Missione Titan: il sottomarino disperso alla ricerca del Titanic e il mistero dei sei passeggeri

Sta tenendo banco l'incredibile (e dolorosa) storia del sommergibile privato che dal 2017 porta ricchi magnati e studiosi a visitare il relitto: ad ora risulta irraggiungibile, con il suo straordinario equipaggio, degno di un film. C'è da giurarci: Hollywood è già pronta

Non tutto si può comprare, ma quasi. Il sogno di superare i propri limiti è la più costosa delle tentazioni dell’uomo. E a volte c’è pure un listino prezzi. Parte così la storia del sommergibile Titan, dal 2017 il veicolo che la OceanGate Expeditions spedisce alla ricerca del relitto del Titanic per soddisfare la curiosità di magnati alla ricerca di forti emozioni e di una crociera di otto giorni tanto spartana quanto affascinante, insieme a studiosi ossessionati da quel naufragio quanto Achab con Moby Dick, scienziati o persino giovani rampolli in viaggio con papà.

Abbiamo sempre pensato ai viaggi impossibili targati Bezos e Branson, caratterizzati dallo sguardo verso l’infinito e oltre rivolto al cielo, alle stelle, agli altri pianeti (la Luna prima, Marte ora), ma spesso dimentichiamo che il mistero più grande e inquietante lo custodisce il mare. Abbassando lo sguardo, non si perde nell’infinito, ma nell’abisso che custodisce segreti, corpi, relitti, non di rado tesori che hanno costituito l’ossessione di ladri e avventurieri e storie paurose tramandate di nave in nave, di porto in porto.

Turisti marini e spaziali

E di sicuro lo diverrà, qualsiasi sarà la conclusione di questa storia, anche la vicenda del Titan lanciato verso il Titanic che poco dopo meno di due ore dal distacco dalla Polar Prince – l’imbarcazione adibita a portare il sottomarino “sopra” il Titanic, a una distanza di circa 700 metri – il 19 giugno del 2023 ha interrotto ogni comunicazione radio e radar, esattamente con la coincidenza temporale della discesa fino ai 3800 metri di profondità in cui si sono adagiati i resti del transatlantico naufragato dopo uno scontro contro un iceberg il 15 aprile del 1912 (dei più dei 2200 passeggeri, sopravvissero in 710). Il batiscafo è sceso, risucchiato da quell’abisso. Sparito. Come il sottomarino, peraltro, della scena iniziale dell’ultimo Mission Impossible.

A bordo, ecco il primo mistero, sei passeggeri. Ma il sito della OceanGate nelle specifiche tecniche, parla di una capienza di cinque. Un pilota, quattro passeggeri (tre paganti e un “esperto”). Anche se sempre nello stesso sito si parla delle spedizioni del 2021 e del 2022, di grande successo nel mappare un relitto sempre più in via di deterioramento e così vasto da necessitare varie missioni. E in queste spedizioni gli scienziati sarebbero stati sei, secondo quanto dice il racconto della società stessa.

Ma torniamo alla crociera per cui questa mezza dozzina di impavidi hanno speso 250.000 dollari ciascuno per 8 giorni e 7 notti di viaggio (10 contando tutti gli spostamenti necessari, non solo in acqua) e cinque tappe.

Oltre al pilota infatti ci sarebbero stati Hamish Harding, già in una spedizione di Jeff Bezos, due anni fa: un volo suborbitale di sei turisti spaziali a bordo della navetta New Shepard della Blue Origin.

Hamish, incidentalmente, è anche detentore di tre record nel Guinness dei primati. Nessuno legato alla sua attività di imprenditore dell’areonautica – possiede la piccola compagnia aerea di voli privati Action Aviation – ma all’avventura estrema. Già una delle più giovani Living Legends of Aviation – ora ha 58 anni – nel Deserto Bianco dei ghiacci polari, nel 2016 ha accompagnato Buzz Aldrin, il secondo uomo ad aver camminato sulla Luna nella missione Apollo 11, che ad 86 anni è diventato l’uomo più vecchio a raggiungere il Polo Sud.

Intorno alla Terra in 46 ore

Non contento, ha compiuto la più veloce circumnavigazione della Terra passando per entrambi i Poli in 46 ore, 40 minuti e 22 secondi e ancora l’anno scorso con il milionario britannico e amico Victor Vescovo (già sulla navetta di Bezos con lui, come passeggero pagante) è sceso a bordo di un sottomarino biposto fino all’estremità della Fossa delle Marianne a 10 mila metri di profondità: 13 ore di missione complessiva, 4 ore e 15 minuti sul fondo. Ovviamente anche per questa precedente e recente esperienza (la Fossa delle Marianne è uno dei tratti più rischiosi per ogni natante) non ha avuto nessun timore ad affrontare il viaggio del Titan, tanto che su Facebook dichiarava con orgoglio che il maltempo non avrebbe permesso altre discese verso il Titanic nel 2023 e che loro stavano sfruttando l’unica finestra di meteo favorevole.

