In linea con l’ex. Non riattaccare, “una storia d’amore thriller” ai tempi del lockdown

Barbara Ronchi è la protagonista assoluta del film diretto da Manfredi Lucibello, l'unico italiano in concorso al Torino Film Festival. “È vero che sono sola in scena, è vero che è un tour de force. Però mai come in questo caso non ho sentito solitudine”. L'intervista con THR Roma

Marzo 2020. Lockdown. È notte. Le strade sono vuote. In giro c’è solo qualche pattuglia della polizia a controllare che nessuno infranga il coprifuoco. Irene (Barbara Ronchi) non riesce a dormire. Lo schermo del suo smartphone si illumina. È Pietro (Claudio Santamaria), il suo ex. La voce è strana, i discorsi confusi. Così Irene prende le chiavi della macchina e si mette in viaggio per raggiungerlo. Tra i due un patto: fino a quando non sorgerà l’alba resteranno in linea. Manfredi Lucibello porta in concorso al Torino Film l’unico film italiano, Non riattaccare, thriller prossimamente in sala con I Wonder con al centro una grande prova attoriale di Barbara Ronchi dalle atmosfere teatrali.

“Quando è iniziata la preparazione per questo film la cosa di cui ho capito di aver più bisogno era fare questa storia dall’inizio alla fine. Proprio come se fosse uno spettacolo teatrale”, confida l’attrice a THR Roma. “Però volevo avere la certezza di poterlo maneggiare con cura mentre ero sul set, che non fosse un lavoro che potessi fare giorno per giorno, scena per scena. Doveva essere prima, nel suo insieme. Ho chiesto a Manfredi e alla produzione di potermi allenare due settimane in teatro. C’era anche una persona che ci ha aiutato per tutte le riprese, Filippo Gili. Era lui che mi faceva le telefonate”.

Barbara Ronchi in una scena di Non riattaccare

Barbara Ronchi in una scena di Non riattaccare

“È vero che sono sola, è vero che è un tour de force. Però mai come in questo film non ho sentito solitudine” continua Ronchi. “Mai come in questo film ho sentito, a cominciare proprio da Manfredi, che avevo intorno la troupe. Mi supportavano, erano il mio pubblico. Lo facevo per loro e il ritorno era immediato. Come se fossi a teatro. Quando la sera entravo in macchina preferivo rimanerci il più possibile senza scendere mai. Comunicavo con Manfredi e la troupe con delle radioline. Mi parlavano piano, silenziosamente. Avevano tutti rispetto del fatto che io fossi lì, ma c’era un grandissimo lavoro intorno a me”.

Non riattaccare: un viaggio da concludere

Novantadue minuti in cui elementi della nostra quotidianità diventano parte integrante della sceneggiatura e permettono alla narrazione di progredire. “Insieme a Jacopo Del Giudice, il co-sceneggiatore del film, abbiamo pensato e fatto un viaggio. Ci siamo detti: ‘Cosa c’è in un percorso come questo?’”, sottolinea Lucibello. “Si parte dalle pasticche per dormire che prende Irene all’inizio del film per creare un primo pericolo. Poi si passa al tunnel che diventa un problema insormontabile perché fa cadere la linea. Abbiamo ripensato in chiave thriller a tutti gli elementi che la nostra protagonista poteva incontrare e che sono diventati fondamentali”.

La telefonata di Pietro, in cui si paventa un possibile gesto estremo può rischiare di essere percepita dal pubblico come ricattatoria? “Irene non parte perché Pietro la ricatta”, dice ancora Lucibello. “Parte perché il loro è un discorso rimasto sospeso. Vuole arrivare da Pietro per dirgli la verità. Poi è chiaro che una persona che sente nella voce di un altro quella disperazione non può rimanere indifferente. Per me però è sempre stato chiaro che il viaggio fosse di Irene. E lei che deve cercare pace per quello che le è accaduto in passato. È come se dovesse portare a termine quel viaggio interrotto mesi prima. Le mancava quell’ora. E tutto quello che non si sono detti avviene in quel lasso di tempo”.

Manfredi Lucibello, regista di Non riattaccare

Manfredi Lucibello, regista di Non riattaccare

“Penso che siano due persone che a un certo punto si sono allontanate senza avere più la possibilità di ritornare sull’argomento”, gli fa eco Ronchi. “La loro storia non è finita completamente. Dal momento che la relazione si è chiusa, Irene ha iniziato a galleggiare, a sopravvivere. Quella telefonata la rimette in moto, come se sentisse uno spirito vitale che la porta verso di lui. Ma in ogni momento della notte in cui Pietro prova a fare la vittima o a farla sentire in colpa, Irene è nella posizione di rispondere immediatamente. Si capisce che il loro rapporto non è subalterno”.

Una storia d’amore (thriller)

Una delle sfide di Non riattaccare è quella di mantenere costante costante il ritmo del racconto nonostante quasi tutta l’azione si svolga al telefono e all’interno di una vettura. Altro punto critico quello di illuminare la scena. “Il direttore fotografia, Emilio M. Costa, non aveva ancora trent’anni”, sottolinea il regista. “Abbiamo fatto una ricerca meticolosa dei tratti dell’autostrada. Volevo un’immagine più ricca possibile avendo praticamente solo un’inquadratura. E volevo che l’immagine rappresentasse anche le emozioni che raccontiamo e quindi, seconda di queste, c’è un cambio di colore. Abbiamo utilizzato dei cristalli per creare dei riflessi di luce”.

“Essendo quasi ogni sequenza girata in macchina dovevamo cercare di non essere banali. Molte inquadrature sono impossibili perché sono state riprese da uno specchio, sono piani che in un veicolo non riusciresti a fare. I limiti ti portano tanta creatività. Avere un confine ti serve per entrare dentro e cercare di fare il più possibile. Lo diceva già Carpenter. Io poi vengo dalla scuola dei Manetti Bros. che hanno fatto un film chiusi in ascensore. È un cinema essenziale inteso come quello di cui non puoi fare a meno”, chiosa Lucibello.

Manfredi Lucibello, Barbara Ronchi e Claudio Santamaria sul set di Non riattaccare

Manfredi Lucibello, Barbara Ronchi e Claudio Santamaria sul set di Non riattaccare

Gli spettatori nei novanta minuti del film ricostruiscono la relazione tra Irene e Pietro grazie alla loro conversazione telefonica. L’analisi a ritroso della loro storia d’amore raccontata come se fosse un thriller. “Truffaut diceva che tutte le storie d’amore sono thriller e tutti i thriller sono una storia d’amore”, ricorda il regista. “Il film è tratto da un racconto ma dovevo trovare una chiave cinematografica. Mi sono accorto che stavo scrivendo una storia d’amore. Una cosa che non avrei mai pensato di fare dieci anni fa. È capitata al momento giusto”.

Non riattaccare è una produzione Mompracem con Rai Cinema, prodotto da Carlo Macchitella, Pier Giorgio Bellocchio, Manetti bros.