John Galliano, 63 anni, direttore artistico di Maison Martin Margiela ha avuto l’arduo compito di chiudere la stagione dell’Alta Moda parigina con uno show estremamente affascinante: una straordinaria rappresentazione di alcuni celebri personaggi storici di Parigi che sembrano usciti da un romanzo di Emile Zola. L’ascesa, e anche la caduta, dello stilista di Gibilterra è stata raccontata recentemente in un documentario, a cui ha partecipato attivamente in prima persona, dall’emblematico titolo High & Low: John Galliano, diretto dal premio Oscar Kevin McDonald (già regista dell’interessante documentario sulla tormentata vita di Whitney Houston).
Presentato all’ultima Festa del cinema di Roma (in Italia arriverà prossimamente distribuito da I Wonder Pictures), High & Low segue la carriera di Galliano fin dalle primissime sfilate da giovane geniale studente della Saint Martins, la più prestigiosa scuola di fashion e design londinese, alla sua scalata nell’industria del luxury, da Givenchy a Dior, senza tralasciare l’ossessione per il fitness e le addiction che lo hanno portato poi a cadere tragicamente dal piedistallo, a seguito delle esternazioni antisemite in pubblico, riprese in video e condivise sui social.
Un documentario che per il designer stesso ha significato molto, un suo modo di fare ammenda nei confronti di quel mondo che aveva infangato con i suoi comportamenti e in cui oggi, dopo essersi cosparso il capo di cenere, cerca di tornare a essere un pezzo importante, forte di quel talento creativo che non è mai venuto meno. La resurrezione è avvenuta solo quando il gruppo italiano OTB di Renzo Rosso, proprietario, oltre che dei brand Diesel, Marni, Viktor & Rolf, lo chiama per disegnare il gioiellino di casa: Maison Martin Margiela.
Galliano ha presentato la nuova collezione primavera estate 2024 Artisanal all’interno di un locale abbandonato con il soffitto a volta lungo la Senna, proprio sotto il Pont Alexandre III, trasformato per l’occasione ad un decadente bistrot dove sono andati in scena una serie di archetipi francesi: dalle cortigiane formose e sfacciate del passato come Madame Pompadour o Jeanne du Barry alle sensuali e diaboliche ballerine del Moulin Rouge ma anche ai giocatori d’azzardo notturni e ai topi d’appartamento.
L’apertura è stata affidata al performer francese e drag queen, Lucky Love, sosia di Freddie Mercury, che indossando un soprabito da uomo, per poi spogliarsi rivelando il suo petto e il suo braccio sinistro mancante, ha cantato una versione gospel della sua hit Now I Don’t Need Your Love. Subito dopo è stato proiettato un cortometraggio muto in bianco e nero, quasi un film poliziesco con una rapina in gioielleria: tacchi a spillo su vetri rotti, coppie che si allacciano i corsetti e un ladro che regala all’eroina una collana di perle in una squallida brasserie bohèmien del Quartiere Latino tanto amate da Baudelaire, diretto sapientemente da Baz Luhrmann, il papà del Moulin Rouge cinematografico.
All’interno di questa locanda rozza e abbandonata, ad un certo punto cortigiane e locandiere si trasformano, sulle note di Hometown Glory cantata da Adele, in bambole dal viso di porcellana, gote rosse e capelli scompigliati, che camminano lentamente, si sdraiano sui tavoli e seducono il pubblico. Sembrano siano state usate e poi gettate, abbandonate, trasformate nell’oggetto del desiderio sessuale di uomini che invece sfilano sicuri spavaldi o barcollante come dopo una sbronza.
Il culmine si è raggiunto quando è apparsa l’attrice de Il Trono di Spade Gwendoline Christie in una crinolina bianco latte in lattice sopra un corsetto blu scintillante, con il collo e le mani coperti da un collare di porcellana e da mani a forma di scheletro. Ad applaudirla sedute in prima fila Kim, Kylie e Kris Jenner.
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