Inizialmente sembrava essersi portato uno dei quattro figli (ma è stato il figliastro Brian Szasz a confermare la sua presenza), ma a farlo è stato invece un prodigio, economico e tecnico, della chimica, Shahzada Dawood, di origini pakistane ma cittadino inglese, un’autorità nel settore dei fertilizzanti e dei pesticidi. E qui ci risparmiamo l’idea che la natura, leopardianamente, sa essere cinica e vendicativa, per stringerci alla pudica apprensione della famiglia che lo aspetta a casa, la figlia Alina e la dolce moglie Christine mentre il 19enne Sulaiman è con lui. Tipico family man con rampollo a cui è molto legato, inizialmente doveva essere una gita di famiglia appunto. Poi, come già Kobe Bryant ci insegnò con la sua tragedia in elicottero, la moglie ha pensato che dividersi fosse la cosa più saggia, in caso una tragedia si abbattesse sulla spedizione.

Ora la sua Christine ha chiesto solo silenzio e preghiere.

Monsieur Titanic

Rimangono ancora in due. Uno è l’uomo considerato l’esperto più autorevole al mondo riguardo a quel naufragio di 111 anni fa, il 76enne Paul Henry Nargeolet, per tutti semplicemente Monsieur Titanic. Personaggio da romanzo: saggista quasi ossessivo (l’ultimo libro sul Titanic sulla vicenda è di pochi mesi fa), per decenni pilota di sottomarini e sommozzatore, ex comandante della marina francese e veterano di guerra. Lui era l’habitué del gruppo – uomo fiero e risoluto, grande raccontatore di storie e rigorosissimo studioso -, per lui questa crociera era una passeggiata, dal momento che a individuare il relitto del transatlantico per primo fu proprio lui nel 1987, con un piccolo sottomarino da lui stesso guidato. Grazie a lui sono stati recuperati quasi 2000 manufatti presenti dentro il Titanic.

L’ultimo passeggero è il padrone di casa, Stockton Rush, il Ceo di OceanGate (anche della fondazione, senza scopo di lucro: e ci mancherebbe, visto che per queste crociere prende un quarto di milione di dollari cadauno). Uno che ha guidato più aerei, civili e militari del Maverick di Tom Cruise, ma non contento li ha anche costruiti. Poi, annoiatosi dell’aria, è passato all’acqua. E ha costruito un Kittredge K-350, un sommergibile a due posti, praticamente da solo, modificandolo pesantemente rispetto ai progetti originali. E fidandosi di se stesso e delle sue geniali capacità lo ha anche guidato in immersioni ripetute. Almeno 30, pare.

Stockton Rush, Ceo della OceanGate

Stockton Rush, Ceo della OceanGate

Contiamoli, sono cinque. Più il pilota. Sei. E la scheda tecnica dice che non si può andare oltre il famoso e suddetto 1+4 (ma l’articolo che pubblicizza la crociera sul sito parla di sei scienziati nelle spedizioni scientifiche). Quindi, cosa è successo? Non possiamo saperlo, la guardia costiera di Boston non conferma ancora le generalità dei passeggeri, figuriamoci l’eventuale dinamica di un possibile incidente o guasto o chi guidasse il Titan. Anzi, vogliamo sperare che quest’avventura ce la raccontino i protagonisti, con quel carisma di esploratori da Guinness, con il desiderio di un viaggio familiare più spericolato di altri, con l’impeto dell’ossessione che ti trascina da una vita, con l’orgoglio di un capitano d’azienda che ha provato una volta di più la sicurezza di questi viaggi estremi (nelle interviste di Rush la parola più usata è “safe”).

Una storia da kolossal

Ma in questa storia da film – e che siamo sicuri, lo diventerà – è impossibile non notare questi numeri che non corrispondono. Ed è molto difficile non notare che dei cinque passeggeri, due sapevano pilotare un sottomarino. Che uno dei due abbia preso i comandi del Titan, magari per consentire la presenza di un passeggero in più?

