Era gennaio 2023 quando sono apparse in rete le prime immagini “rubate” dal set di Back to Black, il film diretto da Sam Taylor-Johnson dedicato ai primi anni della carriera di Amy Winehouse fino alla fama mondiale ottenuta con l’omonimo secondo disco che l’ha trasformata in una moderna regina del soul. Immagini che in molti hanno commentato via social dando giudizi definitivi basandosi su pochi scatti del dietro le quinte. “Era davvero importante rimanere molto snelli nel nostro approccio alla realizzazione del film”, ricorda la regista della pellicola a THR Roma.
“E si sa, una foto rispetto a un intero film non racconta tutta la storia. Ha suscitato interesse e c’erano molti voci crescenti. Penso però che la cosa più importante da fare per tutti noi sia stata semplicemente rimanere con gli occhi chiusi e creare un film di cui tutti, alla fine, sarebbero stati felici e orgogliosi”.
Amy Winehouse secondo Marisa Abela
Protagonista assoluta del film – nelle nostre sale dal 18 aprile con Universal Pictures – Marisa Abela (“Nel processo di casting volevo trovare qualcuno che potesse evocare emotivamente la sua anima e non tanto un’imitazione”, sottolinea Taylor-Johnson), che a Amy Winehouse non si è limitata a prestare voce e corpo ma anche il canto. “Ero decisamente nervosa all’idea di cantare. Una cosa a cui mi sono aggrappata è stata il fatto che non avevo firmato per il film sapendo di doverlo fare. È stata una decisione arrivata organicamente durante la preparazione. È stato molto importante per me formarmi come cantante perché quello era il modo di esprimersi di Amy. Il modo in cui ha scelto di prendere tutti quei sentimenti complicati e metterli in luce come cantante e cantautrice. Ho sentito che era incredibilmente importante che almeno provassi a imparare come farlo”, ricorda l’attrice.
“E poi si è trattato di provare a farlo in un modo riconoscibile per Amy una volta che ho realizzato che potevo affettivamente cantare. In qualsiasi momento del film non volevo ci fosse una specie di disconnessione emotiva in cui dal parlare all’improvviso aprivo bocca ed era come se partisse una traccia pre-registrata. Come attrice era molto importante che potessi continuare a esprimere come si sentiva Amy attraverso quelle canzoni. Sentivo che era quasi il momento più importante. Avevamo la sua voce a disposizione se ne avevamo bisogno. Ma alla fine la sua autenticità è stata l’elemento che ci ha ispirati a usare la mia”.
Back to Black e “un abisso senza fondo di emozioni”
Capelli cotonati, eyeliner marcato, piercing e tatuaggi. E la stessa sfrontatezza mista a insicurezza. Sono solo alcuni dei tratti più riconoscibili alle cantautrice di Camden che Marisa Abela ha cercato di fare suoi per poter dare vita ad un’interpretazione convincente che rispecchiasse l’artista e l’essere umano. “Il lavoro per entrare nel personaggio è stato molto vario e diverso nel corso dei mesi in cui ho dovuto prepararmi. Penso che volessi davvero far luce su tutti gli aspetti della personalità di Amy. Chi era la donna che ha fatto innamorare il mondo di lei? E penso che la chiave sia stata trovare tutte quelle diverse sfaccettature: la forza, il coraggio e il potere mescolati con la sua intensa vulnerabilità e suscettibilità all’essere aperta al dolore”, sottolinea Abela.
“La tristezza, la dipendenza e il dolore sono all’estremità opposta della scala dell’amore e della gioia. Ma il problema con Amy è che, in un certo senso, aveva un abisso senza fondo di emozioni. Tutto era al massimo. Quando amava, amava incredibilmente intensamente. E quando soffriva, soffriva con la stessa forza. In tutte le scene si trattava sempre di cercare di scavare il più possibile. Il dolore è isolante per me e penso che lo sia stato anche per Amy”.
Amy e Mitch Winehouse
Uno degli elementi sui quali la sceneggiatura di Matt Greenhalgh – che già aveva lavorato con Sam Taylor-Johnson in Nowhere Boy, film dedicato agli anni giovani di John Lennon – pone l’accento è il rapporto tra Amy e suo padre Mitch Winehouse che, alla luce del tragico epilogo della vita della cantautrice, fu aspramente criticato dai fan dell’artista e dalla stampa. “Ho passato molto tempo con Mitch. Sam me lo ha presentato e mi sono attaccato a lui. Sono stato una vera spina nel fianco per un paio di mesi. Pover’uomo, gli ho fatto qualsiasi domanda: chi erano i suoi nonni, dove è andato a scuola, come ha conosciuto la mamma di Amy”, ricorda scherzando Eddie Marsan che lo interpreta in Back to Black.
“Gli ho anche chiesto di creare una playlist per me e di registrare Fly Me to the Moon. Era molto schietto, molto consapevole di sé, molto onesto riguardo al suo amore per Amy, al modo in cui ha affrontato la situazione e agli errori che ha commesso. Era irremovibile nel dire che non voleva che interpretassi una sua versione ripulita. E gli devo molto perché è stato il mio principale punto di riferimento, davvero. Sono un padre di quattro adolescenti e quando ho ricevuto la sceneggiatura per la prima volta ci ho scritto sopra anche che è anche un padre. Ed è così che l’ho interpretato. Qualcuno che amava i propri figli, che cercava di fare del meglio, che commetteva errori ed era sempre preoccupato se stava facendo la cosa giusta. Ecco cos’è un padre, cos’è un genitore”.
Tra Asif Kapadia e un’altra idea di eredità
Nel 2016 Asif Kapadia vinse l’Oscar per Amy, documentario diretto un anno prima dedicato alla vita di Winehouse, dal suo rapporto con i genitori alle droghe, dalla passione per la musica alla relazione tossica con Blake Fielder-Civil. “Lo vidi quando uscì e, ovviamente, l’ho guardato di nuovo. Ciò che ne ho tratto è che era tempo di raccontare la storia dall’interno, dalla sua prospettiva, attraverso la sua voce, i suoi testi, la sua musica, e di rimanere in quella zona perché sentivo che si stava perdendo la sua musica”, sottolinea Sam Taylor-Johnson.
“Volevo che questo film la celebrasse di nuovo e che avessimo la sensazione che potessimo tirarla su di morale. Ma ovviamente c’erano molte cose che erano davvero utili da vedere da capire, così come tutte le ricerche che abbiamo fatto. Non c’era nulla di intentato. In termini di finzione quando stai girando un film, e non un documentario, ad un certo punto devi decidere: ‘Ok, quando Blake e Amy sono soli, come potrebbe essere?’. E quelle sono le aree in cui stai creando perché per fortuna i paparazzi non sono entrati in camera da letto. Era uno spazio sacro, ma dovevamo anche riflettere in qualche modo su come sarebbe potuto essere”.
E ancora: “Abbiamo tutti osservato e studiato in modo forense la sua vita e sembrava come se fosse ora di andare in uno spazio diverso che lei ha dettato attraverso i suoi testi e la sua musica in modo che potessimo portarla via da quell’alone di vittima e da una tragedia che stava eclissando chi era. Così da restituirle la sua musica e darle nuovamente potere attraverso di essa”.
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