Teen Vision: il desiderio, la confusione, l’umorismo e la solitudine di Fleabag

Fenomenologia di una delle maggiori serie-cult degli ultimi anni: non è una vicenda che va da un punto A ad un punto B, è il personaggio Fleabag la trama. Tra battute gioiosamente scurrili e "quarte pareti" abbattute

Con questo articolo nasce su The Hollywood Reporter Roma la rubrica “Teen Vision” di Lea Torrisi, 16 anni

Se su un vocabolario inglese cercaste il termine “fleabag” tra sacchi a pelo ed alberghi scadenti trovereste anche la definizione: “individuo, animale sporco e di aspetto sgradevole; sacco di pulci”. Forse la protagonista dell’omonima serie britannica potrebbe effettivamente essere considerata un animale sporco che, perso, corre senza sosta per una Londra dalla freddezza bruciante, alla ricerca di qualcuno, qualcosa, in cui trovare rifugio.

Ma rischiereste di farvi ingannare, Fleabag, nome attribuito alla nostra protagonista altrimenti anonima, è tanto scurrile e scorretta quanto divertente, facile da farsi piacere. Rischiereste di farvi ingannare perché Fleabag, prima di ogni altra cosa, è una commedia.

Razzia agli Emmy

La sua creatrice, scrittrice e interprete, Phoebe Waller-Bridge, con l’adattamento del suo monologo teatrale si è guadagnata innumerevoli riconoscimenti, facendo razzia agli Emmy del 2019 durante i quali si è aggiudicata il premio per miglior serie commedia, miglior attrice protagonista in una commedia (per Phoebe Waller-Bridge), miglior scrittura (per il primo episodio) e miglior regia a Harry Bradbeer (sempre per il primo episodio). E questi sono solo alcuni dei riconoscimenti ricevuti.

A garantire l’enorme e meritatissimo successo di Fleabag sono i tanti elementi, piccoli e grandi, che la caratterizzano.

C’è la durata, breve, brevissima, della serie: due stagioni, sei episodi ciascuna, tutti dalla durata inferiore alla mezz’ora. Per capirci, potreste vedere tutta la prima stagione di Fleabag durante la durata di Avatar: The Way of Water e, una volta finita la visione, dopo aver riso, dopo aver pianto, dopo aver riflettuto, vi rimarrebbero ancora 37 minuti di umanoidi blu che fanno a botte con robot.

Il vero colpo di genio

A dare vita ad una sceneggiatura brillante c’è un cast sontuoso, guidato da Waller-Bridge stessa, circondata da interpreti e personaggi spesso esilaranti e mai banali. Tra tutti vale la pena nominare un’Olivia Colman irriconoscibile nel ruolo di matrigna ma sempre ugualmente travolgente con il suo talento.

Tra i punti di forza, il ritmo, incalzante e sbarazzino, dettato dalle costanti interazioni di Fleabag con gli spettatori, l’elemento che più d’ogni altro contraddistingue la serie, il vero colpo di genio. Fleabag, solo lei, all’insaputa dei suoi veri interlocutori, rompe la quarta parete e si confida con il pubblico dettando la marcia e regalando risate e silenzi. Sono infatti i mille non detti di Fleabag il filo portante della storia, quello che lei ci vuole nascondere, quello che lei vuole dimenticare.

La trama di Fleabag non è una vera trama, non c’è una storia che va da un punto A ad un punto B, un percorso: il personaggio stesso di Fleabag è la storia, è lei la trama.

Esplorazione e crescita

Tutta la serie gira intorno all’esplorazione e alla crescita di Fleabag e del suo rapporto con le persone che la circondano, principalmente la sua famiglia e i suoi (diversi) amanti. Nel corso degli episodi impariamo a conoscere la sua confusione e la sua solitudine, il suo umorismo e il desiderio di amare, il suo dolore. Impariamo però anche a conoscere la sorella Claire, perfezionista fino all’errore; il padre che neanche s’impegna a nascondere il suo disprezzo per la figlia. E poi ci sono una matrigna subdola, un cognato alcolizzato, un prete tutto da scoprire e una lunga serie di conoscenze occasionali che però non scadono mai nella superficialità.

Una trama, infine, tutta al femminile, che può piacere a tutti ma che un uomo non avrebbe mai potuto scrivere.

Fleabag è interamente disponibile su Prime Video.