Ci piace pensare che come il Ramius di Sean Connery in Caccia a Ottobre Rosso uno di loro, in presenza di un’avaria tecnica in quel sommergibile avveniristico, abbia risolto tutto con una mossa folle ma geniale, con una curva impossibile. E che il conto alla rovescia – è scomparso dai radar il 19 giugno – che tutti stiamo facendo rispetto alle sole 96 ore di autonomia che consentirebbe a 5 (o 6?) esseri umani il Titan, sia inutile. E che ricompaia a breve non nelle profondità in cui nessuno riesce ad arrivare, neanche i mezzi della marina statunitense più potenti e accessoriati (ora sul posto), ma in una baia, con la strumentazione in tilt ma quegli uomini così particolari tutti vivi. Lo sapremo entro il 23 giugno.

Intanto noi possiamo fantasticare sul cast del kolossal che lo racconterà. Stockton Rush potrebbe avere il viso sorridente e lo sguardo profondo di Claudio Bigagli, che il suo solido ed eclettico talento potrebbe usarlo per raccontare il pioniere aviatore e sottomarino, ma anche l’imprenditore che si era inventato il neologismo new ocean economy. Nargeolet, con quel sorriso charmant e lo sguardo di chi ne ha viste tante e non ne ha abbastanza, dovrebbe avere l’eleganza ironica e carismatica di Kevin Kline. L’Oscar potrebbe giocarselo John C. Reilly impersonando Hamish Harding, che da anni dal suo quartier generale negli Emirati Arabi Uniti porta avanti una carriera imprenditoriale di successo e pianifica avventure al limite e da Guinness. Certo, dovrebbe dimagrire almeno 15 chili, ma non è quello il miglior viatico per l’ambita statuetta?

Sperando nel lieto fine

Dovrebbe invece invecchiarsi, inforcare gli occhiali e metter su una decina di chili Kunal Nayyar, famoso per il suo personaggio mitico in The Big Bang Theory, per impersonare l’imprenditore anglo-pachistano. Oppure potremmo scommettere su una carriera d’attore del regista di documentari Asif Kapadia. Per il giovane figlio maschio, Bollywood ha tantissimi divi adolescenti perfetti (ma visti i rapporti tra India e Pakistan, non diciamolo ad alta voce)

A dirigere, non c’è neanche da dirlo: James Cameron, in una pausa tra un Avatar e l’altro. Lui, il regista di Titanic. Anche se potrebbe starci bene pure Steven Soderbergh, quello civile e indagatore di Erin Brockovich, a sbugiardare la OceanGate, in questi giorni al centro di polemiche per la mancata certificazione (non obbligatoria negli USA!) del Titan e sotto il fuoco di fila delle dichiarazioni di un ex suo dirigente, David Lochridge, licenziato – dice lui, la controversia si è conclusa con un accordo tra le parti extragiudiziale – per aver segnalato alcune criticità del batiscafo (mancanza di crash test non distruttivi, un portellone che reggerebbe un terzo della pressione che subisce); di un giornalista che racconta che fu invitato a una crociera nel 2018 e si persero il segnale del sommergibile per 5 ore; e infine di un esperto, che in sommergibile (non il Titan, il più leggero del mondo con la sua lega di carbonio e titanio, e non titanio e acciaio come tutti gli altri) fino al Titanic è arrivato per ben due volte e avrebbe sconsigliato altri tre aspiranti passeggeri dal seguire il suo esempio, proprio perché avevano intenzione di provare quel sottomarino avveniristico (vero è che gli altri batiscafi la OceanGate li ha certificati, mentre questo, come sostiene il loro sito ufficiale, “per la sua natura avveniristica avrebbe un percorso burocratico troppo lungo” e poi in modo inquietante aggiungono “che tanto la maggior parte degli incidenti in aria e in acqua non sono causati da un guasto tecnico ma da un errore umano”, e allora perché fare la fila negli uffici giustamente?)

Suggeriamo, sommessamente, la scena iniziale. Inquadratura nera. Un rumore sordo, ripetuto, regolare. Una flebile spia. Quella delle sonde che ora captano suoni regolari – alfabeto morse? Il tentativo disperato dei superstiti di farsi sentire? Un tragico riflesso pavloviano di un meccanismo ancora in funzione? – dal fondo del mare, proprio nella zona dove potrebbe essere il sottomarino. Una sequenza di poche decine di secondi, a tenere flebile ma presente, come quella spia, la speranza che quegli uomini impavidi al limite dell’incoscienza siano sopravvissuti.

Un successo sicuro, insomma, nella Hollywood assetata di storie vere, di complotti, di eroi che vincono sulle macchine.

E, speriamo tutti per una volta, anche il critico più arcigno, che questo blockbuster abbia un lieto fine di quelli da piangere tutte le nostre lacrime.