vestito da steward, Marco Valerio Montesano che interpreta il figlio di Adriano, cascato sulla scalinata del Santuario, durante il tradizionale lancio del riso, suscitando l’ilarità dei curiosi radunati intorno al set.

Il video del backstage di E se mio padre

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