Raphael Gualazzi: “Dai concerti segreti a Chet Baker, ecco il mio viaggio nelle contaminazioni e nel cinema”

L'autore di L'estate di John Wayne ha musicato il cortometraggio di Mauro Diez dedicato al grande jazzista americano in concorso nella sezione Onde corte – Panorama Italia di Alice nella città. E a breve partirà il suo Dreams Tour che lo porterà in giro nei più importanti teatri italiani. Qui ci racconta tutto. L'intervista con THR Roma

Il cinema è sempre stato un grande punto di riferimento per Raphael Gualazzi, basti pensare che il suo più grande successo, L’estate di John Wayne, è pieno di riferimenti dedicati alla settima arte. Una amore quello per il grande schermo che lo ha portato a fare le musiche di Mi pequeño Chet Baker, cortometraggio di Mauro Diez in concorso nella sezione Onde corte – Panorama Italia  di Alice nella città durante la Festa del Cinema di Roma. Una produzione del Centro Sperimentale di Cinematografia distribuito da Minerva Pictures.

Un musical che racconta una notte nella vita Diego, un giovane trombettista tormentato da un grande dolore. Il protagonista, cercando di fuggire dalla realtà, esce di casa e inizia un sogno lungo una notte, che lo porterà a incontrare persone della sua vita passata che cercheranno di riportarlo al suo mondo ma anche persone nuove che lo porteranno in luoghi a lui sconosciuti. Le musiche sono state affidate a Gualazzi, cantautore e pianista italiano, vincitore della categoria Giovani del Festival di Sanremo 2011 con Follia d’amore e, nello stesso anno, secondo all’Eurovision Song Contest.

Com’è nata questa collaborazione?

Io sostanzialmente organizzavo, a titolo completamente filantropico, una specie d secret concert in un posto veramente piccolissimo, con altri due miei amici, per condividere e fare delle riflessioni sulla musica di un certo tipo. Una location per pochissime persone, vicino a Parma, super suggestiva. Volevamo documentare questi nostri incontri filmandoli e tramite un mio amico abbiamo coinvolto Mauro. Poi ci siamo persi un po’ di vista, lui frequentava il Centro Sperimentale di Roma. A un certo punto ricevo una telefonata da Mauro che mi invia il cortometraggio su cui stava lavorando e mi chiede se posso prendere in considerazione la possibilità scrivere la colonna sonora.

Cosa intende per incontri segreti? Suona come una cosa un po’ carbonara…

Nel senso di una musica che può andare oltre la necessità di una qualsiasi moda del momento. Una musica che diventa coinvolgente attraverso l’introspezione, che valorizza le sonorità acustiche, ma anche la storia che la melodia ha percorso all’interno di diversi tipi di arrangiamenti. È un mio punto di vista sulla musica che mi piace condividere, sicuramente ha una matrice legata al jazz, al bellissimo mondo africano-americano che ha regalato a livello culturale veramente un immenso patrimonio.

Erano quindi delle jam session colte?

Non solo, alle volte si lasciava anche spazio a un solista per portare la propria musica. Non saprei come definirle.  Dal punto di vista strettamente musicale erano degli scambi sicuramente di alto livello, questo è poco ma sicuro.

Inutile dire che Chet Baker è stato un autorevole esponente di quel mondo…

Infatti ho detto subito di sì quando mi è stato proposto di musicare il cortometraggio. Mi piaceva la storia, mi piaceva il soggetto e soprattutto credo molto nelle idee fresche, giovani, che però hanno una certa maturità. Almeno questo è quello che ho percepito io dal dal tipo di racconto, dal coinvolgimento della musica.

È stato difficile fare le musiche di questo cortometraggio?

Assolutamente no. Mi è stato di ispirazione soprattutto il tema principale. Il più bello. Quello suonato dal quartetto dove la ragazza alla fine balla e Diego suona nella piazza. Mi è venuto con una naturalezza incredibile solo dopo aver letto il soggetto. Solitamente succede così, anche quando ho scritto per un Un ragazzo d’oro il film Pupi Avati, tutti i temi sono venuti proprio spontaneamente.  Sono nati dalle emozioni che la lettura del soggetto mi ha generato.

Le piace comporre per il cinema?

Molto. Sono affascinato dall’idea di far coesistere la mia passione per le performance live e questo tipo di composizione che ovviamente può sempre migliorare, si può integrare con collaborazioni importanti, perché deve essere sempre un aspetto da nutrire attraverso un percorso ben preciso. Sicuramente non è una cosa naturale, ma niente del nostro mestiere è facile: tutto va guadagnato con lavoro e rispetto per quello che si sta facendo.

Che genere di film le piacerebbe musicare?

Ho fatto tantissime esperienze e mi sono piaciute tutte. Dieci anni fa ho musicato anche un cortometraggio muto degli anni 30 di Charles Bowers per la Cineteca di Bologna. Essendo muto era molto comico, ma a momenti anche drammatico. È stata un’esperienza fantastica. Io trovo che tutti gli aspetti, da quello ironico fino a quello più tragico e drammatico, siano dei colori degni di essere accompagnati e sottolineati dalla musica: ecco perché per il momento non ho una preferenza di genere. In futuro, con più esperienze sul campo, magari mi innamorerò di più di un settore specifico.

Al cinema cosa predilige?

Mi piace molto il genere biografico, soprattutto quando riguarda la vita dei miei colleghi musicisti, però mi piacciono anche i film che parlano di viaggi, di storia e certe volte anche i film drammatici. Amo molto anche i film comici. Mi sento libero da questo punto di vista, non ho dei pregiudizi come non ne ho nella musica. Ho un approccio abbastanza multiforme e aperto alle esperienze e alle contaminazioni.

È da poco uscito il suo nuovo album, Dreams. I sogni per lei sono importanti?

Si chiama Dreams al plurale proprio per questa coesistenza di tante sfaccettature. L’album è dedicato ai sogni perché io vedo il sogno come un’importante dimensione di trascendenza per potersi ristabilire e riprendere il proprio contatto nella dimensione presente in modo da renderla ancora più consistente. È un’ode all’essere vivi e presenti in quello che veramente esiste. Un inno a tutti i pensieri e i sogni più belli che possiamo avere, possano essere sogni nel cassetto, sogni guaritori, sogni premonitori, sogni ad occhi aperti, e perché no, anche sogni sociali, come quello di Martin Luther King.

Tra poco attraverserà l’Italia per farlo sentire live, cosa dobbiamo aspettarci? 

Si chiama Dreams Tour. Cominceremo il 2 novembre dall’Auditorium Santa Chiara di Crema e poi sarà in scena nei principali teatri italiani: dal teatro Carcano di Milano il 5 novembre al Brancaccio di Roma il 22 di novembre, in mezzo Torino, Trento, Firenze, Bologna.