Il percorso di Lily Gladstone nella stagione dei premi per Killers of the Flower Moon è stato storico, caratterizzato da numerose “prime volte”: la prima vincitrice nativoamericana ai Golden Globes e ai SAG Awards e la prima candidata nativomericana agli Oscar come miglior attrice protagonista.
Anche se i voti non sono riusciti a garantirle l’ultimo traguardo – cadendo all’ultimo contro Emma Stone di Povere Creature! – l’effetto Gladstone continuerà a ripercuotersi in tutto il settore, dicono i membri nativi della comunità.
L’importanza di “essere parte della conversazione”
“Vedere un gruppo tradizionale Osage eseguire una canzone sul quel palco, essere incluso nella conversazione ed essere onorato dalla stessa industria che per cento anni ci ha ignorati sono cose che fanno pensare che tutto sia possibile”, afferma Joey Clift, sceneggiatore di Spirit Rangers – I guardiani del parco. Domenica 10 marzo ha guardato la cerimonia insieme ad altri artisti nativoamericani riuniti per l’occasione: “È come se per la prima volta io abbia avuto il permesso di entrare nella stanza (in uno spazio condiviso, ndr) in modo autentico”.
Lo sceneggiatore televisivo Lucas Brown Eyes (Young & Hungry – Cuori in cucina, Alexa & Katie) è d’accordo. “Tutti i nativoamericani che conosco erano super entusiasti. Era come se stessero guardassero i loro figli”, afferma riferendosi all’intero cast Osage presenta alla cerimonia, non solo a Lily Gladstone. “Era quasi come l’allunaggio”.
I messaggi di Gladstone, oltre gli Oscar
Il nome di Lily Gladstone ha continuato a fare tendenza sui social il giorno dopo gli Academy Awards, sia per la delusione per il mancato Oscar che per l’apprezzamento per la sua performance e per il suo atteggiamento durante tutta la stagione dei premi. “In ogni fase del suo percorso, ha dato un segnale di incoraggiamento ad altri creativi nativi, indicando in importanti interviste diverse persone con cui le piacerebbe lavorare”, afferma Clift.
Aggiunge inoltre che Gladstone non solo si è dedicata “all’attivismo di alto profilo” attraverso testate come The Hollywood Reporter e Vanity Fair, ma ha anche trovato il tempo di partecipare a podcast e programmi radiofonici gestiti da nativi, come il Nomadcast di A Tribe Called Geek. “Ha davvero sfruttato la sua visibilità per rispondere all’entusiasmo per la sua nomination, non solo per la sua carriera, ma anche per i milioni di persone della comunità”.
Intrecci di valore politico: i look di Lily Gladstone
Gladstone stessa ha postato solo una volta sui social subito dopo gli Oscar: poche ore dopo la fine della cerimonia, ha risposto a un fan che le chiedeva informazioni sul suo abbigliamento, precisando che la decorazione del suo abito di Gucci era stata fatta da Joe Big Mountain di Ironhorse Quillwork.
Quillwork with beaded edging by Joe Big Mountain, Iron Horse Quillworks
Designed in collaboration with Gucci 💙
— Lily Gladstone (@lily_gladstone) March 11, 2024
“Tutti gli stilisti nativoamericani hanno potuto avere il loro momento di gloria sui red carpet a cui ha partecipato Gladstone, perché questo è quello che facciamo. Guardiamo alla nostra sinistra e alla nostra destra e lavoriamo insieme”, afferma l’attrice e sceneggiatrice Jana Schmieding (Rutherford Falls – Amici per la vita, Reservation Dogs, Clone High). “Portare questi artisti e stilisti meno conosciuti in uno spazio sotto i riflettori è davvero un dono per tutti. Vedere Lily affrontare l’intera stagione dei premi con tale grazia, classe, umorismo e dignità, è stato stupendo. Non c’è stato un solo passo falso. Nessun appunto!”.
Il modello-Gladstone per il futuro
Clift aggiunge che le decisioni prese nella campagna per i premi da Gladstone hanno un ulteriore impatto, perché creano un precedente per i futuri concorrenti della comunità. “Non abbiamo necessariamente un modello che ci dica: ‘Ecco come ci si comporta su un red carpet’. Quindi è bello vedere persone come Lily Gladstone avere il loro momento sui red carpet. Si spera che rappresentino anche un buon esempio non solo di come lavorare nell’industria dell’intrattenimento, ma anche di come dare una spinta alle persone”.
Gran parte della delusione per la mancata vittoria di Gladstone è legata al fatto che le opportunità per i nativoamericani di arrivare a un soffio dall’Oscar sono estremamente rare, al punto da essere quasi nulle. Non solo è la prima nativomericana a essere stata candidata a un Oscar per la recitazione, ma pochi sono stati scritturati in ruoli abbastanza sostanziosi da poter essere presi in considerazione: prima di Killers of the Flower Moon, c’era un solo protagonista nativo americano tra i 1.600 film usciti nelle sale cinematografiche negli ultimi 16 anni, secondo una ricerca dell’Annenberg Inclusion Initiative.
Una questione di rappresentazione
“Molte volte quando qualcuno non si aggiudica un premio la gente dice: ‘Va bene, ci sarà un’altra occasione'”, afferma Brown Eyes. “Ma non c’è stata un’altra opportunità come questa per i nativi americani per troppi anni, ed è per questo che è stato deludente. Se si guarda alla maggior parte degli attori, loro fanno molti film e ogni tanto vengono candidati. Un attore nativoamericano, di questo passo, dovrebbe avere almeno cinque ruoli straordinari consecutivi per ottenere una nomination. È una cosa inaudita, se si pensa che ci sono massimo due film all’anno in cui compaiono nativoamericani. E sono pochissimi gli attori e le attrici visibili nell’industria hollywoodiana”.
Di contro, 15 donne bianche hanno vinto la statuetta come miglior attrice più di una volta, compresa la vincitrice di quest’anno, che è stata candidata cinque volte.
“La ferita è più rappresentativa della situazione in cui ci troviamo, perché sappiamo che si è trattato di un fulmine a ciel sereno: non solo la performance e l’opportunità di avere un ruolo, ma anche il sostegno di cui ha goduto Gladstone”, continua Brown Eyes.
In ogni caso, molti creativi nativi affermano che la stagione dei premi dell’attrice sia stata una forte ispirazione per la comunità. “È un peccato che gli Oscar non abbiano premiato Lily Gladstone, ma tutti i nativi di Hollywood sono pronti a scriverle la sceneggiatura che le farà vincere l’Oscar”, afferma Clift, aggiungendo che l’attrice è già pronta a recitare in un film di Charlie Kaufman. “È incredibile vedere dei nativi, ragazzi e adulti, che non sono ancora nel settore e che ora sono motivati a prendere in mano una penna o una macchina da presa”.
Jana Schmieding concorda con le prospettive ottimistiche. “Essendo lei così visibile in questo momento, penso che la gente abbia capito il valore della narrazione dei nativoamericani”, afferma, ricordando una cosa che Ava DuVernay ha condiviso con lei una volta. “Ha detto che non vuole che il cinema afroamericano venga considerato nel suo ‘rinascimento’, perché questo implica che finirà. Lo prendo davvero a cuore e lo vedo come il punto in cui ci troviamo anche noi. Non si tratta di un rinascimento. Abbiamo i piedi per terra e ora abbiamo la leadership e l’influenza nel settore per andare avanti”.
Traduzione di Nadia Cazzaniga
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